In attesa del consiglio dei ministri di oggi che dovrebbe definire la squadra di governo nominando vice ministri e sottosegretari vorrei esprimere delle considerazioni sulle prime linee programmatiche in materia di sanità espresse dal presidente del consiglio Giorgia Meloni la scorsa settimana intervenendo nel dibattito sulla fiducia al Senato.
Il presidente, in fase di replica, ha riconosciuto di aver parlato poco di sanità e quindi nel corso del suo intervento ha voluto precisare che per il governo, tra le altre cose, è prioritario il contrasto alle lunghe liste d’attesa che da un paio d’anni, anche grazie alla pandemia, sono letteralmente esplose andando fuori controllo praticamente in ogni regione.
“Credo – sono state le parole di Giorgia Meloni – che dobbiamo imparare dalla crisi pandemica cosa non ha funzionato nel modo migliore per correggerlo secondo alcune linee d’azione. Credo che una di queste linee debba essere la prossimità, riportare la sanità verso i territori, valorizzare il ruolo dei medici di medicina generale, coinvolgere il sistema delle farmacie nell’erogazione di alcune prestazioni perché sono uno dei primi presidi sul territorio”.
Tutto giusto. È bene imparare dalla pandemia; è indispensabile riportare la sanità verso i territori; ottimo valorizzare le figure che erogano prestazioni sul territorio e tra queste sono certamente centrali sia i Medici di medicina generale sia che i farmacisti.
Però questo ragionamento, che ha il merito di porre al centro dell’azione di governo il contrasto ad uno dei problemi endemici della nostra sanità, è certamente carente nell’individuare tutti gli attori più idonei per portare a termine quest’obiettivo: gli specialisti ambulatoriali convenzionati interni.
Ovvero quelle figure che da sempre operano nel Servizio sanitario nazionale, all’interno del territorio e svolgono la loro azione quotidiana nell’ambito di strutture pubbliche (poliambulatori territoriali e ospedalieri, universitari, nelle strutture intermedie, nelle attuali case della salute, nei DSM, nei SERD, nei dipartimenti di prevenzione) nonché a domicilio del paziente, presso i luoghi di detenzione e nelle strutture a diretta gestione del Ministero della Salute SASN (porti ed aeroporti).
Presidente Meloni, non commetta gli stessi errori del passato mettendo in campo armi spuntate per contrastare le liste d’attesa ma si doti di tutti gli strumenti che il nostro Ssn le mette a disposizione comprendendo quindi oltre ai medici di medicina generale e i farmacisti anche gli specialisti ambulatoriali convenzionati interni.
Lo stesso Silvestro Scotti, amico e segretario generale Fimmg nell’esprimere un plauso alle Sue linee programmatiche in tema di sanità ha affermato che una riforma del servizio territoriale non può prescindere da “medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e specialisti ambulatoriali, che più di tutti conoscono il contesto e possono rappresentare la percezione dei cittadini/pazienti rispetto all’offerta di cure e al miglioramento delle stesse a partire da questo rafforzamento del Sistema Sanitario Nazionale”.
La pandemia ha ribadito un concetto chiave: che solo l’integrazione tra i professionisti sanitari che operano nel territorio (medici, infermieri e farmacisti) può fare la differenza, alzare il livello di cura, portare l’assistenza domiciliare anche nelle aree più interne del territorio e a casa dei pazienti, con l’aiuto della tecnologia decongestionando i Pronto Soccorso e gli Ospedali.
Sono sicuro, Presidente, che tutto questo è anche nelle sue convinzioni avendolo già espresso lo scorso anno, nel corso del 53° Congresso Nazionale del SUMAI Assoprof, quando mi ha fatto recapitare in dono il suo libro “Io sono Giorgia” con una dedica: “Ai medici del SUMAI, eccellenza dell’assistenza sanitaria territoriale. Con stima! Giorgia Meloni.”