Riforma PA. Ecco gli emendamenti delle Regioni. Dirigenti medici in pensione entro i 65 anni
L'emendamento all'articolo 1 proposto dalle Regioni elimina la possibilità del riferimento alla legge 183/2010 che consentiva ai medici di restare in servizio fino a 70 anni. Si richiede poi di estendere a tutta la dirigenza pubblica la possibilità di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro. Niente limiti per il turn over per favorire il ricambio generazionale. IL TESTO DEGLI EMENDAMENTI
11 LUG - "Il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i responsabili di struttura complessa, è stabilito al compimento del sessantacinquesimo anno di età, fatta salva, la rideterminazione dei requisiti di accesso al pensionamento come disciplinata dall’articolo 24, commi 10 e 12, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e successive modificazioni”. Così le Regioni, nel pacchetto di emendamenti al Dl 90 sulla riforma della PA (sul quale è stato dato parere favorevole), chiedono di sostituire l'art. 15 nonies comma 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. L'intento è quello di correggere le previsioni sui pensionamenti eliminando la possibilità del riferimento alla legge 183/2010 che consente ai medici di restare in servizio fino a 70 anni.
Questa la motivazione fornita dalle Regioni: "L’abrogazione delle norme in materia di trattenimento in servizio è incompleta: manca infatti il riferimento all’art. 15 nonies del D.Lgs. 30.12.1992, n. 502, modificato dall’art. 22 comma 1 della L. 4.11.2010, n. 183. Si tratta dello specifico trattenimento in servizio dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del SSN, compresi i responsabili di struttura complessa, che possono restare in servizio, a domanda, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo, ossia al netto delle ricongiunzioni, fino a un massimo di settanta anni di età oltre il sessantacinquesimo".
Restando all'articolo 1, al comma 5 troviamo la richiesta di estendere a tutta la dirigenza pubblica la possibilità di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro. "Non si comprende per quale ragione nell’identificare il personale al quale si applica la risoluzione unilaterale si sia fatto riferimento ai dirigenti medici responsabili di struttura complessa - si legge nella motivazione -. La norma si applica a tutti i dirigenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1 comma 2 del D.Lgs. 165/2001, compresi di dirigenti del ruolo sanitario del Ssn".
Passando all'articolo 3 si chiede di sopprimere le parole "per un arco temporale non superiore ai 3 anni", così da eliminare i limiti per il turn over, in modo di favorire il ricambio generazionale, in un’ottica di semplificazione e di
flessibilità applicativa delle regole del turn over e dei vincoli economico–finanziari.
Sulla mobilità obbligatoria, all'articolo 4, si spiega come "ai fini della mobilità interna alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2 le sedi collocate ad una distanza non superiore ai cinquanta chilometri costituiscono medesima
unità produttiva ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile". In questo caso le Regioni spiegano che la modifica normativa è volta ad assicurare "migliore agibilità giuridica e quindi, concreta applicabilità alle misure di flessibilizzazione delle procedure di mobilità del personale pubblico, nel rispetto dell’autonomia degli enti e favorendo il miglior utilizzo, all’interno degli enti, della mobilità territoriale".
Infine, all'articolo 6, si chiarisce che, riguardo il divieto di incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza, "i soggetti in quiescenza ai quali è stato conferito un incarico dirigenziale prima dell’entrata in vigore del D.L. 90/2014, continuano ad operare, sino alla scadenza dell’incarico, anche se, nel frattempo abbiano raggiunto il limite di età ordinamentale".
11 luglio 2014
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