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Infortuni sul lavoro. Silvestro (Pd): “Maggiore formazione e prevenzione, soprattutto nel settore sanitario e per le donne”


Così la senatrice della commissione Igiene e Sanità è intervenuta sulla relazione della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, presentata ieri in Senato. "Quello sanitario è un mondo che andrebbe maggiormente esplorato, anche perché una parte più che significativa di tali operatori sono donne, che andrebbero maggiormente tutelate”. IL DOCUMENTO

21 MAG - Infortuni sul lavoro: c’è molto da fare, presidiare e attuare, sia in campo formativo sia in campo culturale, per ridurli e prevenirli, come ha evidenziato la relazione della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, presentata ieri in Senato.

“I contenuti della relazione rendono evidente il gravoso e importante lavoro svolto, ma rendono anche chiaro quanto ci sia ancora da fare”, ha sottolineato Annalisa Silvestro (Pd), senatore in commissione Igiene e Sanità e membro della Commissione sugli infortuni, nel suo intervento durante il dibattito sulla relazione. “In particolare – aggiunge – è necessario focalizzare l’attenzione sugli operatori sanitari, che intervengono direttamente sulla persona assistita, utilizzano tecnologia complessa, molteplici presidi sanitari che possono essere fattori di rischio, farmaci di diversa tipologie, materiale tagliente e pungente e che lavorano prevalentemente in turnazioni sulle 24ore. È un mondo che andrebbe maggiormente esplorato, anche in considerazione del fatto che una parte più che significativa di tali operatori sono donne, che andrebbero maggiormente tutelate in tutti i settori a rischio”.

Secondo Silvestro poi “è necessario tenere alta l’attenzione sul fenomeno anche al di fuori delle circostanze emergenziali; il fenomeno infatti riacquista forte visibilità e interesse spesso solo dopo il verificarsi di eventi avversi, critici o drammatici. Servono quindi politiche di sensibilizzazione ex ante, ovvero prima che si verifichi l’evento critico o avverso senza per questo trascurare l'attenzione e il presidio delle sequenze ex post”.

La senatrice Pd ha messo in risalto, per raggiungere questi obiettivi, la necessità “un costante e sistematico impegno per la diffusione dell'informazione, della formazione e l'impegno perché si alimenti e diffonda una cultura di proattiva sensibilità al fenomeno anche utilizzando il canale degli istituti formativi di ogni ordine e grado, il canale della formazione permanente e dell'educazione continua in ambito produttivo pubblico e privato oltre che di seminari e convegni e della disseminazione dei risultati di studi, indagini, ricerche e inchieste”.

Ma è proprio la formazione “intesa in senso ampio – ha spiegato Silvestro nel suo intervento - che, in una fase di crisi economica e non solo, come quella che stiamo vivendo, è oggetto di tagli e prosciugamenti. Evidentemente non è poi così vero nella realtà operativa che la formazione dei lavoratori e professionisti sia intesa così fondamentale per tutelare e motivare alla prevenzione e alla sicurezza i lavoratori e i professionisti oltre che per raggiungere gli obiettivi dell’impresa e di ogni istituzione. Serve quindi stimolare l’attenzione del datore di lavoro sulla formazione e la prevenzione del rischio, e soprattutto del datore di lavoro pubblico, che con erronea stereotipia viene ritenuto altamente sensibilizzato sulla tematica”.
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Per il settore sanitario in particolare, Silvestro ricorda i dati Inail, che portano nell’ambito degli infortuni sul lavoro in primo piano la tematica del rischio soprattutto nelle donne: su 16-17 mila denunce di infortunio in ambito sanitario il 70% riguarda, sempre in media, le donne. “Ampliando l’analisi all’intero settore sanitario – afferma Silvestro nella sua relazione - non può non essere posta l'attenzione su un dato interessante: la riduzione degli infortuni sul lavoro in ambito sanitario (soprattutto ospedaliero) registrata dall’Inail. Tale diminuzione negli ultimi anni è di circa il 6% rispetto all’inizio degli anni 2000 ed è legata – per ammissione dello stesso Istituto – alla riduzione del personale in atto nel Ssn, ma non a una più adeguata prevenzione che quindi resta un argomento di estrema attualità. Nonostante ciò, le analisi relative al settore specifico risalgono a un passato non troppo recente, in quanto sono tutte dei primi anni 2000, e seppur sempre valide, confermano che l’ambito sanitario non è sufficientemente verificato nelle politiche di prevenzione del rischio.

Recentemente (Consiglio dei ministri del 24 febbraio 2014 e il provvedimento finale è stato pubblicato sulla GU n. 57 del 10 marzo 2014) è stato approvato un Dlgs di attuazione della normativa Ue (Direttiva 2010/32/UE) sulla prevenzione delle ferite accidentali da "taglio e punta" nel settore sanitario che nelle premesse e nelle relazioni di accompagnamento fornisce alcuni dati interessanti sull’argomento:
- con oltre i due terzi delle esposizioni accidentali, gli infermieri sono la categoria di operatori sanitari a più alto rischio biologico da taglie e punture sul luogo di lavoro;
- l'esposizione al rischio biologico rappresenta l'infortunio sul lavoro più frequente tra gli operatori sanitari (41% di incidenza), seguito dai traumi con il 30%;
- dai dati del progetto Siroh (Studio italiano rischio occupazionale da hiv e da altri patogeni a trasmissione ematica) risulta che gli incidenti che hanno dato luogo a sieroconversione ad almeno uno dei virus Hiv, Hbv e Hcv sono avvenuti durante un prelievo ematico nel 42% dei casi e altrettanti durante l'inserimento o manipolazione di un catetere. In queste due pratiche la percentuale degli infermieri sul totale degli esposti supera l'80%.
"È interessante – prosegue - anche evidenziare l’impatto economico di tali fenomeni: in media circa 850 euro a evento, per un totale di 72 milioni l'anno solo per gli infortuni diretti, senza calcolare quelli indotti. I dati riportati assumono a livello mondiale dimensioni anche più importanti: secondo un modello statistico elaborato dall'Organizzazione mondiale della sanità, ogni anno più di tre milioni di operatori sanitari si feriscono sul lavoro. I dati enunciati – conclude l’intervento della senatrice - richiedono la nostra attenzione urgentemente. È necessario, in sintesi, incentivare la formazione, sensibilizzare sulla prevenzione e personalizzare l’attività lavorativa, anche in base al genere. E a mio avviso, tali azioni, devono prendere in considerazione anche, se non soprattutto, il settore sanitario, cosa che auspico entri nella programmazione delle attività della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali”. 

21 maggio 2015
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