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Sostenibilità Ssn. Spandonaro: “Pdta? Non è detto che facciano risparmiare”


Però servono a “coordinare il percorso diagnostico, a definire i ruoli e ad aumentare la customer satisfaction, unico indicatore del nostro Ssn sempre in negativo” Così l’economista, Federico Spandonaro, nel corso del convegno dal titolo Pdta e costi standard come strumenti di governance e di stimolo per migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi sanitari.

04 NOV - “Attualmente vivo una fase di allergia verso quelle cose che in sanità diventano delle mode e che come tali spesso mancano di approfondimento”. Così Federico Spandonaro, economista dell’Università Tor Vergata di Roma, definisce i Pdta e i costi Standard che considera “delle sovrastrutture all’interno di un sistema complesso e che invece avrebbe bisogno di maggiore linearità”.
 
L’economista sanitario, durante il convegno organizzato dall’Istituto superiore di studi sanitari dal titolo Pdta e costi standard come strumenti di governance e di stimolo per migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi sanitari è stato chiamato a spiegare come si coniugano i Pdta e i costi standard. Il primo problema per Spandonaro è la definizione dei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali. Una buona descrizione potrebbe essere “tentativo di applicare le linee guida in un contesto reale”. Ma le domande sui Pdta non si esauriscono, infatti, si è chiesto Spandonaro, “a che livello ha senso porli? Poco a livello nazionale. Maggiore a livello ragionale, “perché quello è un livello organizzativo”, certamente a livello aziendale “perché lì ci si misura con le risorse disponibili”.
 
Ancora domande, chi definisce il Pdta? “Il clinico e più in generale il professionista sanitario che interpreta le linee guida, ma anche il management regionale e aziendale che dispone l’organizzazione”. Infine, per concludere il suo ragionamento su questi strumenti Spandonaro si è chiesto a cosa servono e la risposta è “a coordinare il percorso diagnostico, a definire i ruoli, ad aumentare la customer satisfaction unico indicatore del nostro Ssn sempre in negativo”.
 
Passando ad analizzare i costi standard, Spandonaro ha detto che questi possono essere definiti come “un costo efficiente per produrre qualcosa”. Il problema “sul quale ci siamo avvitati” è che “dobbiamo chiederci se per avere un costo standard, essere unico ed efficiente, possiamo standardizzare la sanità. Siamo passati dalla velleità dei costi standard bottom-up al realismo dell’approccio top-down. Ma questo non è più un costo bensì un finanziamento standard, fallito anch’esso”.
 
In conclusione “quello che serve davvero è la capacità di valutare se l’assistenza è prestata in modo appropriato. Perché il problema è antico, quello dell’appropriatezza organizzativa. Il legame tra Pdta e costi standard c’è, ma è relativamente labile. E alla fine non è detto che i Pdta facciano risparmiare”.
 
Questa la testimonianza per così dire “tecnica” sul tema. I legislatori invece ovvero Emilia Grazia De Biasi, senatrice del Pd e presidente della Commissioni Igiene e Sanità e la deputata Paola Binetti, PI, si sono espresse in termini più politici. “Il tema come sempre in sanità è caldo” ha esordito Emilia Grazia De Biasi convinta che la domanda vera parlando di sostenibilità sia “quale sanità vogliamo? Abbiamo un buon sistema ma la sostenibilità risulta difficile se continuano le differenza tra Nord e e Sud del Paese”. Differenza che si sostanzia oltre che per i piani di rientro anche sul tema della sicurezza, delle capacità e della qualità di servizi offerti”. La spesa dove si aggredisce? Un’idea la presidente della Commissione Sanità di Palazzo Madama ce l’ha: “Con forti dosi di innovazione tecnologica perché il sistema cresce se cresce l’innovazione. Ma per fare questo – ha aggiunto De Biasi – serve che le regioni collaborino tra loro e con il Mef. Allo Stato il ruolo di armonizzare la spesa e non ampliarla”.
 
Poi la senatrice è passata ad elencare le necessità in materia di sostenibilità “ridefinire il nomenclatore” ma anche “aggiornare i Lea che altrimenti rischiano di essere un ferro vecchio”. Poi attenzione alla integrazione socio-sanitaria “non è possibile che l’autosufficienza sia gestita dal ministero del Lavoro. Non è così che si fa welfare”. Il ragionamento di De Biasi ha riguardato anche i costi standard “che sono strumento politico ed è necessario che lo Stato attui politiche di perequazione tra regioni. Perché le regioni più deboli non possono offrire sanità residuale”. Infine le professioni sanitarie “dobbiamo darne una definizione chiara per aiutare i professionisti seri che non possono subire la gogna dell’abusivismo”.
 
La deputata Paola Binetti ha tracciato una mappa, un tratto lineare in cui c’è tutto quello che offre il Ssn. “C’è la diagnosi, la terapia, l’assistenza e il sociale. Ma ogni voce ha un costo. E i costi standard possono aiutare a mettere a punto la qualità e l’efficienza in relazione alla dimensione economica”. Ma attenzione, è il monito di Binetti, “i costi possono essere compressi fino ad un certo punto, dopo si rischia la perdita di qualità. In sanità o si tengono insieme tutti gli elementi o non si tiene il sistema che va a peggiorare sotto il profilo assistenziale”.
 
“Insomma potremmo dire che Pdta a costi standard tra luci e ombre –  ha concluso Augusto Panà, presidente del comitato scientifico Istituto superiore di studi sanitari. Il problema è complesso ma si possono trarre auspici interessanti. Il primo, riorganizzare l’assistenza a partire dalle Case della Salute. La seconda conoscere meglio i costi per eliminare gli sprechi e i Pdta possono aiutare. Infine importate il coinvolgimento dei cittadini senza i quali gli obiettivi difficilmente vengono raggiunti”. 

04 novembre 2014
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