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Test antidroga. Fino ad oggi positivo l'1,2% dei lavoratori esaminati


Primi bilanci della norma prevista dalla Jervolino-Vassalli del '90 ma applicata solo negli ultmi anni. Sottoposti a test 54 mila lavoratori a rischio. Dei 650 risultati positivi, il 64% lo è per uso di cannabis, il 12% di cocaina e il 9% di oppiacei. Testati anche i militari delle tre Armi, che presentano una positività media dello 0,31%. Ma Esercito e Carabinieri si assestano attorno all'1%, in linea con i lavoratori "civili".

18 FEB - Un lavoratore sotto gli effetti di sostanze stupefacenti può diventare molto pericoloso. Dobbiamo prevenire possibili incidenti e per farlo l’unico modo è testare i lavoratori che, per le loro mansioni, possono mettere a rischio se stessi e gli altri. Periodicamente, con tutte le tutele lavorative e di privacy.
I primi a pensarci furono l’ex ministro di Grazia e Giustizia, il socialista Giuliano Vassalli e l’ex ministro degli Affari Sociali, la democristiana Rosa Russo Jervolino, che, nel loro Testo Unico sulla droga, introdussero i test per i lavoratori a rischio (articolo 125 del DPR 309/1990, non modificato dalla successiva legge Fini-Giovanardi) .
Ma ci vollero ben 17 anni per applicare, o almeno iniziare ad applicare, quella norma. A riprendere in mano il problema fu infatti l’ex ministro della Salute Livia Turco nel 2007, dopo un tragico incidente automobilistico in cui persero la vita due studenti per colpa,dell’autista del pullman, così dissero a caldo le cronache, che guidava sotto l’effetto di droga. 
In una prima ipotesi di lavoro le categorie da sottoporre ai test antidroga erano molto ampie e c’erano anche i sanitari e gli insegnanti. Tuttavia, dopo lunghe discussioni, anche in sede di confronto con le Regioni, si scelse di limitare i test a poche tipologie di lavoratori (quasi tutti nel campo dei trasporti e del settore degli esplosivi) individuati nell’intesa Stato Regioni del 30 ottobre 2007. Poi ci è voluta un’altra intesa, quella del 18 settembre 2008, per stabilire le modalità e le procedure con cui effettuare i test.
Da allora, lo dice la stessa Relazione annuale 2010 al Parlamento sulle sostanze stupefacenti del ministro Giovanardi,  il sistema è andato avanti a rilento e non in tutte le Regioni. Senza contare le numerose criticità che riguardano, è sempre la Relazione al Parlamento a sostenerlo, la complessità delle operazioni di test che richiedono apparecchiature complesse, pena il rischio di troppi falsi-positivi. Ma c’è anche la necessità di essere più attenti alla idoneità del campione esaminato, la cui garanzia richiederebbe diverse verifiche analitiche non sempre fattibili con facilità.
E questo riferito comunque a una comunità di lavoratori relativamente esigua. Cosa potrebbe accadere qualora gli esami si rivolgessero a comunità di lavoratori molto più ampie, come quelle dei sanitari e degli insegnanti? E’ sempre la Relazione al Parlamento a fornire una via d’uscita, anche se non si fa riferimento esplicito a queste nuove categorie, proponendo l’uso di “test randomizzati”  e cioè non per tutti ma a caso e senza preavviso, che manterrebbero l’effetto deterrente ma abbasserebbero i costi e le problematiche organizzative.

Ma intanto cosa ci dicono i controlli effettuati fino ad oggi sulle categorie già obbligate ai test?
I dati riferiti al 2009, sempre forniti nella Relazione al Parlamento, indicano un totale di 54.183 soggetti esaminati, riferiti alle categorie a rischio, di cui il 93,6% di sesso maschile. E’ risultato positivo al test di primo livello  l’1,2% dei soggetti, dei quali il 64%  alla cannabis, il 12% alla cocaina e il 9% agli oppiacei.
Per quanto riguarda i dati sugli esami di II livello, quelli utili ad accertare lo stato di tossicodipendenza del soggetto risultato positivo al primo test, la Relazione fornisce un dato parziale riferito a 368 soggetti sul totale dei 650 risultati positivi. Lo stato di tossicodipendenza è stato confermato nel 18,8% dei casi.
Altri dati utili a dimensionare il possibile livello d’uso di sostanze stupefacenti nella popolazione attiva, viene dalle Forze Armate che effettuano anch’esse test periodici anti droga.
In tutto, sempre nel 2009, sono stati sottoposti a test un totale di 156.633 militari delle tre forze e 638 appartenenti all’Arma dei carabinieri: quasi il 54% del totale dei militari italiani.
Per le tre Forze Armate i positivi sono risultati 480 pari all’0,31% del totale degli esaminati. L’Esercito, con l’1,05%  ha fatto riscontrare il maggior numero di positivi, seguito dai Carabinieri con lo 0,94%, e poi dall’Aereonautica con lo 0,04% e dalla Marina con lo 0,02%. 

18 febbraio 2011
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