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Donne over 65: un’alleanza contro le fratture del femore


Cinque società scientifiche rappresentative di tutti i professionisti di riferimento nell’ambito delle malattie metaboliche dell’osso si fanno promotrici di un progetto educazionale – “Stop alle fratture” – destinato a sensibilizzare le donne dai 65 anni di età in poi, sulle conseguenze dell’osteoporosi e sulla necessità di seguire attentamente i consigli e le indicazioni degli specialisti.

18 MAG - Ogni anno in Italia si registrano 94.000 ricoveri per fratture di femore nella sola popolazione over 65 anni e, in 8 casi su 10 (78%), si tratta di donne. Si tratta di cifre destinate purtroppo ad aumentare negli anni a venire, per effetto dell’invecchiamento della popolazione, incidendo in negativo sia sulla qualità di vita delle pazienti interessate, sia sulla sostenibilità del nostro Servizio sanitario nazionale. Va tenuto presente a questo proposito che nella quasi totalità queste donne vengono ricoverate in ospedale e operate. E i costi sociali correlati alle fratture di femore, diretti e indiretti, arrivano a superare il miliardo di euro all’anno.
L’allarme giunge da cinque Società scientifiche che rappresentano globalmente gli specialisti di riferimento nell’ambito delle malattie metaboliche dell’osso: la SIOMMMS (Società italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo minerale e delle Malattie dello scheletro), la SIOT (Società italiana di Ortopedia e Traumatologia), la SIR (Società italiana di Reumatologia), la ORTOMED (Società italiana di Ortopedia e Medicina) e il GISOOS (Gruppo italiano di studio in Ortopedia dell’osteoporosi severa) che, oggi, hanno lanciato un importante iniziativa.
Si tratta del progetto educazionale integrato “Stop alle fratture” che si rivolge in particolare alle donne dai 65 anni d’età in poi con una frattura di femore pregressa, per sensibilizzarle sui rischi derivanti da una possibile ri-frattura, e offrendo loro, gratuitamente, la possibilità di parlarne con uno specialista.
Com’è stato ricordato nel corso della presentazione dell’iniziativa, nella popolazione femminile italiana il 64% di tutte le fratture di femore sono avvenute in soggetti affetti da osteoporosi e, conseguente, da fragilità ossea, senza contare che viene spesso sottovalutato il fatto che nel 70% dei casi, la frattura al femore è anche campanello d’allarme di fratture vertebrali non diagnosticate.
Questa tipologia di fratture, come ha ricordato Maria Luisa Brandi, direttore esecutivo della ORTOMED, è diretta conseguenza della fragilità ossea causata dall’osteoporosi che rende le ossa fragili: l’intervento chirurgico agisce soltanto in loco mentre la fragilità dell’osso rende possibili nuovi incidenti. A questo si aggiungano le conseguenze cliniche degli interventi – ne ha riferito Marco d’Imporzano, presidente SIOT – che richiedono periodi di immobilità prolungati e non salvaguardano dal rischio elevato di invalidità, con perdita parziale o totale dell’autonomia nelle comuni attività della vita quotidiana. Senza contare che, come ha sottolineato Salvatore Minisola, presidente SIOMMMS, dopo i 50 anni il rischio di morte per una donna a causa delle conseguenze di una frattura di femore è equivalente a quello del cancro al seno. E addirittura quattro volte maggiore del rischio di cancro all’endometrio.
Un quadro quindi assai poco confortante, nel quale trovano posto anche le altre patologie associate allo sviluppo dell’osteoporosi e delle fratture, come quelle malattie reumatiche (in particolare, l’artrite reumatoide). Ma – ha aggiunto Minisola – “C’è ormai evidenza di un’aumentata incidenza di osteoporosi e fratture da fragilità ossea anche in chi sia affetto da lupus eritematoso sistemico, spondilite anchilosante e sclerodermia”.
Sono perciò quanto mai necessari interventi di natura preventiva che possano informare correttamente le pazienti in target sui rischi legati alla ri-frattura. Ma anche – lo ha ricordato Umberto Tarantino, presidente del GISOOS – la definizione di “un percorso diagnostico-terapeutico per i soggetti con frattura da fragilità, in cui vi sia condivisione sia delle indagini diagnostiche da effettuare, prima tra tutti la RX rachide, sia di quali terapie farmacologiche utilizzare. Un percorso nel quale l’ortopedico deve far parte di un team multidisciplinare che garantisca un percorso mirato, basato su una sinergia stabile tra le diverse specialità favorendo la nascita delle Fragility Fractures Units”.
 

18 maggio 2011
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