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Eterologa. Tar Veneto annulla il limite di 43 anni: “Viola i principi di uguaglianza, diritto alla genitorialità e alla salute”


Accolto il ricorso di una coppia che contestava il limite di età imposto da una delibera regionale. Visto che - dopo la sentenza della Consulta n. 162/2014 - la disciplina dell'omologa può trovare applicazione anche per l'eterologa, per il Tar l'intervento della Regione "si pone in evidente contrasto con la normativa statale" che non fa distinzioni di età. LA SENTENZA

08 MAG - Stop al limite di età di 43 anni per la donna per poter accedere alla fecondazione eterologa. E' quanto ha stabilito il Tar Veneto con una sentenza che - accogliendo il ricorso di una coppia - ha annullato la delibera regionale che recepiva il documento approvato lo scorso 4 novembre dalla Conferenza Stato Regioni contenente le linee guida da seguire a livello nazionale per la fecondazione eterologa.
 
Nella delibera regionale si poneva però una distinzione tra le due tecniche di fecondazione, laddove veniva precisanto che “per quanto attiene alla fecondazione omologa viene confermato quanto già previsto dalla DGR n. 822 del 4 giugno 2011”. I giudici amministrativi, nel dispositivo, hanno spiegato che il documento elaborato dalla Conferenza non rappresenta un atto amministrativo, ed infatti non tutte le Regioni si sono uniformate alla proposta. Proprio in ordine all’età della donna, infatti, alcune Regioni hanno applicato il limite di 43 anni senza operare distinzioni (ad es. Piemonte, Emilia Romagna), altre hanno ritenuto di estendere ad entrambe il limite di età sino a 50 anni (Friuli Venezia Giulia).
Nel documento approvato in Stato Regioni, nell’affrontare il profilo dei requisiti soggettivi, viene espressamente richiamato quanto stabilito dall’art. 5 della legge 40/2004, facendo leva sull’ “età potenzialmente fertile” dei soggetti. Allo stesso tempo, viene dato atto che tale riferimento all’età fertile, secondo lo studio effettuato dalla comunità scientifica, deve tenere conto delle complicanze e dei pericoli che possono sopravvenire in una gravidanza in età eccessivamente avanzata, da cui il suggerimento di sconsigliare comunque la pratica eterologa su donne di età superiore a 50 anni.
 
Con la pronuncia della Corte Costituzionale, n. 162/2014, che ha dichiarato incostituzionale il divieto di fecondazione assistita di tipo eterologo, era stato sancito che la disciplina dell’omologa può trovare applicazione anche per l’eterologa. "La riconosciuta assenza di un vuoto normativo, colmato dalla presenza di una normativa statale applicabile anche alla fecondazione eterologa, in quanto analoga, pur se con differenze oggettive proprie della sua specificità, a quella omologa - si spiega nella sentenza - deve indurre a ritenere valide anche per tale tecnica le regole di principio già dettate dal legislatore nazionale. Orbene, per quanto riguarda l’età della donna, la norma nazionale non dà indicazione precisa, ma fa riferimento all’età potenzialmente fertile, che quindi deve valere per entrambe le ipotesi. L'intervento della Regione si pone in evidente contrasto sia con la normativa statale (che non fa distinzioni), sia con i principi generali di eguaglianza, così come ricordati dalla stessa Corte Costituzionale proprio in occasione dell’affermata analogia delle due tecniche procreative assistite".

Per questi motivi il Collegio ha accolto "il ricorso proposto avverso la delibera impugnata in quanto viziata per violazione dei principi costituzionali di eguaglianza, nonché del diritto alla genitorialità ed alla salute, disponendone l’annullamento nella parte in cui ha ritenuto di applicare solo nel caso della PMA eterologa il limite di età di 43 anni per la donna". 

08 maggio 2015
© Riproduzione riservata

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