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Obesità. I pazienti a De Luca: “Miglioriamo i Pdta e investiamo sui centri di eccellenza per fermare il turismo sanitario”

Occorre anche individuare i Centri di eccellenza, investire su di loro e potenziarli. In Campania la più alta percentuale di obesi: il 18% contro il 10% della media nazionale con un impatto sul sistema di 900 milioni di euro. Il tema al centro del dibattito “Reti per la gestione del paziente obeso alla luce della nuova governance sanitaria in Campania” che si è svolto questa mattina a Napoli

15 GIU - È allarme rosso in Campania sul fronte dell’obesità. Se in Italia quasi il 40% della popolazione è in sovrappeso e più del 10% (6 milioni di persone) è obesa in questa regione la situazione è molto più allarmante. Secondo la Sicob Società Italiana di Chirurgia Bariatrica la percentuale di obesità infatti arriva al 18% e il tasso di sovrappeso della popolazione sfiora il 50%, soprattutto tra i giovani. Numeri che collocano la Campania in testa alla classifica Regioni con la percentuale più alta di obesi.  E così in Campania oggi gli obesi sono 500mila con comorbilità legate a questa patologia che destano sempre maggiore preoccupazione.
 
Nasce da qui il dibattito “Reti per la gestione del paziente obeso alla luce della nuova governance sanitaria in Regione Campania”, che si è svolto questa mattina a Napoli. Ad aprire la giornata è stato Giorgio Garofalo, Presidente di Ons-Obesità, Nutrizione e Salute realtà nata circa un anno fa per supportare i pazienti obesi che, in una lettera aperta al Governatore della Campania, Vincenzo de Luca ha lanciato un appello per migliorare i percorsi diagnostico terapeutici dedicati al paziente obeso, confermando la volontà di non andare fuori Regione e di voler essere curati nei centri di eccellenza del territorio.
 
L’obesità grave, incide pesantemente sulla qualità di vita delle persone che ne sono affette riducendo le aspettative di vita di quasi 15 anni. A questo si aggiunge il rischio di morte per le comorbilità, come le malattie cardiovascolari che aumentano di oltre il 50% la mortalità e il diabete che determina il 40% di possibilità di decesso. Tra le malattie croniche connesse all’obesità vi sono anche le artropatie e i problemi della colonna vertebrale. In aumento anche i tumori a carico di vari organi. La ripercussione in termini economici è notevole. I costi sanitari diretti per il paziente obeso aumentano di oltre il 50% rispetto a quelli sostenuti per un paziente normopeso, mentre quelli indiretti ammontano ad oltre 300 euro per persona l’anno con un aumento del costo pro-capite dell’8% per ogni punto di indice di massa corporea (dati del Ministero della Salute sulle strategie di intervento 2016-2019). Per la sola regione Campania quindi, la voce “obesità” comporta una spesa di circa 900 milioni di euro.
 
Secondo la comunità scientifica la chirurgia bariatrica rappresenta la soluzione più efficace, che consente un calo di peso significativo, con ripercussioni positive sulle comorbilità e di conseguenza anche sui costi sociali. Lo conferma anche un’analisi del Centro di Studio e Ricerca sulla Sanità Pubblica (Cesp) dell’Università degli Studi Milano-Bicocca, in cui viene dimostrato che il rapporto di costo-efficacia della chirurgia bariatrica in Italia è molto più vantaggioso rispetto ad un approccio non chirurgico, nel medio e nel lungo periodo.
 
Lo studio afferma che, con la chirurgia bariatrica si può ottenere un guadagno per paziente di oltre tre anni di vita vissuta in condizioni di salute ottimali e una riduzione della spesa per paziente di 8.649 euro. Un dato a conferma dell’aumento degli interventi di chirurgia dell’obesità in Italia: oltre 11mila  nel 2015 contro gli 8mila del 2014. Dei 130 centri riconosciuti in Italia, una decina si trova in Campania:
 
1.         San Giovanni Bosco – Napoli; 
2.         A.O.U. Università Degli Studi Di Napoli "Federico II", Dipartimento Di Medicina Clinica e Chirurgia;
3.         Presidio Ospedaliero - Pineta Grande di Castelvolturno,
4.         A.Cardarelli – Uosd Chirurgia Bariatrica e Metabolica – Napoli,
5.         Università degli studi di Salerno A.O.U. San Giovanni di Dio e Ruggi D'Aragona Ospedale G. Fucito- Salerno,
6.         Azienda Policlinico Universitario –Sun – Napoli,
7.         Seconda Università di Napoli;
8.         Villa Betania – Napoli
 
Ciò nonostante, continua incessante la migrazione sanitaria. Su 1.684 pazienti operati nel 2016 il 20% è andato fuori regione.  “Oggi vogliamo lanciare un appello per interrompere il turismo sanitario, non giustificato in una Regione come la Campania – ha detto Luigi Piazza, Presidente della Sicob – che offre un sistema più che adeguato per la ricezione e la cura dei pazienti grazie alle sue strutture di eccellenza e ai validi professionisti presenti. Il problema oggi sono le liste di attesa troppo lunghe. Sono queste, infatti, che inducono i pazienti ad andare fuori Regione. Nonostante ciò, nel 2016, i centri di chirurgia bariatrica campani hanno effettuato oltre mille interventi ed un follow-up di pazienti operati pari a circa 4mila. Occorre quindi individuare i centri di eccellenza, investire su di loro e potenziarli. Questo però compete esclusivamente alla politica. Siamo certi, infatti, che l’implementazione di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale finalizzato alla valorizzazione di centri di eccellenza, consentirebbe, entro un anno, di dimezzare la migrazione sanitaria.”
 
“Un paziente obeso – ha concluso il Presidente Ons, Giorgio Garofalo – necessita  di una rete assistenziale con un approccio multidisciplinare che lo prenda in carico, lo accompagni e lo guidi nel suo percorso di cura fino ad arrivare, nei casi più gravi, all’intervento chirurgico. Per potersi sottoporre all’intervento, però, occorre seguire un iter fatto di dieta e psicoterapia, al fine di raggiungere il calo ponderale necessario. Si tratta di un percorso lungo, difficile e pieno di ostacoli. La nostra associazione – continua - crea gruppi di ascolto e di supporto, ma anche in questa fase sarebbe importante la presenza delle Istituzioni perché al momento l’obesità  non è ancora riconosciuta come malattia”.

15 giugno 2017
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