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Cancro. In Europa 124 miliardi di euro l'anno per cure e assistenza. L'allarme da ESMO 2012


Si è concluso ieri a Vienna il più importante evento europeo sul cancro. Più di 16mila partecipanti. Ecco le novità per terapia e assistenza. Ma l'allarme è sulla spesa crescente che richiede interventi immediati di razionalizzazione degli interventi. Ma anche scelte più oculate nelle sperimentazioni cliniche.

03 OTT - Un totale di16.394 delegati, 140 sessioni, 68 stand di aziende, 28 di associazioni no-profit. Questi i numeri dell’ultimo Congresso della European Society of Medical Oncology, ESMO 2012, che si è concluso ieri a Vienna.
 
Risultanti sorprendenti, soprattutto in periodo di crisi quando molte altre conferenze scientifiche non sono riuscite a riunire altrettanti partecipanti, né tantomeno a vedere i propri numeri aumentare, invece che diminuire. “Con i tempi che corrono, dal punto di vista, finanziario era inaspettata questa partecipazione”, ha spiegato Alan Howard, amministratore delegato di ESMO. “Invece siamo riusciti a superare anche il nostro precedente record di 15.949 delegati, che avevamo realizzato nel 2010”.
 
Ma l’attenzione alla crisi va oltre considerazioni di questo tipo. Un’intera sessione del Congresso è infatti stata dedicata proprio al crescente problema dei fondi nel campo dell’oncologia, analizzando in particolare la gestione dei costi nelle terapie emergenti.
Jose Martin-Moreno, dell’Università di Valencia, ha spiegato in questa occasione, come i costi annuali delle terapie oncologiche arrivano ormai a 124 miliardi di euro nella sola zona Europea, il che vuol dire che nel nostro continente tra il 4 e il 10 per cento della spesa sanitaria dipende proprio dalla cura e il trattamento dei malati di cancro. Oltre ai costi della sanità, infatti, ci sono da considerare quelli derivanti dalla perdita di produttività nel lavoro, o della mortalità.
 
Ma la spesa pubblica in questo campo sta diminuendo in tutta Europa, con conseguenze sociali forse prevedibili. “La crisi finanziaria ha portato all’estremo tutte le differenze nelle classi sociali, compresa quella riguardante la salute”, ha spiegato Martin-Moreno. “Così, spesso, la differenza di trattamento e di farmaci usati dipende dalle diversità salariali o geografiche, di classe. E questo è un problema di cui dovremo occuparci”.
 
Una delle soluzioni potrebbe forse essere quella della medicina personalizzata, che permette di risparmiare soldi su terapie che già sappiamo non funzioneranno su determinati pazienti. “Ma è chiaro che perché si possano sviluppare c’è bisogno di importanti investimenti nella ricerca a breve termine”, ha precisato il ricercatore.
 
Altro modo per risparmiare, è quello di cambiare il modo in cui si conducono i trial, visto che si stima che la spesa media per lo sviluppo di un farmaco sia decuplicata nell’ultimo decennio. “Si deve aprire l’era del cosiddetto ‘disegno adattivo’ dei farmaci, che consiste nel rendere più efficiente uno studio conservandone allo stesso tempo la validità e l’integrità”, ha spiegato Andy Grieve, docente dell’SVP Clinical Trials Methodology Innovation Center di Colonia. “Con questo approccio aspetti di uno studio come il numero di soggetti, durata, endpoint, popolazione, numero di trattamenti, analisi e ipotesi possono variare nel corso del trial stesso, in modo da ridisegnarlo in corso d’opera secondo i dati che man mano si raccolgono. Non si può fare per tutti i tipi di ricerca, ma può essere un punto di partenza”.
 
Inoltre, spiegano gli esperti, servirebbe una certa flessibilità riguardo quali sperimentazioni continuare e quali no. “Uno dei motivi per cui i trial pesano così tanto sul bilancio della sanità pubblica è che spesso non ci si rende conto subito del fallimento di alcuni trial di fase III”, ha spiegato Jean-Pierre Armand, ricercatore all’Institute Gustave Roussy di Villejuif, in Francia. “Dovremmo essere più intelligenti, e assicurarci di non condurre enormi trial di fase III su farmaci che già hanno mostrato che probabilmente non saranno efficaci. O al contrario, non continuare a sperimentare all'infinito sostanze che hanno dimostrato già da subito di funzionare. Che è proprio quello che è successo con i dati di crizotinib presentati da Alice Shaw”.
 
Infine, una considerazione che va oltre quella dei costi di farmaci e trial. “Dobbiamo imparare a considerare molto di più fattori come la qualità della vita dei pazienti”, ha spiegato ancora Grieve. “Non solo per loro, ma anche per la società tutta. Perché mantenere i pazienti oncologici in grado di vivere la propria esistenza, lavorare ed essere soddisfatti, può aiutare anche a tagliare i costi sanitari”.
 
Laura Berardi

03 ottobre 2012
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