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Errori medici. Tartaglia (Toscana): “Sicurezza cure sia elemento di valutazione del Dg” 

Alla luce dei recenti casi di presunti errori in sanità emerge l’importanza dello sviluppo del tema della sicurezza delle cure. Ne abbiamo parlato con Riccardo Tartaglia, responsabile Centro gestione del rischio clinico della Regione Toscana e coordinatore del Tavolo delle Regioni sul tema: “Con la qualità delle cure si può risparmiare”

03 AGO - “Il rischio clinico deve diventare un elemento in cima all’agenda delle direzioni sanitarie, così come si devono adottare nuove tecnologie di supporto all’azione degli operatori. Ma  non solo, meno burocrazia per i professionisti e più tempo da dedicare alle procedure di sicurezza”. Questi secondo Riccardo Tartaglia, responsabile Centro gestione del rischio clinico della Regione Toscana e coordinatore del Tavolo tecnico sul rischio clinico delle Regioni, le fondamenta entro cui si deve agire per ridurre al massimo l’insorgere di errori in sanità. In questa intervista a Qs, Tartaglia poi specifica come attraverso un rafforzamento delle misure di controllo e prevenzione del rischio “non solo si può evitare l’insorgere di errori ma si possono produrre significativi risparmi”. Ma attenzione, rileva, “non si può pensare di avere la bacchetta magica, la medicina non è una scienza esatta e il rischio zero non esiste”.
 
 
Dottor Tartaglia gli ultimi casi di malasanità hanno riportato alla luce il problema della sicurezza nelle cure? C’è da essere allarmati?
Non siamo di fronte ad una situazione d’allarme, anche perché è giusto ricordare come la medicina non sia una scienza esatta. Gli errori, purtroppo, possono verificarsi e in questi anni è giusto riconoscere come, nonostante tutto, si siano fatti passi in avanti. È chiaro però che su alcuni fatti di cronaca a cui lei fa riferimento si nota come gli incidenti siano conseguenti al non rispetto delle procedure di sicurezza. E questo in ogni caso rappresenta un elemento di allerta su cui intervenire.
 
Ma com’è che nonostante in questi anni si siano predisposti numerosi protocolli di sicurezza la percezione che un’adeguata osservanza delle regole produca buona sanità fatica a farsi avanti?
Dove si è iniziato ad attuare rigidamente i protocolli i risultati positivi non hanno tardato a verificarsi. Vi è anche un’ampia offerta formativa sul tema per gli operatori. Ma occorre assolutamente fare di più e la spending review può essere anche una buona occasione per il cambiamento di prospettiva.
 
A cosa pensa?
In primis, se vogliamo che la sicurezza delle cure non sia penalizzata dalla spending review bisogna valutare i direttori generali ma direi anche i direttore sanitari e di struttura complessa non solo in termini di riduzione dei costi economici ma anche di costi umani, ovvero attraverso l’analisi della riduzione degli eventi avversi e degli esiti (mortalità per determinate procedure). All’interno delle strutture si devono promuovere iniziative anche di vigilanza e controllo che mettano veramente la sicurezza al centro dell’azione.
 
E quali sono i paradigmi per rendere più sicuro il percorso clinico?
A livello internazionale vi sono già alcuni studi che mostrano come attraverso l’adozione di misure per la riduzione, per esempio degli errori prescrittivi, delle cadute in ospedale, delle infezioni e delle ulcere da pressione, senza dimenticare l’uso corretto delle linee guida e della checklist in chirurgia, si possono ottenere oltre che un calo degli incidenti anche risparmi notevoli nell’ordine di milioni di euro. Ma c’è anche un’altra questione da risolvere.
 
Quale?
In questi ultimi anni si è assistito ad un aumento progressivo dei compiti burocratici che sono svolti dal medico. È un aspetto negativo perché si toglie tempo al paziente per dedicarlo alle scartoffie. Se a questo sommiamo le carenze d’organico di alcune regioni a causa del blocco del turnover e i turni di lavoro sempre più massacranti ecco che il quadro si presenta a tinte fosche.
 
 
Chiaro, ma tenendo conto della riduzione delle risorse per la sanità nel prossimo futuro  quali potrebbero essere delle azioni utili da adottare per potenziare la sicurezza delle cure?
Senza dubbio si deve assolutamente potenziare la diffusione di strumenti tecnologici a supporto degli operatori. Penso per esempio ad una diffusione più capillare del braccialetto elettronico per l’identificazione dei pazienti ricoverati e per la tracciabilità degli atti clinici cui sono stati sottoposti e alla cartella clinica elettronica. Il braccialetto è uno strumento che costa poco e dovrebbe essere operativo in ogni struttura. Ma non solo, e mi riferisco alla fornitura di gel lavamani in ogni reparto al fine di ridurre il problema delle infezioni in corsia o alla maggiore attenzione nel rispetto della check list in sala operatoria. Tutte buone pratiche che puntano alla qualità e che possono produrre risparmi sia in termini di vite umane che economici. É inoltre fondamentale non nascondere gli errori ma analizzarli e imparare come evitare di ripeterli.
 
 
Luciano Fassari

03 agosto 2012
© Riproduzione riservata

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