Appropriatezza e Sanzioni. E’ il momento delle proposte
di Carmine Gigli
Dopo le aperture al confronto di Renzi e Lorenzin la questione può essere finalmente spogliata dalle polemiche e affrontata nel merito. E solo le linee guida ed i protocolli diagnostici, stilati e tenuti aggiornati dalle società scientifiche, possono fornire una corretta indicazione sull'appropriatezza. Senza sanzioni ad adiuvandum a quelle già previste dal Codice deontologico
02 OTT - Sulla questione dell’appropriatezza della prescrizione degli esami il premier Renzi ha dichiarato la “piena disponibilità, ma nella serietà del confronto” e alle sue parole ha fatto eco il ministro Lorenzin: “Su sanzioni pronti a discutere”. Con queste premesse la questione può essere spogliata dalle polemiche ed essere affrontata nel merito.
E’ un fatto che da molti anni alcuni medici e diverse società scientifiche abbiano segnalato l’eccesso di esami che vengono prescritti senza una corretta indicazione clinica, non solo per le indagini di laboratorio ma soprattutto, per le tecniche di diagnostica per immagini. Quindi, la maggioranza dei medici è consapevole dell’opportunità di una norma che richiami all’appropriatezza delle prescrizioni delle indagini diagnostiche.
I medici non condividono invece, il metodo scelto dal Governo e dalle Regioni per raggiungere questo obiettivo. I medici non possono accettare di essere guidati da altri nella scelta delle indagini cliniche, tantomeno se viene fatto in maniera clinicamente irrazionale, assoggettando la scelta delle prescrizioni a regole che subordinano le competenze degli specialisti a criteri economici, al solo scopo di ridurre la possibilità di prescrivere alcuni esami: vedi la scelta di riservare alla prescrizione del genetista medico una serie di esami, creando i presupposti per lunghe liste di attesa dato lo scarso numero di questi specialisti.
Ma l’errore di metodo non si ferma qui, c’è di peggio: si vogliono perseguire degli obiettivi clinici attraverso le sanzioni. In pratica, viene esplicitata nella legge la sfiducia nei confronti dei medici, come se fossero i responsabili degli sprechi in sanità. Con questi presupposti era inevitabile uno scatto di orgoglio da parte della categoria.
Il punto chiave della questione è quindi, la volontà politica di ridurre il numero delle prestazioni da erogare a carico del S.S. e che si vorrebbe ricondurre a quelle ritenute “appropriate”, per utilizzare un termine abusato e quanto mai ambiguo, poiché riporta inevitabilmente a ricercare chi ha titolo per individuare l’appropriatezza. Il principio non è sbagliato di per sé ma la strada per raggiungerlo non è semplice e non può essere banalizzata con delle sanzioni.
Secondo il mio punto di vista, solo le linee guida ed i protocolli diagnostici, stilati e tenuti aggiornati dalle società scientifiche, possono fornire una corretta indicazione sull'appropriatezza delle prescrizioni e delle prestazioni. Se si decidesse di seguire questa via le sanzioni previste dal decreto non sarebbero necessarie, poiché l’inappropriatezza della prescrizione costituirebbe una questione deontologica, per la quale i medici sono già attrezzati con un proprio codice, il quale prevede anche delle sanzioni ma, da erogare dopo il giudizio operato da altri medici.
In tal modo si eviterebbe di fornire alle regioni un nuovo potere sanzionatorio nei confronti dei medici e si impedirebbe il ripetersi degli effetti dirompenti, che hanno avuto negli ambienti di lavoro le sanzioni introdotte nella Aziende del S.S. con le norme sulla “Responsabilità Disciplinare”.
Per concludere desidero ricordare le parole pronunziate di recente dal presidente del Comitato di Settore Sanità delle Regioni Massimo Garavaglia, a proposito della provvedimento sull'appropriatezza prescrittiva: “non servono sanzioni, ma collaborare con i professionisti del settore".
Carmine Gigli
Presidente FESMED
02 ottobre 2015
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