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Con il telemonitoraggio, paziente e ospedale più in salute


01 DIC - Il monitoraggio in remoto dei dispositivi cardiaci impiantabili è benefico, non solo per il paziente ma anche per la struttura sanitaria che lo offre.
Lo dimostra uno studio condotto dal centro di elettrostimolazione cardiaca del Dipartimento Cardiovascolare dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma nel corso del 2009.
“Abbiamo verificato l’impatto dell’introduzione del monitoraggio remoto dei pazienti con dispositivi impiantabili sull’organizzazione di un centro ad alta tecnologia e ad alto volume di prestazioni (6.923 pazienti ambulatoriali per controlli di pacemaker e defibrillatori), valutando i benefici sul consumo di risorse, sulla gestione clinica e sul gradimento del paziente”, ha illustrato Massimo Santini, direttore del Dipartimento Cardiovascolare dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma. “Complessivamente i 653 pazienti seguiti mediante monitoraggio remoto hanno beneficiato di un numero ridotto di accessi in ospedale per controlli programmati in quanto hanno visto raddoppiare l’intervallo di tempo fra le visite programmate (una visita ogni 12 mesi anziché ogni 6 per i pacemaker e 1 visita ogni 6 mesi anziché ogni 3 per i defibrillatori). L’aver, poi, assegnato al controllo remoto circa il 10% dell’intera popolazione di pazienti in follow-up ha consentito di introdurre circa 600 nuovi pazienti, con un aumento delle visite tradizionali nel corso dell’anno solo del 2 per cento invece che del previsto 28 per cento”.
Ma i vantaggi non sono stati soltanto organizzativi: “Aver potuto effettuare una diagnosi tempestiva e un intervento precoce in caso di eventi clinici importanti (aritmie, scompenso cardiaco, malfunzionamenti del dispositivo) ha avuto un impatto favorevole sulla prognosi dei pazienti”, ha precisato Santini. “In particolare il riconoscimento precoce di eventi asintomatici ma a rischio (come episodi di fibrillazione atriale) che con il sistema tradizionale sarebbero stati riconosciuti con 3-6 mesi di ritardo ha permesso di modificare rapidamente il trattamento farmacologico o la programmazione del dispositivo, evitando il verificarsi di situazioni critiche, diminuendo così gli accessi in pronto soccorso e le ospedalizzazioni”.
Anche i pazienti si sono detti molto soddisfatti della nuova tecnologia. Inoltre “la stragrande maggioranza non trova difficoltà nella applicazione dello stesso, indipendentemente dall’età. Anzi, i pazienti più anziani, con patologie più severe, che ricevono dispositivi più sofisticati quali defibrillatori biventricolari (CRT), sembrano poter trarre il maggior beneficio dall’utilizzo di questa nuova tecnologia”, ha concluso Santini. 

01 dicembre 2010
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