Quanto sono efficaci le campagne di informazione sanitaria e quanto riescono ad incidere davvero nel salvare la vita delle persone? Se lo è chiesto l’Ufficio valutazione impatto del Senato che ha analizzato il ricorso alle campagne informative in sanità, e, approfondendo il caso degli ictus, ha analizzato esperienze di valutazione di cinque campagne FAST nel Regno Unito, a Berlino, in Lombardia e a livello internazionale.
Ictus. Perché l’ictus? Perché è la terza causa di morte in Italia e la prima causa di invalidità. Ogni anno 200.000 persone ne sono vittime, con gravi conseguenze di disabilità per i sopravvissuti. E le prospettive per il futuro non sono rosee: tra il 2015 e il 2035 i casi di ictus nell’Unione europea aumenteranno del 34%, con un aumento anche dei costi sociali: l’invalidità di chi supera la fase acuta e sopravvive per un tempo medio di 10 anni determina una spesa intorno ai 100.000 euro.
Si può fare qualcosa? Certo: l’ictus è una malattia spesso curabile, a patto di arrivare in ospedale entro 3-4 ore dall’insorgere dei primi sintomi. Molti
paesi, Italia compresa, stanno perciò svolgendo campagne di informazione sanitaria rivolte ai cittadini. Ma, come per altre politiche pubbliche, è determinante capire se funzionano, cioè se producono un reale cambiamento. La valutazione in questo è fondamentale: qui l’esempio di cinque campagne FAST.
Le campagne informative FAST. Tra le campagne di informazione sull'ictus più diffuse ci sono le campagne FAST: ideate alla fine degli anni ’90, e basate sulla Cincinnati Pre-Hospital Stroke Scale, sono caratterizzate da messaggi brevi e di facile memorizzazione che mirano a scolpire nella memoria poche informazioni di importanza prioritaria. L’acronimo FAST indica i più comuni segnali d’allarme cui prestare attenzione: F, ovvero Face drooping (l’ictus può determinare alterazioni di una metà del volto); A, cioè Arm weakness (in caso di ictus o di attacco ischemico transitorio la persone può avere difficoltà a sollevare il braccio sopra la testa); S, cioè Speech difficulty (la persona può avere difficoltà a parlare normalmente o può pronunciare parole senza alcun senso); T, come Time (che richiama alla necessità di intervenire tempestivamente).
Tra tv e giornali: due campagne FAST in Inghilterra e Irlanda. Due esempi di comunicazione attraverso una campagna FAST, quasi contemporanei, vengono dall'Inghilterra e dall'Irlanda promosse a cavallo del 2010. Quello che accomuna le due esperienze è la strategia comunicativa: in entrambi i casi la campagna viene condotta per mezzo dei mass media. Il vantaggio è senza dubbio quello di comunicare in modo diffuso e capillare, nonostante i costi non trascurabili.
La campagna inglese è tuttora in corso: a cadenza annuale i messaggi di "Act FAST" sono diffusi attraverso la televisione, la stampa e i canali radiofonici. Il costo di una singola edizione della campagna inglese è stimato dal Dipartimento della Salute in circa 740.000 sterline.
La campagna irlandese, finanziata dalla Irish Heart Foundation, prevede l’organizzazione di iniziative di vario tipo, ma punta soprattutto sulla televisione e sulle radio locali. Anche qui il messaggio viene trasmesso a ondate cadenzate. Il costo complessivo stimato è di circa 500.000 euro.
I comportamenti sono cambiati? In entrambi i casi gli effetti prodotti dalla campagna informativa sono incerti. Nel caso della campagna inglese si osserva, soprattutto nella prima ondata, un notevole aumento della richiesta di informazioni da parte dei cittadini: a ridosso della campagna, nel febbraio-marzo 2009, il numero mensile di pagine web consultate sul sito della SA è salito da 380.000 a 460.000. Nello stesso periodo è quasi raddoppiato il volume dei materiali informativi distribuiti, e aumentato del 30% il numero di telefonate al numero verde. A fronte di un così evidente aumento si osserva però un tempestivo ritorno ai valori precedenti subito dopo l'interruzione della campagna.
Nel caso irlandese la valutazione è stata corredata da un’indagine telefonica campionaria, condotta sia prima della campagna informativa sia appena dopo la prima ondata, che evidenzia un deciso aumento della capacità di riconoscere i sintomi dell’ictus. Al di là di questo risultato, come nel
caso inglese la campagna sembra avere prodotto un effetto modesto. La valutazione di entrambe le campagne evidenzia che un eventuale miglioramento nel comportamento dei cittadini non sarebbe persistente nel tempo, bensì svanirebbe subito dopo il termine delle comunicazioni.
Basta una lettera? Un esperimento (via posta) in Lombardia. Nel dicembre 2013, in collaborazione con ASVAPP, la regione Lombardia ha promosso una campagna sperimentale per valutare l'efficacia degli interventi di sensibilizzazione. A circa 100.000 famiglie con almeno un componente tra i 65 e gli 85 anni (cioè la parte della popolazione più a rischio) è stata inviata una lettera informativa. L'esperimento è stato condotto in centri abitati relativamente piccoli e periferici della Lombardia e solo in misura marginale nell’area metropolitana di Milano o a ridosso dei capoluoghi di provincia.
Circa 45 giorni dopo la conclusione della campagna è stata condotta sui due gruppi un’indagine campionaria telefonica con metodo CATI (Computer-Assisted Telephone Interviewing). È stato chiesto agli intervistati di individuare, in un elenco di sei possibili malesseri, quali fossero da ricondurre all’insorgere di un ictus (quattro erano i sintomi corretti). L’aumento delle persone in grado di riconoscere uno dei sintomi è evidente.
La percentuale di coloro che riconoscono correttamente tutti i tre sintomi indicati nella lettera della regione è stata pari a circa il 67% tra i destinatari della campagna, contro il 52% del gruppo di controllo. La differenza è notevole (55% contro 42%) anche quando si considera la percentuale di persone che hanno risposto esattamente alla domanda sui sintomi e, contemporaneamente, hanno indicato che la prima cosa da fare in caso di malore è una telefonata al 118.
I comportamenti sono cambiati? Nel 2014, l’anno dopo la campagna, dalle schede degli ospedali e delle stroke unit si sono ottenute informazioni su circa 1.400 casi di ictus occorsi ai residenti nelle 166 aree di interesse. I casi sono abbastanza equamente distribuiti tra aree sperimentali e di controllo. Utilizzo del 118: non è aumentato tra gli "informati" in maniera significativa. La differenza tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo è minima: 3%.
Tempo medio di arrivo in ospedale: il gruppo sperimentale si caratterizza per un tempo medio di presentazione in ospedale molto più basso. La differenza, significativa, è di circa un’ora e mezza, anche se i tempi di presentazione medi sono piuttosto elevati in entrambi i gruppi (almeno 7 ore).
Possibilità che il paziente sia sottoposto a trombolisi: la percentuale di persone colpite da ictus che giungono in ospedale entro 3-4 ore è più
alta del 5-6% nel gruppo sperimentale. Non è una differenza statisticamente significativa. Condizioni cliniche. Arrivare in ospedale entro 4 ore dall’ictus è una condizione necessaria, ma non sufficiente per ricevere la trombolisi. Da un lato vanno considerati eventuali ritardi intraospedalieri, dall'altro va considerato che solo alcuni ospedali sono attrezzati per somministrare il farmaco. Il numero di trattamenti trombolitici erogati non è significativamente diverso tra i due gruppi: 3% e 4%.
Mortalità a 30 e 90 giorni: Non ci sono differenze tra i due gruppi. L’assenza di un effetto su queste variabili è coerente con quanto descritto sull’erogazione dei trattamenti trombolitici.
Le campagne sanitarie funzionano meglio sulle donne? Una scoperta interessante a questa domanda viene da una campagna FAST via posta realizzata a Berlino nella prima metà degli anni 2000. È stato inviato alle famiglie un kit informativo contenente una lettera che, sul modello FAST, conteneva la descrizione dei sintomi dell’ictus e una spiegazione dei comportamenti da adottare in caso di emergenza: agire subito e chiedere telefonicamente il pronto soccorso. Allo scopo di ridurre il rischio che la lettera fosse semplicemente trascurata, o che qualcuno temesse, chiamando il pronto intervento, di fare qualcosa di inopportuno o di “dare fastidio”, la lettera è stata redatta a nome dei principali ospedali della città.
Alla lettera sono stati allegati due gadget, un segnalibro e degli adesivi, con le medesime informazioni. Il segnalibro può, in quanto oggetto di uso quotidiano, favorire la memorizzazione del messaggio e, all’occorrenza, il reperimento delle informazioni necessarie. Gli adesivi possono
essere attaccati per casa nei luoghi più visibili o più accessibili (per esempio vicino al telefono, o sul frigorifero), in modo che anche in momenti di tensione e confusione le persone possano vederli e riprendere consapevolezza su come agire.
I comportamenti sono cambiati? Analizzando i tempi di arrivo in ospedale, i ricercatori hanno notato un miglioramento, ma poco significativo, nel gruppo sperimentale. Un’analisi separata per genere ha mostrato però una grande differenza di comportamento. Le donne avevano una probabilità molto più alta, rispetto agli uomini, di arrivare in tempi rapidi al pronto soccorso: una media di 333 minuti contro 425.
Come mai? I ricercatori avanzano due diverse ipotesi. La prima è che la popolazione femminile sia più sensibile alla comunicazione ricevuta, e quindi naturalmente più attenta e più incline a seguire i consigli. La seconda è che le donne anziane siano tendenzialmente meno propense a chiedere aiuto, più frenate dalla paura di “creare disturbo”: ne può essere un indizio il fatto che, nel gruppo di controllo, le femmine hanno tempi di arrivo in ospedale maggiori di quelli dei maschi, 449 minuti contro 381, e probabilità di arrivo in tempo utile sistematicamente inferiori. La campagna informativa è stata in grado di spingerle a superare la ritrosia. Al contrario, l’effetto è stato praticamente nullo per gli uomini.
Agire sui bambini è utile? La campagna internazionale FAST Heroes. La campagna FAST Heroes è molto recente: basandosi su un progetto sviluppato nel 2018 da un team comprendente insegnanti, medici, psicologi, è realizzata generalmente nelle scuole primarie (ha come target i bambini tra i 5 e i 9 anni) e i suoi contenuti sono sostanzialmente i medesimi delle classiche campagne FAST, con i messaggi sui tre sintomi principali e sulla necessità di chiamare l'ambulanza. Ciò che cambia è la modalità di trasmissione: la leva dei bambini punta non tanto, o almeno non solo, sulla loro capacità di memorizzazione, ma sul loro naturale entusiasmo e sull'attenzione che ricevono degli adulti, trasformandoli in efficaci veicoli di informazioni verso i genitori e verso i nonni. La campagna Fast Heroes stimola l’immedesimazione del bambino nel "supereroe" che può aiutare il nonno, e la percezione di un rapporto di reciproca cura.
Il protocollo di intervento si sviluppa su cinque settimane, con una sessione a settimana, in cui i messaggi classici della campagna FAST sono
trasmessi anche attraverso momenti ludici con coreografie musicali, proiezione di cartoni animati, distribuzione di materiali da condividere con gli adulti, oltre a risorse online direttamente rivolte ai famigliari. Dopo una prima sperimentazione, i materiali di FAST Heroes sono stati tradotti in numerose lingue, e nel 2021 è stata lanciata la "Grande Missione" di coinvolgere in cinque anni un milione di bambini in tutto il mondo. A partire dal 2021 la campagna ha preso piede anche in Italia.
I comportamenti sono cambiati? La conoscenza sull’efficacia delle campagne FAST Heroes è ancora limitata. Più di 4.000 genitori residenti in 11 diversi paesi hanno però risposto a un breve questionario online (SPQ -Stroke Preparedness Questionnaire), accessibile alle famiglie che, invitate dalle scuole, si sono registrate sul sito web di FAST Heroes. Il questionario è stato compilato in due occasioni, una prima dell'avvio delle attività e una al termine.
L'analisi, basata su un semplice confronto pre-post, con tutte le limitazioni del caso ha mostrato risultati decisamente positivi: c’è stato un significativo aumento delle risposte corrette. La capacità di individuare almeno un sintomo dell’ictus passa dal 59% al 98%, e quella di individuarli tutti passa dal 48% all’83%. La consapevolezza che la difficoltà di alzare un braccio sia un sintomo dell’ictus passa dal 51% iniziale all’87% finale. Visibili sono anche i miglioramenti nelle risposte sul comportamento da tenere quando si notano quei sintomi: coloro che rispondono di chiamare l’ambulanza passano dal 32% al 70%.
Cresce anche il numero di coloro che sanno qual è il numero di emergenza da chiamare: dal 51% all’85%. La conoscenza dei genitori è aumentata
sensibilmente e questo miglioramento pare stabile nel tempo: un follow up condotto dopo sei mesi su un campione limitato (meno di 100 persone) dimostra che il livello di conoscenza è addirittura superiore a quello rilevato subito dopo l’intervento.
I pro e i contro dei diversi approcci. Nelle campagne sanitarie sull’ictus si possono individuare alcuni pro e contro dei vari approcci: da un lato, la possibilità di raggiungere la popolazione (beneficiari diretti e non) in modo estensivo con i mass media; dall’altro, con un oggetto fisico inviato per posta, la possibilità di fissare maggiormente i concetti nella memoria dei destinatari e favorire a lungo la tenuta del messaggio. Nell’ultimo caso, il punto di forza è rappresentato dall’attenzione che i bambini sono in grado di sviluppare nei genitori e nei nonni.
I risultati delle valutazioni sono spesso concordi nell’evidenziare un aumento del grado di consapevolezza dei cittadini e, in alcuni casi, mostrano una riduzione dei tempi di arrivo in ospedale di coloro che vengono colpiti da ictus. Meno evidenti sono i risultati rispetto alle cure ricevute dai pazienti e alle successive condizioni di salute, talvolta perché le stime non sono significative, talvolta perché gli studi non guardano a tali outcome.
Complessivamente le valutazioni ci dicono che, con le dovute differenze, queste campagne sono in grado di incidere sui comportamenti dei cittadini. L’evidenza oggi disponibile lascia ampio spazio a futuri studi utili a chiarire meglio cosa funziona, in quali contesti e quanto a lungo.
G.R.