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Mortalità materna. In Italia è bassa ma sarebbe possibile ridurla di un altro 50%

di Laura Berardi

Ce lo spiega Serena Donati dell'Iss che abbiamo incontrato al Congresso Figo 2012 dove ha parlato del nuovo progetto pilota di sorveglianza. Obiettivo: fornire il giusto sostegno ai professionisti sanitari. Con uno strumento in più: il sistema di monitoraggio della mortalità materna finanziato dal Ministero della Salute.

10 OTT - A livello mondiale è un problema grave, tanto che ridurla è uno degli Obiettivi del Millennio individuati dall'Oms. In Italia la mortalità materna non è però a livelli allarmanti, presentando dati in linea con quelli degli altri paesi europei, ma secondo gli esperti circa il 50% delle morti materne sarebbero evitabili. 
 
“Ecco perché il Ministero ha deciso di finanziare un progetto pilota di sorveglianza della mortalità materna sul quale si è iniziato a lavorare lo scorso maggio in collaborazione con 7 regioni”, ha spiegato ieri Serena Donati del Cnesps (Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute) dell'Istituto Superiore di Sanità, speaker in una delle sessioni del Congresso Figo 2012. “Gli studi condotti fino ad oggi sono stati di tipo retrospettivo ed hanno permesso di identificare la sottostima del fenomeno e le principali cause associate. Tuttavia abbiamo bisogno di un sistema di sorveglianza , sul modello delle indagini confidenziali britanniche, che permetta di studiare i casi incidenti per identificare le aree di criticità, migliorare gli aspetti organizzativi ed assistenziali e promuovere azioni a sostegno dei professionisti sanitari”.
 
I dati ¨pubblicati ormai già da qualche tempo ¨ parlano chiaro: in Italia il rapporto di mortalità materna è pari a 11,8 casi ogni 100 mila bambini nati vivi, in linea con quello registrato nel mondo occidentale. Per l’esattezza, migliore rispetto a quello dell'Europa dell'Est, analogo a Francia e Olanda e peggiore rispetto al Regno Unito dove il sistema di sorveglianza è attivo da decenni. A dirlo, in particolare, proprio uno studio del Cnesps che si riferisce ai dati di cinque regioni italiane (Sicilia, Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna e Lazio, nelle quali risiedono il 38% di tutte le donne italiane in età riproduttiva) nel periodo 2000-2007, i cui risultati si basano sul record-linkage dei certificati di morte e delle schede di dimissione ospedaliera. Dati dunque che preoccupano non tanto per la portata in termini assoluti, quanto per l'impatto sugli individui, sulle famiglie e sulla società tutta che provocano. Ma soprattutto perché circa la metà di questi eventi sarebbe evitabile, secondo gli esperti.
 
Anche per capire quali sono gli eventi prevedibili e prevenibili, il Ministero ha finanziato un progetto pilota di sorveglianza coordinato dall’ISS con la partecipazione di 7 regioni italiane. “È importante che si promuovano tra i professionisti delle attività di audit sui casi clinici complessi, che possano permettere ad ostetriche, ginecologi, anestesisti e a tutti gli altri specialisti di confrontarsi sui percorsi assistenziali adottati nei singoli casi”, ci ha spiegato Donati, raggiunta proprio nel corso del Congresso Figo 2012. “Ciò già avviene in molti Punti Nascita del paese e in molte strutture sanitarie, che riescono in questo modo a promuovere le migliori pratiche assistenziali . Ma questo è anche lo spirito sotto cui nasce il progetto di sorveglianza finanziato dal Ministero, che è partito da pochi mesi e che avrà come campione la popolazione in età riproduttiva di sette regioni italiane, pari al 65% di tutte le donne dai 15 ai 49 anni residenti in Italia. Invece di utilizzare dati retrospettivi potremo raccogliere tutte le informazioni necessarie per organizzare le indagini confidenziali sui casi incidenti. Questo ci permetterà di identificare meglio i fattori di rischio per la salute delle mamme e di promuovere interventi per ridurre i casi evitabili.”. Per fare qualche esempio: dall'aggiornamento continuo dei professionisti sulle emergenze in sala parto al miglioramento della comunicazione e degli aspetti organizzativi dell’assistenza come la pronta disponibilità di sangue in caso di necessità.
 
In questo modo, dicono gli esperti, non solo si cercherà di ridurre le morti materne , ma verranno studiati anche i cosiddetti 'near miss' ovvero i casi in cui le donne vanno incontro a complicazioni che le portano vicine alla morte, senza che avvenga il decesso. In poche parole, sarà possibile migliorare ulteriormente l'assistenza al percorso nascita.
 
Laura Berardi
 


10 ottobre 2012
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