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Trasfusione a testimone di Geova contro la sua volontà. Medico condannato a Tivoli


Il fatto risale al 2013 quando il medico, nonostante le volontà espresse dalla paziente nelle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT), sottopone la paziente, in fin di vita, a quattro trasfusioni di sangue. “La condanna del Tribunale di Tivoli - commenta  una nota dei Testimoni di Geova - conferma la centralità del diritto all’autodeterminazione terapeutica sancito dall’art. 32 della Costituzione e ribadito dalla recente legge 219/2017”.

05 OTT - Condannato a due mesi di reclusione (pena sospesa) un medico che nel 2013, a Tivoli, aveva sottoposto una paziente trentaseienne Testimone di Geova a trasfusione contro la sua volontà. “Accogliamo con soddisfazione questa decisione”, commenta una nota dei Testimoni di Geova ripresa dall’Agenzia Dire.

“Nel 2013 Michela - si legge nella nota – una giovane donna di Montelanico (RM), viene trasferita d’urgenza all’ospedale di Tivoli per una grave insufficienza respiratoria. Per facilitare le terapie, la donna viene subito messa in coma farmacologico. Le volontà della paziente sono comunque indicate chiaramente nelle sue Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT) e vengono confermate dall’amministratore di sostegno da lei preventivamente designato e nominato dal Giudice Tutelare con il precipuo potere di far rispettare la volonta’ di Michela di non essere sottoposta a emotrasfusioni. La donna accetta volentieri ogni terapia all’infuori delle trasfusioni di sangue”.

Il medico, però, a un certo punto ha deciso di procedere con quattro trasfusioni di sangue, “nonostante la paziente fosse in fase terminale, come si evinceva dai dati clinici a disposizione dei sanitari. Subito dopo l’ultima trasfusione, infatti, Michela viene a mancare".

La condanna del Tribunale di Tivoli, per i Testimoni di Geova, "conferma la centralità del diritto all’autodeterminazione terapeutica sancito dall’art. 32 della Costituzione e ribadito dalla recente legge 219/2017. Ma fa di più: chiarisce che, anche se il paziente e’ incosciente, trascurare le sue volontà espresse tramite DAT e oltretutto ribadite dall’amministratore di sostegno appositamente nominato dal Giudice Tutelare espone il medico a una condanna penale”.

“Accogliamo con soddisfazione questa decisione, che è destinata a fare giurisprudenza”, commentano gli avvocati della famiglia di Michela. “Desideriamo ringraziare il Tribunale, in quanto nonostante il notevole carico di lavoro e la carenza di organico si e’ riusciti ad ottenere una sentenza prima del 4 ottobre, data in cui sarebbe maturata la prescrizione del reato”.

05 ottobre 2020
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