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Per la maggioranza dei membri del Comitato nazionale di bioetica le Dat non sono applicabili ai detenuti in sciopero della fame


La relazione votata dalla maggioranza dei componenti (19 sui 30 presenti) esplicita che, se da una parte i detenuti possano redarre Disposizioni anticipate di trattamento e chiederne l'applicazione, dall'altra queste sono incongrue, e dunque inapplicabili, se subordinate all’ottenimento di beni o alla realizzazione di comportamenti altrui, in quanto utilizzate al di fuori della ratio della L.219/2017. IL DOCUMENTO

07 MAR -

Le Disposizioni anticipate di trattamento (Dat) non sono applicabili ai detenuti in sciopero della fame. Questo in sintesi quanto votato dalla maggioranza dei componenti del Comitato nazionale di bioetica che ha risposto al quesito posto dal ministero della Giustizia lo scorso 6 febbraio relativo alle Disposizioni anticipate di trattamento, "qualora arrivino da un detenuto che in modo volontario abbia deciso di porsi in una condizione di rischio per la salute e che indichi il rifiuto o la rinuncia ad interventi sanitari anche salvavita".

Il confronto all’interno del CNB, riporta un Comunicato stampa del Comitato, ha fatto emergere diverse riflessioni condivise, che sono state enucleate in 10 punti approvati all’unanimità e che sono la premessa di posizioni che si differenziano in alcune conclusioni. Fra essi spicca la condivisione del rifiuto di adottare misure coercitive contro la volontà attuale della persona.

Tutti, inoltre, - sottolinea ancor ail Comunicato stampa - ritengono che non vi siano motivi giuridicamente e bioeticamente fondati che consentano la non applicazione della L.219/2017 nei confronti della persona detenuta, che, in via generale, può rifiutare i trattamenti sanitari anche mediante le Disposizioni Anticipate di Trattamento (Dat).

La maggioranza dei componenti del CNB (19), ha ritenuto che, nel caso di imminente pericolo di vita, quando non si è in grado di accertare la volontà attuale del detenuto, il medico non è esonerato dal porre in essere tutti quegli interventi atti a salvargli la vita. La stessa Corte Europea dei Diritti Umani (Cedu) ha sostenuto di recente che: “né le autorità penitenziarie, né i medici potranno limitarsi a contemplare passivamente la morte del detenuto che digiuna”. Le DAT sono incongrue, e dunque inapplicabili, ove siano subordinate all’ottenimento di beni o alla realizzazione di comportamenti altrui, in quanto utilizzate al di fuori della ratio della L.219/2017.

Altri componenti del Cnb (9) ritengono che non vi siano motivi giuridicamente e bioeticamente fondati che consentano la non applicazione della L.219/2017 nei confronti della persona detenuta in sciopero della fame, anche in pericolo di vita. Anche in questo caso la nutrizione e l’idratazione artificiali possono essere rifiutate, anche mediante le Dat e la pianificazione condivisa delle cure. Il diritto inviolabile di vivere tutte le fasi della propria esistenza senza subire trattamenti sanitari contro la propria volontà – derivazione logica del diritto alla intangibilità della sfera corporea di ogni essere umano – costituisce un principio costituzionale fondamentale del nostro ordinamento.

Altri ancora (2), pur privilegiando questa seconda posizione per quanto riguarda l’interpretazione dell’ordinamento vigente e l’applicabilità delle Dat, ritengono che un diverso bilanciamento dei principi in gioco non sia da escludere, anche guardando all’esperienza di altri Paesi. Considerano tuttavia che un intervento del legislatore sia la via obbligata, comunque stretta per vincoli e giurisprudenza costituzionali. Sottolineano inoltre la necessità di offrire un esplicito e chiaro riferimento normativo a chi si troverà a prendere queste decisioni, a partire dai medici.



07 marzo 2023
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