Malattie rare. Il 28 febbraio la Giornata mondiale. “In Italia 2 mln di persone colpite”
La Società di neurologia: “Oltre il 50% di queste patologie ha una componente neurologica, il 25% dei pazienti italiani attende da 5 a 30 anni per ricevere conferma di una diagnosi”. Avis: “La donazione di emocomponenti è alla base di tanti risultati importanti”.
25 FEB - Domenica 28 febbraio ricorre la Giornata delle malattie rare, una data particolarmente significativa che, dal 2008, contribuisce a mantenere alta l’attenzione su questo tema e, come recita lo slogan scelto da UNIAMO (Federazione delle Associazioni di Persone con Malattie Rare d’Italia) ad “accendere la luce” su tali patologie.
“In questo anno in cui la Pandemia da COVID-19 ha colpito tutto il mondo – ha dichiarato il Prof.
Antonio Federico, già Direttore della Clinica Neurologica di Siena e professore emerito presso questa università - i pazienti con malattie neurologiche rare si sono trovati ad avere maggiori difficoltà nella continuità assistenziale, dal momento che hanno interrotto gli accessi in ospedale per proteggersi dalla possibile infezione del virus, limitando i controlli periodici e la riabilitazione, essenziale per limitare i danni di molte patologie e migliorare la autosufficienza, e anche le terapie, alcune delle quali necessitano di una somministrazione ospedaliera. Il lockdown e la limitazione dei contatti hanno inoltre contribuito a peggiorare alcuni aspetti psicologici di questi pazienti”.
“Come hanno fatto le ERNs (European References Networks) e altre istituzioni neurologiche internazionali, anche la Società Italiana di Neurologia – ha dichiarato il Prof.
Gioacchino Tedeschi, Presidente della Società Italiana di Neurologia - è stata attiva nel promuovere lo sviluppo di modalità telematiche di assistenza come il teleconsulto, sia attraverso la costituzione di un Gruppo di Studio di Telemedicina, sia attraverso numerosi articoli pubblicati sulla rivista Neurological Sciences, organo della SIN, che ha proposto a livello internazionale modelli di valutazione a distanza dei pazienti”.
La Neurologia ha un ruolo fondamentale nella cura delle Malattie Rare, dal momento che esse rappresentano più del 50% delle oltre 6000 malattie classificate in questo gruppo.
“Nell’intero percorso diagnostico e terapeutico – ha commentato il Prof. GioacchinoTedeschi, - il neurologo rappresenta il primo interlocutore valido per tutte le malattie neurologiche rare. Inoltre, un numero enorme di queste patologie sono così rare da richiedere spesso un approccio multidisciplinare. Per questo motivo, diventa sempre più importante condividere le informazioni, facendo networking tra tutti i centri specializzati, le istituzioni, i medici e i ricercatori, al fine di garantire al paziente un’organizzazione assistenziale efficiente e adeguate possibilità terapeutiche”.
Il 25% dei pazienti rari nel nostro Paese attende da 5 a 30 anni per ricevere conferma di una diagnosi; 1 su 3 è costretto a spostarsi in un’altra Regione per ricevere quella esatta. Convivere con una patologia rara rappresenta ogni giorno una sfida ed è quindi fondamentale ricevere il sostegno della propria comunità scientifica, soprattutto nel difficile passaggio del paziente dall’età pediatrica a quella adulta che può provocare alcune lacune nella diagnosi della malattia
La Società Italiana di Neurologia, con il suo gruppo di Studio Neurogenetica Clinica e Malattie Rare rappresenta un importante punto di riferimento a livello nazionale. Molti neurologi italiani hanno una attiva presenza all’interno delle varie Reti Europee di Eccellenza per le Malattie Neurologiche Rare (demenze fronto-temporali, atassie e paraparesi spastiche, coree, parkinsonismi rari, leucodistrofie), per le Malattie Neuromuscolari Rare e per le Epilessie Rare. A livello della Società Europea di Neurologia, due neurologi italiani hanno un ruolo di Coordinatori (Il Prof. G. Piazzi di Bologna e A. Federico di Siena) e la Federazione Mondiale di Neurologia, che riunisce i neurologi di tutto il mondo e che quest’anno avrà il suo Convegno biennale a Roma (3-7 ottobre), ha da poco attivato un Gruppo sulle Malattie Neurologiche Rare, affidando il coordinamento al Prof. Federico.
“La donazione di emocomponenti è alla base di tanti risultati importanti che la ricerca ha raggiunto nel corso degli anni per curare le malattie rare – spiega il presidente,
Gianpietro Briola – molte di origine ematica, come l’emofilia e la beta talassemia”.
“L’apporto – prosegue - di oltre un milione e 200mila donatori riuniti sotto il simbolo della nostra associazione e di tutti coloro che compiono questa scelta volontaria e non remunerata permette non solo a tanti pazienti di beneficiare di trasfusioni salvavita, ma anche di produrre farmaci plasmaderivati per il trattamento di patologie rare come le immunodeficienze primitive o la congiuntivite lignea. Ecco perché, in occasione del 28 febbraio, è importante ribadire quanto sia prezioso il nostro impegno al fianco di chi studia e lavora per fornire nuove possibilità di cura a tanti pazienti, pediatrici e adulti, e garantire a tutti una migliore qualità della vita e possibilità di godere della serenità dei gesti quotidiani”
Secondo i dati ufficiali del
Rapporto MonitoRare 2020, in Italia sono circa 2 milioni le persone colpite da una di queste forme (di cui una su 5 è un bambino), che diventano quasi 300 milioni in tutto il mondo. “Orfano” è lo status che viene attribuito a quei farmaci per i quali si punta a favorirne lo sviluppo e la ricerca poiché necessari a curare una determinata patologia generalmente rara. Uno sviluppo che viene incentivato nonostante il costo non sia remunerativo per chi lo produce, cioè le aziende farmaceutiche.
A fine 2018, in base al Rapporto, il numero di medicinali di questo tipo complessivamente disponibili in Italia era di 1091, di cui 135 autorizzati dall’EMA (l’Agenzia europea per i medicinali). Le nuove autorizzazioni da parte di AIFA (l’Agenzia italiana del farmaco) nel corso del 2018 sono state 17, in leggera crescita rispetto al dato medio del triennio 2015-2017 (quando furono 15). In aumento del 43,5% i consumi così come la spesa, che è passata da 1.060 milioni di euro del 2014 a 1.781 del 2018: un dato da cui è conseguita una salita dell’incidenza della spesa per i farmaci orfani sul totale di quella farmaceutica dal 5,3% all’8,1%.
25 febbraio 2021
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