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Salute mentale. Dal movimento 'Le parole ritrovate' una proposta di legge per riforma servizi


Il testo si propone di rendere i centri di salute mentale "luoghi accoglienti e colorati". La novità principale riguarda l'introduzione delle figure degli "utenti familiari esperti" che dovrebbero "essere 1 unità ogni 20.000 residenti".

13 MAG - Una proposta di legge di iniziativa popolare per “valorizzare la partecipazione attiva di utenti, familiari, operatori e cittadini nei servizi di salute mentale e per garantire buone cure in tutta Italia”. A scrivere il testo è stata l'associazione “Le Parole ritrovate”, che è pronta a raccogliere le 50.000 firme necessarie in tutta Italia con il motto “Tutti pazzi per la 181”. La proposta di legge è stata presentata stamane alla stampa a Roma presso la sede dell’Unicef.

Nel testo si rivendica soprattutto la necessità di “rendere i servizi di salute mentale luoghi accoglienti e colorati – spiega una nota - E basterebbe poco per renderli tali: poltroncine colorate, quadri alle pareti, foto e disegni. Queste cose li renderebbero posti migliori nei quali tutti possano sentirsi meglio. Ovviamente, non è sufficiente colorare quattro mura per alzare la qualità della salute mentale in Italia. Un aspetto innovativo introdotto dalla legge sono gli Ufe, ovvero ‘Utenti Familiari Esperti’. Si parte dal presupposto che, oltre al sapere degli operatori, sia indispensabile il sapere esperienziale di utenti e familiari, che possono mettere al servizio degli altri le loro esperienze vissute in prima persona”.

La proposta di legge nasce quindi con l’intento di costruire un vero e proprio modello che si traduca in una parola:" fareassieme. Un concentrato di buone pratiche ed esperienze concrete virtuose che sono state raccolte in questa proposta di legge, composta da 19 articoli, e che vengono quindi messe a disposizione della salute mentale italiana affinché da Bolzano a Palermo tutti i pazienti dei servizi possano avere cure uguali e dignitose”.
 
All’interno del testo vengono anche elaborati degli indirizzi in tema di finanziamento, personale, qualità e formazione. L’idea è che ogni azienda sanitaria copra i costi di funzionamento del pèroprio Dsm “e destini una quota del proprio bilancio non inferiore al 4%. Ogni Dsm è organizzato per centri di costo. I fondi destinati alle attività ospedaliere e residenziali non possono superare il 50% del bilancio del dipartimento. Le prestazioni sono prodotte direttamente o coprodotte o prodotte da soggetti terzi. Il Dsm privilegia le coproduzioni che prevedono l’impiego di utenti familiari ed esperti o loro associazioni rappresentative”. L’iniziativa fornisce anche indicazioni precise sulla dotazione di personale dei Dsm che deve essere di “almeno 1 unità ogni 1500 residenti nel territorio di riferimento”. Gli utenti e i familiari esperti, invece, devono essere presenti “in ragione di 1 unità ogni 20.000 residenti”. Essi vanno “individuati secondo modalità stabilite dalle Consulte”.  
 

13 maggio 2013
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