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Covid. Una possibile rad map verso una “nuova normalità”. Esperti e politici a confronto


Fare tesoro di quanto accaduto negli ultimi due anni, anche dei diversi errori, in modo da farsi trovare pronti non solo al prossimo autunno per quanto riguarda il Covid, ma anche di fronte alle minacce di possibili nuove pandemie. Puntare quindi su nuovi vaccini, renderli disponibili ad ogni latitudine, migliorare il tracciamento, implementare la sanità del territorio e la telemedicina. Queste solo alcune delle soluzioni discusse nel corso del seminario promosso dal PD ospitato oggi a Montecitorio.

30 MAG -

La pandemia non finisce solo perché si smette di parlarne. E l'errore più grande che potremmo commettere è quello di dimenticare quanto accaduto in questi due anni e non costruire quegli strumenti necessari per affrontare non solo il prossimo autunno ma anche il rischio di potenziali future pandemia.

Da questo assunto ha preso il via oggi pomeriggio alla Camera il seminario "Verso una nuova normalità: strategie e scelte globali per convivere con il Covid e altri virus", organizzato da Left Wing e Deputati PD.

Ad introdurre i lavori, seppure a distanza, è stato il vicepresidente della Camera Andrea Mandelli (FI): "In questi anni, con il Covid, abbiamo deciso di cambiare il paradigma iniziando a vedere la spesa sanitaria come un investimento e non più solo come un costo. Quanto al tema della sanità di prossimità, il DM71 inizia a ragionare di queste tematiche ma c’è ancora molto da costruire. Parlare di una nuova normalità implica la capacità degli operatori sanitari di lavorare in equipe mettendo il paziente al centro. Il fare rete sta diventando sempre più indispensabile. Abbiamo bisogno poi di potenziare la telemedicina e digitalizzare la sanità, su questo sarà importante il Pnrr. E ancora, dobbiamo poi ragionare sul tracciamento dal momento che sempre più avremo un mondo flagellato da epidemie e tracciare sarà dunque fondamentale. Abbiamo bisogno di investire sugli operatori sanitari, ce ne sono troppo pochi, e dobbiamo puntare sulla loro formazione. Questi i temi decisivi che dobbiamo affrontare".

Per Debora Serracchiani, a distanza di qualche anno dall’esperienza della pandemia Covid "è arrivato il momento di tracciare una riga e capire cosa possiamo traghettare verso questa nuova normalità. L’ambizione è quella di cercare di capire quali possono essere strategie e scelte per poter convivere al meglio non solo con il Covid ma anche con possibili nuovi virus che potrebbero comparire in futuro. Capiamo quali possano essere le buone prassi che ci portino a vivere meglio e a potenziare ulteriormente un Servizio sanitario nazionale che ci ha aiutato a superare un enorme stress test".

A coordinare i lavori è stato Matteo Orfini, che ha da subito voluto rimarcare come la pandemia "non finisce se smettiamo di parlarne". Infatti, nonostante l'attenzione mediatica sia ormai scesa bruscamente negli ultimi mesi, "ne siamo ancora dentro seppur in una situazione molto diversa grazie ai vaccini e agli antivirali. Sicuramente - aggiunge Orfini - abbiamo recuperato una quasi normalità nella nostra esistenza. Però l’equilibrio è molto fragile e i passi in avanti non sono uguali in tutto il mondo e questo comporta dei rischi. Dobbiamo ragionare su cosa poter fare di più rispetto a quanto già fatto".

"In Italia anche abbiamo gestito in maniera positiva diversi aspetti, come ad esempio la campagna vaccinale. Ci sono anche qui però elementi di difficoltà, come si può notare dalla scarsa adesione alle quarte dosi. Già questo ci fa aprire una riflessione su come incentivare nuovamente la campagna vaccinale e su come una certa narrazione sulla fine della pandemia abbia reso più complicata l'adesione a questi richiami. Oltre ai vaccini servono però altre azioni. Abbiamo una scarsissima capacità di sequenziamento e tracciamento nel nostro paese. Inoltre il long covid spesso sfugge al nostro Ssn, su questo spesso siamo in ritardo. Sarebbe una sconfitta - prosegue Orfini - uscire dalla pandemia con la stretta cassetta degli attrezzi che avevamo ad inizio pandemia. Chi governa ha il dovere di ragionare su come non ripetere gli errori che ci sono stati e su come costruire strumenti necessari ad affrontare rischi simili che potrebbero ancora riproporsi".

La Coordinatrice del Forum tematico Politica Sanitaria del PD, Beatrice Lorenzin, ha ricordato come i virus siano un fenomeno globale. Ed oggi, a differenza del '900, la popolazione è composta da ben 8 miliardi di persone "che si muovono molto più e molto più facilmente rispetto ai decenni precedenti. I virus oggi spesso viaggiano in prima classe. Im questo senso i cambiamenti climatici sono una bomba esplosiva. Il prossimo virus potrebbe arrivare dai topi o magari dagli uccelli migratori".

"Abbiamo imparato alcune lezioni in questi anni - ha aggiunto Lorenzin - dobbiamo vaccinare, tracciare e farlo a livello globale. Immaginatevi cosa potrebbe significare una zoonosi che dal nord Africa arrivi da noi. Sarebbe un problema non solo di salute ma anche economico. Non dobbiamo quindi dimenticare quanto vissuto. Né possiamo abituarci ad oltre cento morti al giorno solo perché l'emergenza mediatica del Covid è stata sostituita da quella della guerra. Abbiamo gli strumenti per affrontare questi cambiamenti enormi. Non possiamo assicurare i cittadini che non avremo più un'altra pandemia ma dobbiamo poter dare sicurezze sul fatto di aver imparato la lezione e di poter quindi disporre di quegli strumenti necessari per intercettarla e affrontarla in modo veloce".

Presenti anche diversi esponenti del mondo scientifico, tra questi il microbiologo Andrea Crisanti secondo il quale la parola normalità "più che un dato di fatto mi sembra un'aspirazione. Dobbiamo tornare agli inizi del '900, infatti, per trovare una malattia infettiva che contribuisce con il 6% alla mortalità totale. Questa non la considererei tanto una normalità. Definirei quella attuale una situazione di equilibrio. Nessuno potrà dire quale sarà il virus che avremo tra un anno. Questo susseguirsi di mutazioni è stato caratterizzato da variante con indice di trasmissione sempre più alto".

"Il fatto che le persone vaccinate si infettano è un problema. Questo fa aumentare la probabilità di nuove varianti che in qualche modo potrebbero non solo infettare persone vaccinate ma anche avere una virulenza elevata. Devono dunque essere migliorati i vaccini. Questo è una priorità di salute pubblica - ha sottolineato Crisanti -. Quello che si può fare subito è proteggere i fragili. C'è stata una bassa adesione alla quarta dose. Eppure la maggior parte delle persone che continuano a morire ogni giorno sono proprio fragili con più patologie, anche tra i vaccinati".

Infine, Giorgio Gilestro, professore associato all'Imperial College di Londra, ha spiegato: "Abbiamo fatto un patto col diavolo e stiamo operando sull’assunto che il diavolo mantenga le sue promesse. Il diavolo è un virus che muta tantissimo, e non è certo utile far finta che il problema non esista più limitandosi a non parlarne. Il personale sanitario è stanco, questo è un fatto da tenere a mente e sul quale c'è troppa poca attenzione. Prevenire è meglio che curare ma prevenire vuol dire operare adesso, anticipare e non attendere gli eventi".

"Ma prevenire e comunicare la prevenzione - ha aggiunto Gilestro - ci costringe a fare i conti col fatto che la pandemia non è finita, elemento che per stanchezza larga parte delle persone non vuole più sentire. Uno dei problemi maggiori è stato in Italia il vuoto di comunicazione istituzionale. Se si crea un vuoto qualcosa si mobilita subito per riempirlo. C’è stata una precipitazione nel riempire questo vuoto con varie voci, alcune più altre meno nel coro. Il giornalismo italiano ha spesso mostrato una sorta di feticismo verso un certo tipo di personaggi che hanno creato più danno che altro. Una buona comunicazione è necessaria ma non sufficiente se non accompagnata da altre azioni. Dobbiamo puntare sul monitoraggio della qualità dell’aria, incentivare lo smart working e focalizzare la ricerca epidemiologica in Italia".

Giovanni Rodriquez



30 maggio 2022
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