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Diabete. Dagli annali Amd 2010, la fotografia italiana


27 SET -  
Quasi 1 persona con diabete su 5 ha oggi meno di 55 anni. Il 91,9% è colpito da diabete di tipo 2 e, tra questi, il 10% ha tra i 45 e i 55 anni. Il dato degli under 45 sale al 4%, segno che la malattia una volta definita “diabete senile” è sempre più giovane. I due terzi dei soggetti con diabete di tipo 2 sono obesi, e solo meno del 20% risulta normopeso. Invece, nel diabete di tipo 1, l’obesità riguarda circa 1 paziente su 4.
Questi alcuni dei dati contenuti negli Annali dell’Associazione medici diabetologi (Amd) per l’anno 2010 e presentati stamani al ministero della Salute nell'ambito di un convegno dedicato a obesità e diabete.


Efficacia ed efficienza della qualità della cura nei Centri di diabetologia sono da quest’anno, per la prima volta, misurati con un indice - lo score Q (Qualità) - appositamente ideato da Antonio Nicolucci e dal gruppo di lavoro del Consorzio Mario Negri Sud. “L’indice, o score Q, rappresenta un altro fondamentale tassello che si aggiunge al nostro progetto, un ‘super-indicatore’ già validato da importanti pubblicazioni scientifiche – ha spiegato Carlo Giorda, presidente Amd -. Si tratta di una misura sintetica che valuta da un punto di vista qualitativo l’efficienza delle cure e dell’assistenza prestate, e conseguentemente l’efficacia nel prevenire le complicanze tipiche del diabete, dall’infarto all’ictus, ai disturbi della vascolarizzazione, alla mortalità”.
L’indice Q viene calcolato assegnando un punteggio sia alle modalità assistenziali - effettuazione delle misurazioni di emoglobina glicosilata (HbA1c, il parametro che determina il livello di controllo del diabete), pressione arteriosa, profilo lipidico, microalbuminuria -, sia ai risultati ottenuti dalla cura, ossia il mantenimento di HbA1c al di sotto dell’8%, della pressione inferiore a 140/90 mmHg, del colesterolo LDL a meno di 130 mg/dl, all’impiego dei farmaci adatti alla protezione renale in caso di microalbuminuria.
Il punteggio varia da 0 a 40, con tre classi: inferiore a 15, fra 15 e 25, maggiore di 25.
Un punteggio inferiore a 15 si associa a un eccesso di rischio di complicanze di circa l’80%, mentre un punteggio fra 15 e 25 si associa ad un rischio più alto del 20%.

“L’indice Q dell’assistenza italiana risulta positivo: 24,9 nel diabete tipo 1, e con i centri più efficienti al 27,5 nel diabete di tipo 2 – ha detto Giorda -. Il vero obiettivo, comune a tutto il progetto Annali, è quello di ottenere indicazioni che permettano ai singoli Centri di individuare punti specifici per migliorare la performance assistenziale".
Osserviamo più nel dettaglio, i risultati principali. Molto buona, superiore al 90% (94,7% nel tipo 1 e 92,3% nel tipo 2) la percentuale di persone con diabete che effettua la misurazione, almeno una volta l’anno, dell’emoglobina glicosilata.
Inoltre, anche il grado complessivo di controllo della malattia nelle persone con diabete assistite dai centri italiani è buono, pur con la necessità di migliorare ulteriormente l’intervento terapeutico: l’HbA1c risulta, infatti, inferiore al 7% in un quarto dei pazienti con diabete di tipo 1 e in quasi la metà (44%) di quelli con tipo 2. Secondo varie linee guida, 7% è l’obiettivo da raggiungere per prevenire sia le complicanze microvascolari della malattia diabetica (o dei piccoli vasi arteriosi, come la retinopatia che porta danni alla vista, la nefropatia che compromette la funzione renale, la neuropatia periferica che favorisce le lesioni al piede) sia quelle macrovascolari (o dei grossi vasi arteriosi, con aumentato rischio di arteriosclerosi e quindi infarto, ictus). Comunque, il valore medio dell’emoglobina glicosilata italiano è migliore di quello che si rileva in simili analisi compiute negli Stati Uniti.
Promossa quindi a pieni voti, nel complesso, la qualità dell’assistenza fornita nel nostro Paese, anche se esistono ulteriori margini di miglioramento.

Infine, un’occhiata a un aspetto fondamentale che proprio grazie agli Annali AMD è emerso recentemente. Nel 2009, anno cui si riferiscono i dati analizzati in questa edizione, sono state registrate 46.513 persone con diabete di tipo 2 (l’11,2% del totale) che si recavano per la prima volta in un Centro di diabetologia per una visita. Il 57% riguardava pazienti con una durata di malattia inferiore a 2 anni, ma oltre un quarto era diabetico da più di cinque anni. In particolare, nelle persone con meno di due anni di malattia, il valore di HbA1c era superiore a 8% nel 38% dei casi e il 12% delle persone visitate ha dovuto essere messa in cura sin dalla prima visita con l’insulina. “Queste persone- ha sottolineato Giorda - presentavano un profilo di rischio cardiovascolare elevato: pressione del sangue oltre i valori di 140/90 mmHg nel 58,6% dei casi, colesterolo ‘cattivo’ LDL superiore a 130 mg/dl nel 34,7%. È evidente – ha concluso - che qualche cosa, nel sistema odierno di gestione della malattia diabetica non funzioni ancora a dovere”.


Di seguito i principali dati usl diabete in Italia
• In Italia, le persone con diabete rappresentano ufficialmente il 4,9%
della popolazione (ISTAT 2010), pari a oltre 3.000.000 di concittadini.
• La stima però oltrepassa i 4.000.000 di unità, poiché esiste una quota di
persone che ha il diabete, ma ancora non lo sa, pari a circa 1.000.000 di
italiani.
• I costi sono raddoppiati in 20 anni: nel 1998, il diabete pesava sulle
casse dello Stato per circa 5 miliardi di euro, pari al 6,7% della spesa
totale per la sanità; oggi le stime parlano di 11 miliardi di euro, circa il
10% della spesa sanitaria.
• Nel nostro Paese, ogni anno:
o 75.000 persone con diabete subiscono un infarto,
o 18.000 un ictus,
o 20.000 vanno incontro a insufficienza renale cronica,
o 5.000 patiscono l’amputazione degli arti inferiori,
o 18.000 muoiono.

27 settembre 2011
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