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Fecondazione assistita. Balduzzi pensa a ricorso contro sentenza Ue


Il ministro sta pensando di proporre al Governo di fare ricorso contro la sentenza della Corte europea che ha bocciato la legge 40. Balduzzi ha poi aggiunto che una revisione della legge sarebbe possibile, da parte del Governo, se ci fosse “un sentire comune e una volontà ampia e condivisa”

29 AGO - Ieri è arrivata la notizia che la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha bocciato la legge 40/2004 perché viola l’articolo 8 ovvero il “diritto al rispetto della vita privata e familiare” della Convenzione europea dei diritti sull’uomo. Successivamente alla bocciatura per il nostro Paese è anche arrivata la condanna a pagare quindicimila euro, più duemilacinquecento di spese legali, alla coppia che aveva presentato il ricorso.
 
Oggi il ministro della Salute Balduzzi, attraverso i microfoni di Radio Vaticana ha manifestato la sua intenzione di “proporre al governo di fare ricorso contro la sentenza della Corte europea”. Successivamente ha aggiunto di aver bisogno di “una riserva di approfondimento”.
 
A chi gli chiedeva di rischi eugenetici Balduzzi ha risposto che in effetti “ci sono dei passaggi della sentenza europea che possono dare luogo a interpretazioni preoccupanti”.
 
A questo punto è possibile che la legge 40, alla luce di tutte le sentenze che in questi otto anni l’hanno modificata nel profondo, venga revisionata? A questa domanda il ministro ha risposto che una revisione della norma sarebbe possibile, da parte del Governo, solo se ci fosse “un sentire comune e una volontà ampia e condivisa. Se la revisione servisse a rafforzare quel bilanciamento tra i diversi principi del nostro ordinamento e a riaffermare il no ad una deriva verso soluzioni di tipo eugenetico allora ci potrebbe essere anche un apporto da parte del Governo”.
 
“Ci sono poi dei profili di carattere processuale – ha aggiunto il ministro – che andrebbero attentamente monitorati perché è chiaro che si riferiscono non solo al caso di specie ma a tutti i casi possibili. Siccome stanno aumentando le ipotesi di confronto tra ordinamenti, quello italiano e quello del Consiglio d'Europa, credo che anche sotto questo profilo un nostro ricorso potrebbe servire a un chiarimento giurisprudenziale”.
 
La sentenza della Corte europea per il momento però non cambia nulla nello scenario italiano perché non è definitiva, lo diventerà eventualmente fra tre mesi. Intanto il governo italiano può presentare ricorso in appello alla Grande Chambre di Strasburgo e non è detto che non vinca. In passato è infatti successo che l’Austria, condannata dalla Corte di Strasburgo in prima istanza perché vietava la fecondazione eterologa, venisse poi assolta dalla Grande Chambre che ha riconosciuto la facoltà dei singoli stati di autoregolamentarsi su temi eticamente sensibili stabilendo quindi che un Paese può decidere di vietare l’eterologa senza ledere alcun diritto umano.

29 agosto 2012
© Riproduzione riservata

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