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Medicina e nuove tecnologie. Medici Cattolici lanciano la sfida per un “nuovo umanesimo”

“Le nuove tecnologie non vanno demonizzate perché hanno dalla loro parte una nuova spinta per tutta la medicina. L’importante è non offuschino il rapporto medico-malattia. Non bisogna affidare i pazienti solo alla tecnologia ma bisogna che gli ammalati siano accompagnati e curati”. Così il presidente nazionale dei medici cattolici, Filippo Maria Boscia, intervenendo al convegno organizzato a Salerno.

22 MAR - “Conciliare la medicina e la chirurgia tradizionale con le nuove tecnologie è la sfida del nuovo umanesimo. Però, i medici, soprattutto i più giovani, devono ricordare che al centro di tutto c’è sempre la persona umana e quando terminano le terapie inizia la cura”. Lo ha detto Mario Ascolese, presidente campano dei medici cattolici nel corso di un convegno dal titolo: “La formazione del medico nell’era digitale”, svoltosi oggi all’Università di Salerno alla presenza tra, gli altri, di Giuseppe Longo, Attilio Maurano, Antonello Crisci, Vitulia Ivone, Bruno Ravera, Veronica Grippa e Francesco Bellino.
 
“Bisogna evitare che la tecnologia svilisca quel rapporto empatico medico-paziente fatto di emozioni e sensazioni, fondamentale per il raggiungimento del risultato, della cura e della guarigione. Il rischio è davvero grande”, ha aggiunto Mario Capunzo, direttore del Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria della “Scuola Medica Salernitana” dell’ateneo.
 
Per Filippo Maria Boscia, presidente nazionale dei medici cattolici: “Le nuove tecnologie non vanno demonizzate perché hanno dalla loro parte una nuova spinta per tutta la medicina, sul versante dello studio dei tumori, delle diagnosi precoci, prenatali e di tantissimi altri settori. L’importante è non offuschino il rapporto medico-malattia. Siamo in una Università di tradizione ippocratica e questa è la culla nella quale si è coltivata l’umanizzazione della medicina. Non bisogna affidare i pazienti solo alla tecnologia ma bisogna che gli ammalati siano accompagnati e curati”.

Sulla “pastorale sanitaria e medical humanity” si è soffermato don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale della Pastorale sanitaria della Cei, ponendo l’accento sull’importanza dell’interdisciplinarietà per la cura della salute e sulla figura del cappellano presente nelle strutture sanitarie: “Occorre avere rispetto del credo del paziente: la cura della malattia e dell’ammalato devono procedere di pari passo”.

22 marzo 2018
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