Stabilità. Il Governo rinvia la partita dei tagli. Il nodo da sciogliere sembra essere la farmaceutica
Slitta alla prossima settimana l'intesa Stato Regioni sulla ripartizione dei tagli previsti nella legge di stabilità. LOa decsione dopomla richiesta del Governo. Chiamparino: "Regioni di nuovo d'accordo". Coletto: "Il Veneto resta contrario". E per Garavaglia la colpa di quanto sta accadendo è comunque di Renzi.
12 FEB - Rinviata. E per l’ennesima volta. L’intesa tra Governo e Regioni sui tagli previsti dalla legge di Stabilità è slittata alla prossima settimana. I motivi? La necessità da parte del Governo di acquisire ulteriori approfondimenti tecnici. Una settimana di tempo chiesta, a quanto si apprende, dall’Economia e proprio per approfondire anche alcuni dettagli sulle articolazioni dei tagli alla sanità.
Questo nonostante le Regioni, pur sul filo di lana, fossero riuscite a ricompattare, “non a cuor leggero”, come ha ripetuto il presidente della Conferenza delle Regioni,
Sergio Chiamparino, la compagine regionale che la settimana scorsa sembrava essersi sfilacciata. Dopo il no secco del Veneto, che continua tuttavia a rimanere fermo sulle sue posizioni, anche altre Regioni, Puglia in primis, avevano espresso perplessità sull’impianto delle proposte regionali per gestire la partita dei tagli imposta dalla legge di Stabilità. Una partita che vedeva in campo la sanità per una cifra complessiva di ben 2,450 miliardi di euro. Un taglio di non poco conto che le Regioni avevano spalmato principalmente su tre voci di spesa: beni e servizi, farmaceutica e prestazioni dal privato accreditato.
Ma se queste erano le intenzioni regionali, a questo punto, “a pochi passi da traguardo”, come sottolinea una nota delle regioni, l'Esecutivo, rappresentato dal sottosegretario
Gianclaudio Bressa e dal sottosegretario
Pier Paolo Baretta, ha chiesto il time out. La parola passa quindi al Governo che non ha ancora fatto trapelare un suo parere chiaro sul dettaglio delle voci e sull’impianto della proposta delle regioni. Anche se il nodo sembra sia quello dell’abbassamento del tetto alla farmaceutica. Punto sul quale il Governo vuole ragionare.
“L’abbassamento dei tetti alla farmaceutica – ci ha detto infatti
Luca Coletto, assessore alla Sanità del Veneto – credo che non faccia bene né alle Regioni, che in buona parte splafonano, né alle farmacie che sono già in sofferenza e né alle case farmaceutiche che hanno comunque problemi occupazionali. Bene fa quindi il Mef a ragionare su questo punto”.
Di certo per la sanità l’entità dei tagli non dovrebbe cambiare, come ci ha confermato
Massimo Garavaglia, assessore all’Economia, Crescita e Semplificazione della regione Lombardia.
“I punti per noi sono chiari – ci ha detto Garavaglia – siamo al dettaglio. L'importo dei tagli alla sanità sono quelli noti. Certo se dovessimo guardare alla media dei Paesi Ocse, i quali non tutti hanno un sistema universalistico, il fondo dovrebbe essere incrementato di 18 mld. Noi invece che abbiamo un sistema universalistico, che costa meno, lo tagliamo di oltre 2 miliardi. Ma questa è una scelta politica di Renzi. Sta di fatto che, ogni giorno che passa aumenta la possibilità che il Governo non ottenga nessun risultato: sono passati già due mesi e nel frattempo le Regioni continuano a erogare i servizi, in particolare in sanità. Mai vista una situazione del genere”.
Nell’attesa di sapere come si chiuderà la partita e se qualcosa cambierà rispetto alle proposte regionali ricordiamo nello specifico quali erano le coordinate dettate. Le
proposte delle Regioni individuavano in primis misure di razionalizzazione ed efficientamento della spesa sanitaria per beni e servizi per una totale 1,168 miliardi; misure per la riduzione della spesa farmaceutica pari a 482 milioni di euro tra territoriale e ospedaliera, e un’ulteriore riduzione di 350 milioni delle prestazioni dal privato accreditato. A queste misure si sarebbe aggiunta poi la “rinuncia” ai residui dell’ex art. 20 per l’edilizia sanitaria per un totale di 450 milioni di euro. Tirando le somme 2,450 miliardi di euro, appunto.
12 febbraio 2015
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