Dai nuovi tagli, allo stop al numero chiuso a Medicina passando per la dipendenza dei medici di famiglia fino alle commissioni d’inchiesta sulla gestione della pandemia. Dopo un mese di campagna elettorale sono questi i principali temi sanitari emersi dal confronto tra i partiti. Sì ci sono i programmi (anch’essi a dir vero pieni di titoli ma senza accurati approfondimenti), ci saranno prossimamente dei confronti tra i vari responsabili sanitari dei partiti in corsa ma è del tutto evidente che come di consueto la sanità non buca l’agenda del confronto pre elettorale. Sarà che il caro energia che spinge l’inflazione sta mangiando quasi tutti i palinsesti dei media e che della pandemia (ancora non finita) non ne vuol sentir parlare più nessuno ma ad oggi il dibattito sulla sanità è a dir poco deludente. Pesa certamente il fatto che la sanità è materia complessa e mal si presta al dibattito social fatto di poche righe e che in fin dei conti nell’italiano vige ancora il presupposto che di salute se ne debba parlare solo dopo che appare un problema ma in queste ultime settimane sarebbe auspicabile un cambio di passo.
A fare più scalpore negli ultimi giorni è stata la proposta dell’ex pallavolista della nazionale italiana Luigi Mastrangelo, candidato della Lega, che ha proposto “di investire di più nello sport, togliendo magari qualcosa alla sanità”. Una frase (su cui l’ex campione ha poi tentato una retromarcia) che ha scatenato una ridda di polemiche ma che forse segna il destino dei fondi che difficilmente potranno subire nuovi aumenti visto lo scenario economico.
Altra proposta che ha scatenato polemiche è quella del leader della Lega Matteo Salvini che ha rilanciato la proposta di abolizione del numero chiuso a Medicina. È più di un decennio che l’idea viene tirata fuori pur sapendo che la carenza di medici non è dovuta al numero chiuso ma alle poche borse di specializzazione che hanno creato il cosiddetto imbuto formativo e ai bassi stipendi e prospettive di carriera che fanno scappare i medici dal Ssn.
Nell’arena delle proposte che fanno discutere ci è finito anche il microbiologo Andrea Crisanti, candidato dal Pd in Europa che ha detto chiaro e tondo che i medici di famiglia dovranno diventare dipendenti. Apriti cielo, subito c’è stata la reazione del sindacato di categoria Fimmg che solo a sentir parlare di dipendenza è pronto a scendere in piazza. Chi scrive più volte ha ribadito che il punto non è dipendenza o convenzione ma creare veramente una medicina di famiglia efficiente. Crisanti ha avuto coraggio ad uscire allo scoperto anche se all’interno della sua stessa coalizione (Speranza in primis) l’idea della dipendenza non convince.
A lanciare sassi nello stagno ci ha pensato anche la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni che ha annunciato che se il centrodestra andrà al Governo istituirà una “commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia e nessuna reintroduzione del Green Pass”. Detto che il certificato verde ormai è stato abbandonato da tempo praticamente ovunque e nessuno ha richiesto una sua reintroduzione massiccia l’idea di creare una commissione d’inchiesta è doverosa ma non è di certo una priorità nell’agenda sanitaria con molte regioni che rischiano seriamente di non chiudere i bilanci e con liste d’attesa chilometriche e personale che non si trova.
Insomma, per ora il dibattito sulla sanità della nostra campagna elettorale riporta un bilancio deludente. Nelle prossime settimane è lecito attendersi di più. In fondo basta veramente poco.
Luciano Fassari