Scaccabarozzi (Farmindustria): "Se non si rilancia la crescita, inutile sanare i conti con le manovre"
Alle parole del presidente di Farmindustria fanno eco quelle del presidente di Assobiotec, Alessandro Sidoli, che ricorda il valore delle imprese del settore in termini di innovazione, impresa ed occupazione. Ma secondo Sidoli, occorre anche puntare su modelli di partnership tra pubblico e privato.
22 SET - Sostenere la ricerca per rilanciare l’economia del Paese, stimolare la competitività e la capacità di attrarre fondi esteri da parte delle sue aziende. Ma anche puntare su modelli di partnership tra pubblico e privato. Questa la ricetta proposta oggi a Roma dagli esponenti del mondo dell'industria e della ricerca scientifica in occasione di un incontro organizzato da Abbott, in collaborazione con Assobiotec, su “Le nuove frontiere della Ricerca per una Partnership in Italia”.
Proprio riguardo gli ultimi tagli relativi alla manovra economica estiva è interventuto il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, sottolineando come “i sacrifici per il settore sono costati 800 milioni in meno nel nostro bancomat”. “La situazione di crisi economica vissuta dal Paese – ha aggiunto Scaccabarozzi - rischia di aprire una spirale di manovre correttive. Dobbiamo cercare di uscire da questa fase negativa. È corretto risanare la finanza pubblica, ma è anche corretto rilanciare la crescita, altrimenti è una processo senza via d’uscita”. Proprio in quanto rappresentate di quel settore industriale, che in Italia rappresenta “crescita, export, e un notevole contributo alla finanza pubblica”, Scaccabarozzi ha parlato del “bisogno” di un quadro normativo fatto di regole “certe e stabili”, di tempi di pagamento “accettabili” e di misure che consentano di progettare piani industriali di sviluppo. “È da questi fattori – ha concluso il presidente di Farmindustria – che dipende la capacità attrattiva del Paese sui capitali esteri”.
Anche per il presidente di Assobiotec, Alessandro Sidoli, l’Italia ha un’industria capace di produrre “innovazione, impresa ed occupazione. Un’industria che nei prossimi anni sarà destinata a sostenere il rilancio competitivo del Paese: il biotech”. Sidoli ha sottolineato i buoni risultati fatti registrare a livello internazionale dalle nostre aziende, che hanno reso l’Italia il terzo paese in Europa per numero di imprese ‘pure biotech’ . Il presidente di Assobiotec è quindi tornato ad evidenziale l’importanza di trovare nuovi modelli di partnership, poiché “aumentare le possibilità di incontro tra i diversi players significa costruire occasioni concrete che permettano alle piccole imprese innovative di mettersi in gioco in ambiziose collaborazioni con le grandi imprese del farmaco. Questo modello di collaborazione – ha concluso - trova espressione principalmente in progetti di alto valore etico, tesi allo sviluppo di nuovi prodotti diagnostici o terapeutici mirati a dare risposta a medical needs irrisolti”.
Un ruolo importante sotto questo profilo è anche quello che verrà svolto dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). È stato il direttore del centro studi dell’Aifa, Paolo Siviero, a spiegare come la stessa Agenzia possa incentivare queste partnership pubblico-privato, da una parte “capendo le innovazioni e quindi riuscendo ad attribuirgli il loro giusto valore”, e dall’altra “riuscendo a rendere effettivamente disponibili al pubblico queste innovazioni”. Siviero ha poi proposto di studiare sin dall’origine i percorsi dei farmaci innovativi insieme alle aziende, in modo da poter poi avere anche maggiori garanzie sulla tempistica.
Dai rappresentanti delle Istituzioni presenti, infine, sono giunti giudizi di condivisione riguardo le problematiche illustrate e le soluzioni prospettate. Ma, mentre da una parte
Stefano De Lillo, membro della Commissione Sanità del Senato, è tornato a porre l’accento sulla necessità di razionalizzare le risorse e incentivare la lotta agli sprechi, in modo da recuperare risorse da poter poi investire in ricerca e sviluppo, dall’altra il
sub commissario alla Sanità della Regione Lazio, Giuseppe Spata, è sembrato ben più pessimista sulle reali possibilità di riuscire a gestire in maniera più oculata le risorse disponibili, e soprattutto sulla possibilità di far diffondere nel Paese “quella cultura dell’investimento nella ricerca, e quindi nel futuro, che evidentemente manca del tutto nel Dna del nostro Paese”.
G.R.
22 settembre 2011
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