Infermieri e 118. Biavati (Snami): “In Emilia Romagna si espropriano competenze che sono dei medici”
Diventa chiaro ed evidente che non si possa trasformare uno stato di necessità nell’ordinaria gestione dell’emergenza e non ci pare corretto nell’interesse del paziente che un intervento protocollato per la salvaguardia delle funzioni vitali divenga totalmente sostitutivo dell’intervento medico non appena questo possibile.
30 OTT -
Di seguito la lettera inviata oggi a tutti i colleghi dal Presidente regionale dello Snami Francesco Biavati.
In questi giorni svariate notizie e comunicati stampa piovono sulle problematiche connesse alle procedure infermieristiche 118 contestate da questa sigla molti mesi fa, ho ritenuto opportuno e doveroso scrivere a tutti voi per colmare le asimmetrie informative tra i Medici iscritti a questo sindacato.
Tanta parte dei comunicati stampa pubblicati sono frutto di banalizzazione, lacune informative e probabilmente anche di mancanza di specifica conoscenza delle problematiche. Ognuno di noi vede il proprio pezzo di attività professionale e mondo, come noi, anche gli altri soggetti coinvolti tendono a generalizzare e pensare che la propria realtà locale corrisponda a quella delle altre parti della regione o della nazione.
Diversi mesi or sono vennero segnalate a questo sindacato, sia da parte di medici che da parte di infermieri della regione diverse procedure adottate da alcune aziende. Tali procedure
venivano segnalate dagli stessi operatori proprio per la loro dubbia rispondenza a quanto previsto dall’articolo 10 del decreto 27 marzo 1992, che riporta:
“Il
personale infermieristico professionale, nello svolgimento del servizio di emergenza, può essere autorizzato a praticare iniezioni per via endovenosa e fleboclisi, nonché a svolgere le altre attività e manovre atte a salvaguardare le funzioni vitali, previste dai protocolli decisi dal medico responsabile del servizio.”
Potrete leggere voi stessi alcune di queste procedure, per rendervi conto dell’effettiva rispondenza della procedura al dettato normativo. In molte medico e infermiere sono considerati equipollenti e alternativi, o interviene uno o l’altro ma non vi è nemmeno indicazione di compiere manovre atte a salvaguardare le funzioni vitali attivando e richiedendo il supporto medico.
Addirittura è stato segnalato che in una specifica area della regione durante gli interventi per arresto cardiocircolatorio, i mezzi infermieristici non fossero tenuti a chiamare il medico e decidessero arbitrariamente la sospensione delle manovre rianimatorie. Rientra questo nella previsione normativa di sostegno delle funzioni vitali?
Svariate procedure inoltre, prevedono l’utilizzo di farmaci che anche secondo la scheda tecnica di immissione in commercio prevedono la diretta somministrazione da parte di un medico, farmaci che spesso anche ai colleghi medici di altri servizi territoriali non riescono ad avere da parte della AUSL.
Si assiste ad una procedurazione che a nostro giudizio in alcune aree era più tesa a vicariare la mancanza di organici medici piuttosto che a garantire l’interesse del soccorso al paziente con un intervento salvavita.
Diventa chiaro ed evidente che non si possa trasformare uno stato di necessità nell’ordinaria gestione dell’emergenza e non ci pare corretto nell’interesse del paziente che un intervento protocollato per la salvaguardia delle funzioni vitali divenga totalmente sostitutivo dell’intervento medico non appena questo possibile.
Questo sindacato non ha mai inteso ne intende generare una guerra interprofessionale, dichiararlo significa non aver compreso le ragioni le motivazioni sottese alle doverose notifiche.
Le segnalazioni che la deontologia obbliga a fare non sono segnalazioni contro gli infermieri. Il messaggio deve essere chiaro a tutti i medici, questo sindacato ritiene che il rispetto delle reciproche prerogative professionali siano alla base di una proficua collaborazione nell’interesse primario del paziente.
Facile per tanti i semplificare queste vicende indirizzando l’attenzione di tutti su guerriglie e attacchi, forse atti a distogliere l’attenzione dalle reali problematiche organizzative.
La posizione che questo sindacato sostiene è profondamente diversa nei suoi principi ispiratori, si può discutere di tutto, si può ragionare delle competenze delle altre professioni sanitarie, si può anche ribaltare completamente un percorso di formazione universitaria, ma tutto questo deve essere stabilito in maniera omogenea, ragionata, concertata, a livello centrale.
Le libere iniziative di una singola azienda o addirittura di un singolo funzionario non possono e non devono modificare e rendere così eterogeneo un sistema di emergenza. In un sistema sanitario nazionale basato sull’equità e sull’universalismo, riteniamo che non sia possibile né opportuno tacere dinnanzi a una così ampia disparità di accesso alle cure da parte dei cittadini in una provincia piuttosto che in un’altra.
Oggi in questo paese, per colpa dell’incapacità di governo del sistema, ci troviamo con decine di migliaia di medici laureati e abilitati che non hanno alcuna possibilità di accesso né al mondo del lavoro né alla formazione per carenza di posti nella formazione specialistica.
Abbiamo accumulato decine di migliaia di medici in possesso tutte le abilitazioni dello Stato per svolgere mansioni che vediamo poi si tenta di attribuire ad altri profili professionali. Costringiamo questi giovani colleghi ad assistere inermi e fuori da contesti normativi all’esproprio di proprie prerogative per le quali hanno faticosamente studiato per sei anni e più. I giovani medici peraltro si vedono bloccati anche da una legislazione che gli vieta di confrontarsi con un leale concorso nel quale dimostrare le proprie capacità.
Comprensibili le legittime aspirazioni di crescita professionale di tutte le professioni sanitarie, tuttavia la sede dove tentare di forzare queste prerogative non sono sicuramente i singoli ambiti territoriali al di fuori di una cornice complessiva di riordino delle professioni. Fino a quando non vi saranno nuove regole andranno rispettate le vigenti.
La nostra impressione è che vi sia a vari livelli uno scenario che compromette la capacità formativa dei medici, il settore dell’emergenza è particolarmente interessato da questo fenomeno, scarseggiano i posti nei corsi di formazione, sono spesso soppressi i corsi di idoneità all’emergenza, vengono arbitrariamente interpretati i contratti di lavoro sia convenzionale che di dipendenza, fiorisce una libera professione selvaggia che pervade questo delicato settore.
Se è vero e anche condivisibile che le cose le deve fare chi le sa fare, è altrettanto vero che dobbiamo combattere per un sistema che consenta ai medici di impararle quelle cose. Oggi più che maidiviene un obbligo morale e professionale smettere di accettare passivamente un impianto formativo che continui a banalizzare l’atto medico e che cerchi di relegare i professionisti alla compilazione dei 730. (Ogni riferimento all’ultima norma sul 730 precompilato è puramente casuale…)
In conclusione cari colleghi, i tempi sono sicuramente problematici, la consapevolezza del ruolo professionale e la formazione di medici eccellenti in ogni ambito non può che essere la strada da perseguire nell’interesse dei cittadini e dei professionisti.
Chi vuole le guerre tra professioni per il gusto di farlo non è parte di questo sindacato, chi invece desidera un miglioramento del sistema attraverso una accurata valorizzazione di ogni profilo nell’ambito delle proprie prerogative professionali rispecchia lo spirito di questa sigla.
Francesco Biavati
Presidente regionale Snami – Emilia Romagna
30 ottobre 2015
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