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Obiezione di coscienza. Comitato di bioetica: "E' un diritto ma il sistema si adegui per garantire i servizi"


Il Cnb ha approvato un nuovo parere sul tema dell’obiezione di coscienza in bioetica, che ribadisce i concetti già espressi in precedenti pronunciamenti. Il documento stabilisce che la tutela giuridica dell’Obiezione di coscienza non deve limitare né rendere più gravoso l’esercizio di diritti riconosciuti per legge né indebolire i vincoli di solidarietà. 

30 LUG - Il Comitato nazionale per la bioetica si è espresso con un parere, reso pubblico oggi, in materia di obiezione di coscienza su temi bioetici ribadendo, come già fatto in passato in tema di obiezione di coscienza dei farmacisti, che questo è un diritto costituzionalmente garantito anche se non si deve limitare né rendere più gravoso l’esercizio di diritti riconosciuti per legge né indebolire i vincoli di solidarietà. 
 
Il Cnb nel parere di oggi stabilisce che “l’obiezione di coscienza in bioetica è un diritto costituzionalmente fondato (con riferimento ai diritti inviolabili dell’uomo), costituisce un'istituzione democratica, in quanto preserva il carattere problematico delle questioni inerenti alla tutela dei diritti fondamentali senza vincolarle in modo assoluto al potere delle maggioranze, e va esercitata in modo sostenibile”. Sostenibile significa dunque che la tutela giuridica dell’obiezione di coscienza non deve limitare né rendere più gravoso l’esercizio di diritti riconosciuti per legge né indebolire i vincoli di solidarietà derivanti dalla comune appartenenza al corpo sociale.
 
L’obiezione di coscienza in bioetica, secondo il Cnb, è un diritto costituzionalmente fondato e con dimensione democratica e nell’affrontare gli aspetti morali il Documento si sofferma sul versante giuridico al quale l’obiettore “in definitiva si rivolge chiedendo di poter non adempiere a comandi legali contrari alla propria coscienza”.
 
Il Comitato ha sottolineato come sia importante “evitare di imporre obblighi contrari alla coscienza strumentalizzando chi esercita una professione o almeno tutelare l'obiezione di coscienza quando sono in gioco i diritti inviolabili dell'uomo” senza però allo stesso tempo “mortificare il principio di legalità”.
 
Secondo gli esperti di bioetica “un’obiezione di coscienza giuridicamente sostenibile non deve limitare né rendere più gravoso l’esercizio di diritti riconosciuti per legge né indebolire i vincoli di solidarietà derivanti dalla comune appartenenza al corpo sociale”.
 
E dunque alla fine le raccomandazioni con cui si conclude il parere del Cnb: “nella tutela dell’obiezione di coscienza, che discende dal suo essere costituzionalmente fondata, si devono prevedere misure adeguate a garantire l’erogazione dei servizi, con attenzione a non discriminare né gli obiettori né i non obiettori, e quindi un’organizzazione delle mansioni e del reclutamento che possa equilibrare, sulla base dei dati disponibili, obiettori e non”.
 
I precedenti pronunciamenti del Cnb
Sull’obiezione di coscienza il Cnb si era già espresso in passato. Una prima volta nel maggio del 2004 quando, sollecitato dall’Ordine dei medici di Venezia a dare una risposta in materia, disse che era da accogliere la possibilità per il medico di rifiutare la prescrizione o la somministrazione della contraccezione d’emergenza.
Il medico, sosteneva ilo Cnb, ha infatti il diritto di appellarsi alla “clausola di coscienza”, figura giuridica contemplata anche dal Codice di deontologia medica del 1998, art. 19. Clausola di coscienza che è contemplata anche dal Codice deontologico dell'Infermiere del 2009, che la cita all’art. 8. In entrambi i codici però si fa sempre riferimento, pur nel rispetto della clausola di coscienza, alla tutela dell’incolumità e della vita dell’assistita.
 
La seconda volta in cui il Cnb ha espresso un suo parere sull’obiezione di coscienza è stato nel febbraio del 2011, facendo riferimento alla professione del farmacista e alla vendita di prodotti contraccettivi d’emergenza. Anche in quel caso come oggi il Cnb ha ricordato come la pratica dell’obiezione di coscienza abbia “un fondamento costituzionale” ma la sua realizzazione deve avvenire nel rispetto degli altri diritti fondamentali e fra questi “l’irrinunciabile diritto al cittadino alla tutela della salute” e dunque a ricevere l’assistenza sanitaria riconosciuta per legge.
Quindi, concludeva il parere del Cnb,  un’eventuale legge in materia che regolamenti l'istituto dell'obiezione anche per i farmacisti, dovrà riconoscere alla donna “la possibilità di ottenere altrimenti la realizzazione della richiesta farmacologica”.

30 luglio 2012
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