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30 GIUGNO 2024
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Bimbo con malattia rara rischia la vita. Emilia Romagna stanzia 5 mln per salvarlo con una terapia negli Usa. L’assessore Donini: “Un dovere dare risposte di sanità pubblica”

Il racconto della vicenda a Quotidiano Sanità da Raffaele Donini, assessore alle Politiche per la Salute della Regione che ha approvato una variazione di bilancio per consentire al piccolo di 6 anni, affetto da una malattia perossisomiale che comporta la demielinizzazione cerebrale, di partire, fra qualche giorno, alla volta del Massachusetts, per sottoporsi alla terapia con un farmaco prodotto e commercializzato da una casa farmaceutica statunitense. L’infusione potrebbe assicurare la speranza di allungamento della vita di diversi anni

13 GIU -

Quanto vale una vita umana? Ha davvero un prezzo? Marco (nome di fantasia per proteggerne la privacy) ha 6 anni, due grandi occhi azzurri luminosi, capelli biondi sempre al vento, un sorriso perenne sulle labbra e un’energia incontenibile come hanno solo i bimbi a quell’età, quando il mondo è tutto da scoprire ed è come un grande luna park tutto a tua disposizione. Nuota come un pesce, ha anche vinto una gara di nuoto pochi giorni fa, lasciando indietro i suoi compagni a sbracciarsi per provare inutilmente a raggiungerlo.

È un’esplosione di energia, Marco ha tutta la vita davanti. E invece no. Marco non lo sa, ma tra due anni potrebbe non esserci più. In maniera silenziosa, invisibile come un fantasma, una malattia rarissima, letale, lo accompagna fin dalla nascita, pronta a entrare in scena da un momento all’altro. E quel momento è arrivato.

Già, perché Marco, che vive in Emilia-Romagna con la famiglia, ha una malattia che si manifesta proprio intorno ai 6 anni, comporta la demielinizzazione cerebrale, in altri termini un assottigliamento dello strato che ricopre le fibre nervose, il cui esito è progressivo, rapido, e mortale nel giro di due anni dal momento in cui si manifesta.

Lo hanno scoperto casualmente un anno fa i suoi genitori, indagando su un dettaglio. Lo zio di Marco aveva ricevuto l’esito di un esame a cui si era sottoposto per un fastidio al ginocchio, da cui era risultato positivo alla grande famiglia delle patologie perossisomiali, in forma lieve, senza ricadute significative sulla sua vita.

Ma le malattie perossisomiali possono manifestarsi anche in forme gravissime. Meglio verificare, così mi ha detto suo padre, durante il nostro incontro. E l’esito, purtroppo, è nefasto. Marco ha la patologia nella forma più aggressiva.

Serve una cura. Esisterà? Mentre Marco, ignaro del suo potenziale destino, continua la sua vita piena di gioia e di colori, i genitori sentono medici, ricercatori, scandagliano la rete alla ricerca di ogni minima possibilità, e in due centri specializzati di Parigi e di Milano trovano la stessa indicazione: ci vorrebbe un donatore di cellule staminali ematopoietiche, ma di donatori compatibili non ce ne sono.

Secondo elemento: non ci sono ancora sintomi della malattia, ma all’analisi strumentale iniziano ad evidenziarsi i primi segni di progressione del danno neurologico cerebrale.

Non c’è tempo da perdere insomma. E la strada percorribile è solo una: la terapia con un farmaco prodotto e commercializzato da una casa farmaceutica statunitense. Si tratta di una sola infusione, una sacca del farmaco, una infusione da eseguire però tassativamente nell’ospedale privato della casa farmaceutica nel Massachusetts. L’infusione potrebbe assicurare la speranza di allungamento della vita di diversi anni. Questo dice la letteratura scientifica.

Arriva in Regione Emilia-Romagna la richiesta di supporto economico da parte della famiglia, perché i costi sono altissimi. Per l’infusione e per i giorni di degenza, infatti, ci vogliono 5 milioni di euro.

Cinque milioni di euro, una cifra assolutamente inaffrontabile per la famiglia, per tutte le famiglie, salvo qualche rara eccezione. Convoco una riunione urgente all’assessorato e, naturalmente, indico la volontà di coprire le spese necessarie al trattamento, oltre che quelle per il ricovero.

Si tratta di una malattia rara non compresa tra i Lea, i Livelli essenziali di assistenza, in altri termini non è una spesa che la sanità pubblica è obbligata a coprire. Ma non mi sfiora mai il dubbio che la burocrazia possa prevalere sulla vita di un bambino. E quindi facciamo una variazione di bilancio per riuscire ad assicurare la cifra alla famiglia, che ora può guardare con più serenità al futuro.

Marco a giorni partirà per gli Stati Uniti e, nel frattempo, ci è stato comunicato che c’è un caso analogo al suo e che quello che era un bimbo, oggi è un ragazzo di 17 anni in piena salute, con una vita normale, che ha fatto lo stesso trattamento 13 anni fa. In altre parole, funziona, e funziona molto più a lungo di quel che pensassimo al momento di decidere di stanziare l’ammontare necessario alla cura. In 13 anni la ricerca può fare passi da gigante e, speriamo, trovare anche una cura definitiva.

Ora però è il tempo della chiamata alla responsabilità collettiva e delle scelte politiche. Vogliamo una sanità pubblica o una sanità riservata solo a chi se la può permettere?

La sanità pubblica, che si confronta ogni giorno con le ristrettezze economiche per i tagli a cui è sottoposta, è la stessa sanità che assicura la speranza a una famiglia che non può affrontare cure dai costi inimmaginabili nel privato. Una scelta che rifaremmo altre volte, perché la vita non ha prezzo e perché è la nostra stessa Costituzione che ci chiede di garantire la salute. Un diritto, non un privilegio.

Ora che la ricerca, anche grazie all’avanzata dell’intelligenza artificiale, alle terapie geniche, alla medicina di precisione, sta facendo rapidissimi passi in avanti, si innalzerà vertiginosamente la capacità di individuare diagnosi sempre più puntuali, anche per le malattie rare, e di terapie efficaci, ma costose.

Non dobbiamo quindi farci trovare impreparati a dare risposta in termini di sanità pubblica. Ed è una sfida che si vince solo finanziando la sanità pubblica e universalistica. È una scelta di campo, da fare senza tentennamenti, perché parliamo, letteralmente, del destino della vita delle persone. Una sanità che non meriterebbe tutta questa fatica nel chiudere i propri bilanci in pareggio, dovrebbe essere la priorità dello Stato, al di là del colore politico dei Governi che ci sono e ci saranno.

Intanto in Emilia - Romagna le cure innovative ci sono e vengono erogate anche se ogni anno si aumenta la spesa farmaceutica e di dispositivi medici di almeno duecento milioni. E se fossimo nuovamente di fronte alla scelta, per i nostri concittadini, di farci carico di reperire farmaci salvavita anche oltre oceano, lo faremmo senza indugio.

Certamente chiederemo ancora ad Aifa di poter attingere al fondo per i farmaci per le malattie rare. La prima risposta è stata negativa, ma non disperiamo. Sicuramente ci batteremo per un sistema che non sia messo sotto scacco da parte delle grandi industrie farmaceutiche.

Sicuramente faremo tutto questo, ma per prima cosa quel bambino deve poter prendere l’aereo per gli Stati Uniti. Ha un appuntamento con la vita.


Raffaele Donini
Assessore alle Politiche per la Salute, Regione Emilia-Romagna



13 giugno 2024
© Riproduzione riservata

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