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Responsabilità professionale. Una legge troppo sbilanciata a favore dei medici o si è trovato il giusto equilibrio? Faccia a faccia Gelli e Aceti

di Giovanni Rodriquez

Intervista doppia al relatore del disegno di legge approvato ieri dalla Camera e al coordinatore nazionale di Cittadinzanttiva/Tdm. Aceti: “Non siamo favorevoli all’introduzione di una novità come l’inversione dell’onere della prova senza prevedere contrappesi”. Gelli: “Il testo approvato contempera il diritto dei professionisti di poter svolgere al meglio il loro lavoro con quello dei pazienti di vedersi tempestivamente risarciti in caso di errori”

29 GEN - La legge sulla responsabilità professionale approvata ieri in prima lettura alla Camera segna sicuramente una svolta su una questione, quella del contenzioso medico legale e della medicina difensiva, che negli ultimi anni è stata al centro di polemiche e tensioni.
 
Il testo varato da Montecitorio, ora all’esame del Senato, ha raccolto molti commenti positivi ma ha trovato la netta opposizione, in Parlamento, dei Cinque Stelle e di Sel e, fuori dal Palazzo, di Cittadinanza Attiva.
 
In particolare quest’ultima ha definito ieri la legge come una “legge beffa per i cittadini” vittime di errori sanitari che, secondo Cittadinanzattiva, “saranno ancora più penalizzati”.
 
Un giudizio severo che getta indubbiamente un’ombra sulle norme appena varate, giudicate invece dai più molto equilibrate tra il diritto del medico ad operare con più serenità nel rispetto di regole e prassi scientifiche accreditate e il diritto del cittadino ad ottenere rapidamente il giusto risarcimento in caso di danni effettivamente subiti a seguito di una prestazione sanitaria.
 
Ma come stanno effettivamente le cose? L’abbiamo chiesto ai due protagonisti indiscussi di questa querelle: il coordinatore nazionale di Cittadinazattiva-Tdm Tonino Aceti e al relatore e “padre” della legge Federico Gelli, che hanno accettato di confrontarsi in diretta sulle pagine di Quotidiano Sanità.
 
Dopo anni di discussione abbiamo una nuova legge, per ora approvata dalla Camera, che regolamenta in modo organico la responsabilità professionale degli operatori e delle strutture sanitarie in caso di presunti errori. I giudizi sono in maggioranza positivi. Ma non mancano le critiche a livello politico e soprattutto dalle organizzazioni dei cittadini che sostengono che il paziente sarà penalizzato. Perché?

 Aceti: “Una delle misure che penalizzeranno il paziente danneggiato è rappresentata dall’introduzione della responsabilità di tipo extracontrattuale nei confronti dei professionisti della sanità. Questa, nei fatti, comporta un’inversione dell’onere della prova, che diventerà a carico del cittadino, con un’automatica riduzione dei termini di prescrizione da 10 a 5 anni. Invertire l’onere della prova oggi vuol dire assegnarla al soggetto che, nella realtà dei fatti, non è nelle condizioni di poterla esercitare effettivamente. Nel merito faccio alcuni esempi. Già ora accade che i cittadini non riescano ad agire legalmente perché le cartelle cliniche non sono complete, leggibili, ordinate cronologicamente e si fa fatica a ricostruire i fatti. E’ anche capitato che alcune situazioni omesse nella cartella siano venute alla luce unicamente per scrupolo di coscienza di professionisti sanitari testimoni di un determinato avvenimento non trascritto che ha comportato danni. Ora, di fronte a questa realtà, invertire l’onere della prova vuol dire assegnarla ad un paziente che non ha gli strumenti per suffragare nei fatti una determinata vicenda, a maggior ragione quando il fatto non si verifica in costanza di ricovero dove non è prassi rilasciare documentazione sanitaria come la cartella clinica, se non eventuali prescrizioni. Questo stando alle segnalazioni dei cittadini accade ad esempio nei Dip. Salute mentale, per le visite specialistiche ambulatoriali, dal medico di famiglia, situazioni comuni che da domani il cittadino in qualche modo per l’inversione dell’onere della prova dovrà documentare. Servirebbe un contrappeso. Penso ad esempio all’istallazione di sistemi di videosorveglianza in ogni ambiente delle strutture sanitarie tutte h24, alla cartella clinica informatizzata e all’adozione del fascicolo sanitario che siano costantemente aggiornati e sempre accessibili per i cittadini, per consentire alla persona di poter dimostrare un determinato accadimento,. Sempre in tema di cartelle cliniche e trasparenza, nel testo approvato, si prevede che le direzioni sanitarie delle strutture debbano fornire la documentazione clinica relativa al paziente che ne fa richiesta entro 30 giorni. Ma tutto questo già esiste. Da questo punto di vista sarebbe stato migliorativo esplicitare, il diritto del cittadino di poter accedere alla documentazione ed estrarne copia in qualunque momento anche prima dalla chiusura del ricovero, cosa che nella realtà non accade e quando richiesto viene malvista o ostacolata. Non siamo favorevoli all’introduzione di una novità come l’inversione dell’onere della prova senza prevedere contrappesi”.

Gelli: “Ritengo che il testo approvato alla Camera sia incentrato su un solido equilibrio che contempera il diritto dei professionisti di poter svolgere al meglio il loro lavoro con quello dei pazienti di vedersi tempestivamente risarciti in caso di errori. Il provvedimento va letto nel suo complesso. Per la tutela dei cittadini vengono previsti diversi meccanismi. A partire dalla garanzia di una maggiore trasparenza che riguarderà non solo il numero di contenziosi registrati nelle strutture nell’ultimo quinquennio e i dati delle polizze assicurative a garanzia del rischio, che ci permetteranno anche di verificare l’entità del contenzioso di quella determinata struttura e quindi indirettamente la qualità delle prestazioni erogate, ma anche tempi più stringenti per poter ottenere la propria documentazione clinica e l’istituzione di un fondo ad hoc per i soggetti danneggiati da responsabilità sanitaria per vari tipi di inadempienze delle compagnie di assicurazione. Nel testo abbiamo rafforzato il meccanismo della conciliazione obbligatoria attraverso la forma dell'accertamento tecnico preventivo e l'obbligatorietà delle parti a comparire, comprese le compagnie di assicurazione. Quanto alle polemiche sulla responsabilità civile che diventerà di natura extracontrattuale per gli esercenti la professione sanitaria con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del paziente, voglio ribadire che, con questa nuova norma, non facciamo altro che ‘indirizzare’ la richiesta risarcitoria dei pazienti verso il soggetto ‘più forte’, ossia gli ospedali o le strutture sanitarie. In questo caso, tengo a sottolinearlo ancora una volta, non vi è alcuna inversione dell’onere della prova e la prescrizione resta ferma a 10 anni. Se poi un paziente ritiene che sia proprio un determinato professionista ad esser responsabile del danno da lui subito, oltre a chiedere il risarcimento economico all’ospedale, potrà richiederlo anche a quel professionista semplicemente provando e motivando la sua richiesta. Viene inoltre prevista, sempre per i cittadini, la possibilità di un’azione diretta nei confronti delle compagnie assicuratrici delle strutture (aziende o ospedali) o sulla compagnia di assicurazione dei liberi professionisti. Alla luce di tutto questo trovo fuorviante parlare di una loro penalizzazione. Ricordiamo, poi, che l’esigenza di questa legge nasce anche dal boom del contenzioso medico legale. Nell’ultimo decennio si è registrata una crescente mole di ricorsi nei confronti dei professionisti della sanità che, ricordiamo, in ben oltre il 90% dei casi si risolve in un nulla di fatto. Tutto questo, e dunque il timore di ‘facili’ ricorsi a loro danno, ha generato quel fenomeno della medicina difensiva che comporta, non solo un dispendio ingente di risorse per il Sistema sanitario nazionale, ma anche un danno ‘indiretto’ nei confronti dei pazienti. Come raccontano gli stessi medici, infatti, capita talvolta che, ad esempio, alcuni chirurghi si rifiutino di svolgere operazioni troppo complesse e delicate per non incappare in possibili beghe legali”.  

Un’altra questione emersa nel corso dell’esame parlamentare è stata quella sul soggetto a cui affidare la stesura delle linee guida il cui rispetto da parte dei sanitari preclude agli stessi, salvo casi evidenti di responsabilità, il rischio di essere perseguiti per colpa grave. Nel testo approvato le linee guida entreranno a far parte del sistema nazionale linee guida dell’Iss. E’ una soluzione che soddisfa le esigenze di indipendenza sollecitate da più parti?

Aceti:“Siamo soddisfatti che la nostra proposta di dare un ruolo all’ISS nelle linee guida sia stata accolta, visto che da anni ha attivato il Sistema Nazionale Linee Guida. In realtà nel testo non si dice chiaramente che il sistema sarà governato dall’Istituto superiore di sanità. Si dice, invece, che tali linee guida saranno inserite nel sistema nazionale linee guida, ma questo nel concreto cosa vuole dire? Qual sarà effettivamente il ruolo svolto dall’Iss? Gli verrà assegnato solo il compito di pubblicare sul suo sito quanto prodotto dalle Società scientifiche o avrà una funzione di garante per contenuti, metodologia, trasparenza, tempestività dell’aggiornamento e gestione del conflitto di interesse? E’ invece questo il ruolo che vogliamo per l’Iss e, il nostro ulteriore auspicio sarebbe quello che fossero coinvolte le associazioni di cittadini e pazienti nella produzione di queste linee guida”.
 
Gelli: “L’indipendenza dell’elaborazione delle linee guida deve rimanere in campo alla scienza. Il ruolo di garanzia viene attribuito alla più alta autorità sanitaria del Paese, ossia al Ministero della Salute. Sarà infatti quest’ultimo a selezionare rigorosamente le più importanti e rappresentative Società scientifiche che verranno incaricate di elaborare queste linee guida. Il decreto ministeriale stabilirà anche i criteri di trasparenza e assenza di eventuali conflitti di interesse in capo alle Società scientifiche. Tengo sempre a ribadire che queste ultime, per gli esercenti la professione sanitaria, saranno delle indicazioni a cui far riferimento e non un sistema di regole ingessate a cui dover sottostare, e saranno sempre associate alle buone pratiche clinico assistenziali. Il loro inserimento nel sistema nazionale linee guida sarà anche un modo per dare nuova vita ad un meccanismo da troppi anni lasciato nel dimenticatoio. Un’ulteriore garanzia verrà poi dal ruolo centrale che l’Istituto superiore sanità andrà a svolgere, ossia quello di validare e certificare le linee guida prodotte, per poi pubblicarle sul proprio sito internet. Questo è il primo step, ma l’obiettivo finale che mi sono preposto insieme al ministro Lorenzin è quello di arrivare anche in Italia ad avere un’autorità indipendente sul modello Nice inglese, che possa essere deputata alla produzione, approfondimento e aggiornamento di queste linee guida”.

Un’altra criticità sollevata è quella sul Fondo di Garanzia che secondo Cittadinanzattiva non garantirebbe il paziente nel caso in cui la struttura sanitaria non dovesse pagare il risarcimento.

Aceti: “Il Fondo di garanzia, così come disciplinato dal testo approvato, presenta diverse lacune. Nel primo testo base del ddl su cui i deputati hanno lavorato in commissione Affari Sociali si faceva riferimento ad un fondo per l’alea terapeutica, che riconosceva un indennizzo anche ai danneggiati da infezioni ospedaliere poi sfortunatamente stralciato. Inoltre, non è stato previsto che il Fondo possa agire anche in quei casi in cui le autoassicurazioni non risultino effettivamente solventi. Già oggi chi ha un titolo esecutivo in mano non è detto che riesca ad avere accesso alla liquidazione del danno per mancanza di fondi in cassa. Sempre sull’autoassicurazione c’è poi da sottolineare che nel testo della proposta di legge si rimanda l’individuazione dei requisiti minimi di garanzia ad un apposito Decreto del ministero dello Sviluppo Economico ma contrariamente ad altri decreti richiamati nel ddl, non fissa una tempistica precisa. Infine, manca azione un sistema di monitoraggio, controllo e garanzia mirato sulle effettive capacità liquidatorie per le strutture che ricorrono a forme di autoassicurazione. Questione particolarmente attuale nelle regioni in piano di rientro. Questo tipo di controllo viene previsto solo per le imprese assicurative”.
 
Gelli: “Abbiamo deciso di istituire presso la Concessionaria servizi assicurativi pubblici (Consap) questo fondo al fine di garantire il risarcimento dei danni cagionati da responsabilità sanitaria nei casi in cui il danno sia di importo eccedente rispetto ai massimali previsti dai contratti di assicurazione stipulati dalla struttura sanitaria o dall’esercente la professione sanitaria; o qualora la struttura sanitaria o il professionista risultino assicurati presso un’impresa che al momento del sinistro si trovi in stato di insolvenza o di liquidazione coatta amministrativa. Si tratta quindi uno strumento che interviene in alcuni casi specifici a garanzia del diritto del cittadino di vedersi rimborsato per il danno subito. Comprendo che con questo fondo non riusciremo ad introdurre un modello molto innovativo come quello dell’alea terapeutica presente in Francia, occorrerà un ulteriore impegno per individuare risorse aggiuntive per arrivare a coprire anche tutte le altre fattispecie. In questa ristrutturazione bisognerà inoltre rivedere il fondo previsto dalla Balduzzi che ad oggi risulta ancora non operativo. Sarà il decreto attuativo dello Sviluppo economico a definire i requisiti minimi di garanzia non solo delle compagnie assicurative, ma anche per le forme di autoassicurazione”.

Al di là di queste questioni, resta in ogni caso il fatto che il nostro Paese, per ammissione in primis della stessa magistratura, non ha una normativa chiara ed esaustiva sulla materia. Ciò ha senz’altro facilitato, oltre ad altre motivazioni di ordine socio-culturale, la crescita esponenziale del contenzioso medico che è sempre stato criticato anche da organizzazioni come Cittadinanzattiva. Questa legge prova a conciliare esigenze del sanitario a lavorare con più serenità e del cittadino ad avere giustizia in modo rapido e certo. Si poteva fare meglio? E se sì come?

 Aceti: “Intanto dal punto di vista dei contenuti mi aspetterei che un testo di questo genere, per rispondere non solo alle esigenze del personale sanitario ma anche a quelle dei cittadini, faccia un passo in avanti e metta i cittadini nell’effettiva possibilità di scegliere la struttura più sicura a cui rivolgersi attraverso un’effettiva trasparenza prevista peraltro anche dalla Direttiva sulle cure Transfrontaliere. La sola pubblicazione dei dati dei risarcimenti degli ultimi 5 anni, prevista nel testo, non è sufficiente. non si danno informazioni sul rispetto delle raccomandazioni ministeriali per la sicurezza dei pazienti, sul rispetto degli standard operativi tecnologici e strutturali, sul loro indice di sinistrosità, o ancora sul fatto che vengano garantiti quei requisiti minimi richiesti, come nel caso dei Punti nascita.
Non si può poi parlare di maggiori garanzie per i cittadini nell’ottenere risarcimenti in tempi brevi e certi se non si affrontano i problemi legati alle tempistiche delle procedure stragiudiziali. Un recente studio prodotto da Agenas ha dimostrato come si possano perdere fino a quasi 900 giorni per l’apertura di una pratica di sinistro e circa 540 giorni per la loro chiusura. Ebbene questa materia e questi numeri dovrebbero invece essere affrontati dal provvedimento.
Durante il passaggio al Senato, auspichiamo che ci sia la possibilità di migliorare il testo dando un peso specifico maggiore alle reali esigenze dei cittadini a partire dalle proposte delle organizzazioni che li rappresentano. Chiediamo quindi un confronto aperto e costruttivo con parlamentari, sindacati, federazioni degli ordini, società scientifiche con i quali vorremmo dialogare per migliorare il testo. La nostra intenzione non è quella di metterci in una posizione di contrapposizione ma di avere una legge più giusta per tutti. Lo scontro non ci appartiene. Siamo certi che il nostro appello al confronto sarà accolto nell’interesse comune di arrivare ad una legge equilibrata”.

Gelli: “Dopo oltre 15 anni di dibattito parlamentare su questo tema e 7 mesi di intenso lavoro in commissione siamo finalmente ad un passo dal portare a termine una seria ed equilibrata regolamentazione normativa della materia. Si tratta di dare finalmente risposte a quella che si prefigura una vera e propria urgenza denunciata da molto tempo da chi quotidianamente svolge questo lavoro nelle corsie degli ospedali così come negli studi ambulatoriali. Credo che l’impianto normativo approvato alla Camera sia un ottima base. Di certo, specialmente su un tema così delicato, restiamo sempre aperti al confronto con tutti lasciando spazio a possibili futuri miglioramenti. L’obiettivo comune resta comunque quello di non perdere tempo e di poter trasformare in legge il miglior testo possibile”.
 
Giovanni Rodriquez

29 gennaio 2016
© Riproduzione riservata
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