Riorganizzare l’assistenza territoriale ma senza l’ennesima Riforma della Riforma
07 DIC -
Gentile Direttore,
mai come in questo momento il Paese ha preso coscienza delle difficoltà in cui versa il Servizio Sanitario Territoriale. Ci si dimentica però o si mostra di dimenticare che il nostro Servizio Sanitario è uno dei pochi Servizi pubblici che fino ad un recente passato ha saputo assicurare un’assistenza completa e di buon livello a tutti i cittadini.
Questa osservazione dovrebbe suggerire che per migliorare l’Assistenza Territoriale, la priorità non sia quella di riformare il Servizio, ma quella di riorganizzare l’assistenza all’interno del Servizio.
La bontà dell’assistenza si è persa a causa del depauperamento dei mezzi e degli organici, di una burocrazia amministrativa sempre più pervasiva e, non ultimo, della progressiva divaricazione degli interessi tra le parti in causa. Medicina Generale, Distretti e Ospedale non sono riusciti a realizzare l’integrazione oggi indispensabile per rispondere efficacemente ai bisogni di salute della popolazione.
Anche a causa di queste difficoltà, che potrebbero quasi definirsi di natura "ideologica”, molti pensano che modificare solo l’organizzazione dell’assistenza sarebbe un’operazione dall’esito troppo incerto e preferirebbero “risolvere la partita” procedendo direttamente alla riforma del Sistema (sostanzialmente con il superamento della convenzione dei MMG e con il loro passaggio alla dipendenza).
Al contrario, è parere di chi scrive che se decidessero tutti di fare un passo indietro (o avanti, se si preferisce) e adottassero un nuovo Modello di Gestione Integrata dell’Assistenza Territoriale, sarebbe possibile migliorare l’assistenza grazie a un’iniziativa spontanea, piuttosto che per obbligo di legge.
La Medicina di Famiglia
La Medicina di Famiglia è cambiata: si avvale di esami, consulti e procedure complesse, ma questa Struttura è rimasta isolata dal resto del Servizio Sanitario, così com’era alle origini.
E’ discutibile che la responsabilità dell’isolamento sia da mettere in capo esclusivamente ai MMG. Strumentazioni e competenze specialistiche restano ancora appannaggio quasi esclusivo dell’Ospedale, che però non considera suo interesse istituzionale esaudire le richieste del Territorio.
Le conseguenze di queste difficoltà sono costituite da allungamento dei tempi della Sanità, pregiudizio per la salute dei pazienti, perdita di credibilità del medico che da referente fiduciario diventa il burocrate deputato solo alla prescrizione di esami e medicine.
In un recente documento l’organismo internazionale OCSE sostiene che in futuro “le cure primarie dovranno basarsi su strutture multi professionali, dotate di tecnologie digitali per il coordinamento delle cure”. Nel documento viene anche preso ad esempio il modello delle “Case della Salute”, realizzato nella Regione Emilia Romagna.
L’impostazione dell’OCSE è condivisa dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che aggiunge che “quello che stiamo vivendo è certamente un momento epocale in cui i due Sistemi di cura, Ospedale e Territorio, sono invitati ad una nuova rafforzata interazione e integrazione”.
Senza entrare nel merito del progetto delle Case della Salute, due considerazioni non possono essere sottaciute: la non trascurabile distanza che ci separa dalla disponibilità diffusa di queste strutture per i tempi e per la capacità di spesa; l’errata convinzione che la disponibilità delle nuove strutture valga di per sé a risolvere i problemi dell’Assistenza Territoriale.
Questa ed altre soluzioni simili non sono in grado di superare il vulnus maggiore per il corretto esercizio della Medicina di Famiglia, che è l’isolamento funzionale dal resto dei Servizi Sanitari.
L’invito dell’Istituto Superiore di Sanità a rafforzare l’integrazione tra Territorio e Ospedale costituisce la chiave del vero cambiamento che può e deve essere realizzato subito con i mezzi disponibili e poi con aumenti mirati delle risorse, ma senza ulteriori attese.
Modello di Gestione Integrata dell’Assistenza Territoriale
Il Modello si basa sulla presa in carico condivisa (e codificata) dei bisogni di salute dei pazienti tra tutte le Strutture del Servizio Sanitario, utilizzando protocolli tipo PDTA (Percorsi Diagnostici, Terapeutici e Assistenziali).
Il referente e coordinatore dell’iter assistenziale è il Medico di Medicina Generale che tiene direttamente i rapporti con l’intero Sistema delle Cure e relaziona i pazienti in proposito. Gli Specialisti devono interagire con il MMG come parte integrante del loro mandato professionale d’Azienda.
I MMG devono stabilire un solido rapporto con i medici dell’Ospedale e dei Distretti Sanitari già a partire dal loro Corso di formazione e possono/devono frequentare i Servizi al bisogno anche successivamente.
I MMG ricevono direttamente gli esami e l’esito delle visite specialistiche per via telematica e possono chiedere direttamente esami e consulti per i loro assistiti quando siano utili per prendere decisioni urgenti.
Il Modello deve comprendere il potenziamento del Sistemi Informatici per consentire ai MMG l’accesso a tutto il “fascicolo sanitario” del paziente.
In accordo con le indicazioni del Servizio Sanitario Nazionale, si deve prevedere il potenziamento delle dotazioni di strumentazioni da porre nelle sedi idonee (i Distretti Sanitari?) per aumentare la disponibilità degli esami diagnostici e velocizzare i tempi esecutivi.
Questo Modello organizzativo può avere utili ricadute su Pazienti, Medici di Famiglia e Sanità con la razionalizzazione e la riduzione del carico delle cure (tempi, numero di esami e consulenze, costi e risultati di salute).
Giovanni Oliviero Panzetta
Vicepresidente Associazione Salute e Sanità Trieste (ASST)
07 dicembre 2020
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