Trasformiamo le avversità in opportunità, subito
30 MAR -
Gentile Direttore,
seguo da molto il Suo quotidiano assai utile specialmente in questa fase. Nonostante i molti temi che hanno arricchito le mie riflessioni non sono mai intervenuta perché credo che la mia prosa sia del tutto inadeguata per una comunicazione semplice ed efficace come sono gli articoli da Lei pubblicati.
Ho deciso di farlo oggi perché il contributo di
Vittorio Mapelli che stimo sia come studioso che come amministratore pubblico mi ha indotta a schierarmi.
Non contro ma per trarre alcune indicazioni a partire da alcuni spunti contenuti nel suo contributo.
Come sa bene Mapelli, essendo un fine economista, alla fine se sommiamo i numeri, che lui stesso ci ha fornito, con l'addendo più e sottraiamo quelli con l'addendo meno le strutture ospedaliere sono diminuite.
Certo molti i motivi, inadeguatezza organizzativa, nuovi modelli di servizi sanitari regionali imperanti, tendenze europee, ma anche retoriche politiche e purtroppo anche di professori programmatori.
Lo stesso possiamo ripetere per il personale di tutte le professioni sanitarie. Così come per i servizi territoriali che in alcune Regioni sono stati smantellati più che in altre.
Detto questo credo che un insegnamento dobbiamo trarre da questo contributo e anche da altri da voi pubblicati (penso alla nota del
Prof. Gensini sull'importanza delle nuove tecnologie, ecc.): dobbiamo pensare alla ricostruzione.
Questa drammatica e difficile esperienza deve diventare un'occasione importante per ripensare il nostro sistema sanitario e non solo, proprio perché non saremo più come prima. Una sfida generativa che va colta da subito.
Bisognerà ripensare la rete ospedaliera e le sue interconnessioni, indipendentemente dalla natura profit o non profit delle singole strutture. Probabilmente dovremo pensare ad alcuni HUB ospedalieri e a diversi ospedali che fanno della continuità assistenziale il loro punto di forza.
Un ruolo più attivo dei medici di base quale ruolo di snodo fra specialistica e cittadini. Certo in questa fase la medicina associata avrebbe consentito di gestire meglio pazienti con presunto COVID e non. Senza nulla togliere ai troppi medici di famiglia che continuano a fronteggiare la situazione a mani nude (e non solo perché non hanno ancora le mascherine).
Una medicina del territorio e per i territori e i loro cittadini. Un sistema integrato concreto che si fonda sulla grande disponibilità di tecnologie della comunicazione e dei big data. Ancora una volta l emergenza di questa fase storica ha mostrato come sia possibile fare un passo avanti per tutti ( i lavoratori con il cosiddetto lavoro leggerò, gli insegnati con le lezioni da remoto; ecc.)
Una reale e concreta diffusione di nuove tecnologie in tutti i presidi (in alcune realtà di questa nostra regione martoriata gli operatori per accedere ad internet debbono ancora chiedere ogni volta l autorizzazione al proprio superiore!).
Questo ed altro ancora dobbiamo cominciare a fare da subito e non dopo perche la ricostruzione va pensata e programmata. Certamente non possiamo fare nulla con finanziamenti sempre più risicati.
Il nostro sistema sanitario sta reggendo ancora una volta perché i suoi professionisti sono straordinari anche se li continuiamo a mandare a combattere con una croce disegnata sul petto.
Dobbiamo guardare a quello che ci sta accedendo intorno per pensare subito a come ridisegnare il nostro futuro, la nostra salute. Trasformiamo le avversità in opportunità subito.
Mara Tognetti
Professore Ordinario di Sociologia Generale
Dipartimento di Scienze Politiche
Università degli Studi di Napoli Federico II
30 marzo 2020
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