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Terapie: la "disobbedienza" del paziente costa cara


La carente aderenza del paziente alle terapie incide sulla loro efficacia ma anche sulla tenuta del sistema sanitario. Questo il tema di una giornata di studi promossa a Roma da AboutPharma che ha chiamato a confrontarsi esperti, ricercatori, medici, farmacisti e responsabili del Servizio sanitario nazionale.

02 MAR - Costi e bisogni. Sono i due corni del dilemma entro i quali si dibatte da tempo il nostro sistema sanitario: una difficile equazione nella quale giocano una parte rilevante numerose variabili. Una di queste è quella dell'aderenza alle terapie da parte del paziente, essenziale per ottenere i benefici che la cura si propone e indispensabile nel caso delle patologie croniche, cardiovascolari o metaboliche che siano. A questa specifica tematica ha dedicato una giornata di lavori AboutPharma: l'iniziativa, tenutasi ieri a Roma, è stata patrocinata dalla Fiaso (la Federazione delle Aziende sanitarie e ospedaliere) e dalla Sifo (la Società italiana di farmacia ospedaliera), con il contributo di Takeda Italia Farmaceutici.
Esperti, direttori generali, clinici e ricercatori si sono così confrontati cercando di sciogliere il nodo gordiano di alcuni interrogativi: quanto e come l'aderenza alla terapia da parte del paziente condiziona l'efficacia della cura? Che ruolo giocano, sull'atteggiamento del paziente, la capacità comunicativa del medico e/o i vincoli a cui deve soggiacere un sistema sanitario sempre più a secco di risorse? Da una carente compliance del paziente derivano conseguenze negative – sul piano economico soprattutto – per il servizio sanitario?
La quadratura del cerchio non è però apparsa facile: data per certa l'influenza dell'aderenza alle terapie sulle sorti del sistema sanitario, resta da individuare attraverso quali strumenti i medici – ma anche gli altri operatori sanitari e l'intero sistema – possano coinvolgere il paziente in un "circuito virtuoso" che, partendo dall'attività di prevenzione, giunga fino al trattamento – efficace anche se non risolutivo – della patologia cronica.
La prima sessione del convegno, aperta dall'intervento di Pierluigi Russo, dirigente del Coordinamento attività di supporto alle Regioni dell'Aifa, è stata così occasione per dibattere sui risultati di studi, indagini e data base quali, ad esempio l'Osservatorio Arno (ne ha parlato Marisa De Rosa, direttrice del Dipartimento sistemi informativi e servizi per la sanità del Cineca) ma anche per individuare quali debbano essere le basi da cui studi e indagini devono partire per consentire al medico un'operatività efficace nei confronti della patologia e, di conseguenza, capace anche di produrre risultati positivi per il sistema.
Il tema è stato oggetto dell'intervento di Luca degli Esposti, presidente della Clicon, che si è soffermato in particolare sull'importanza di un'appropriata programmazione che non solo abbia come obiettivo il controllo della gestione, ma sappia anche coniugare le necessità degli operatori e dei pazienti. Magari valutando l'efficacia delle terapie non soltanto in base al costo di un singolo elemento, quale ad esempio il farmaco utilizzato, ma piuttosto in base al costo/paziente complessivo.
Che oggetto del contendere sia stato però l'impatto complessivo del fenomeno sulla tenuta del sistema, è emerso chiaramente dalla tavola rotonda – moderata da Walter Ricciardi direttore dell'Osservatorio nazionale per la Salute nelle regioni italiane e dell'Istituto d'Igiene della Cattolica di Roma) che ha concluso l'incontro romano. In quest'ambito amministratori pubblici – Giovanni Barbagli, presidente dell'Agenzia sanitaria della Toscana, Massimo Fabi, direttore generale dell'Asl Parma e coordinatore Fiaso Emilia Romagna – e rappresentanti dei medici – Ovidio Brignoli, vicepresidente della Società italiana di medicina generale, Francesco Fedele, direttore della prima scuola di Cardiologia dell'Università La Sapienza di Roma, Claudio Borghi, ordinario di Medicina interna del Sant'Orsola-Malpighi di Bologna – e dei farmacisti – Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani, Andrea Messori, vicepresidente della Sifo – hanno potuto dibattere sulla validità ma anche sull'appropriatezza degli strumenti e delle scelte strategiche e di programmazione adottate per conciliare le esigenze del servizio sanitario con quelle dei medici e, di conseguenza, dei pazienti.
Un'occasione per ribadire – da parte dei medici – la richiesta di una loro maggiore presenza nel momento decisionale. Richiesta alla quale alcune esperienze gestionali (non va dimenticata, né trascurata, la frammentazione del servizio sanitario conseguente al processo federalista) hanno risposto positivamente. Ma è emersa anche la necessità di un intervento globale sul paziente al quale devono collaborare – in particolare per quanto riguarda il territorio – anche altre figure professionali come gli infermieri e i farmacisti. Questi ultimi, lo ha ribadito Mandelli, sono pronti a dare il loro contributo attraverso l'avvio – resta da attendere l'ufficializzazione dei decreti ministeriali attuativi della legge 69/2010 – della farmacia dei servizi: un'occasione per "stringere un patto" con i medici di famiglia, "per essere più vicini al paziente, incidere positivamente sul controllo della spesa ed essere di beneficio al cittadino".

02 marzo 2011
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