Campania. Tra nomine, tagli e tetti di spesa. La fitta agenda del governatore De Luca
Più di 220 milioni di tagli da gestire. Scaduti i manager dell’Asl Napoli 1 e Asl Salerno dove sono in vista nuovi incarichi commissariali. Freno alla spesa per Radioterapia. In attesa del parere del ministero, stop del sub commissario Morlacco alle prestazioni senza nomenclatore.
03 AGO - Tra le cose fatte (come la nomina del nuovo Cda della Soresa, la partecipata regionale che funziona da centrale acquisti per la Sanità, l’avvio della stabilizzazione dei precari e il fondo una tantum per le Politiche sociali da 14,6 milioni di euro approvato in Consiglio regionale), e quelle da fare (la nomina dei nuovi manager della Asl Napoli 1 e della Asl di Salerno i cui direttori sono appena scaduti e la ricomposizione dei vertici di 5 Asl - Avellino, Benevento, Caserta, Napoli 2, Napoli 3 - e di altrettante aziende ospedaliere - Cardarelli, Pascale, Rummo e Aou Federico II e della Sun), l’agenda sanità del presidente della Regione Campania
Vincenzo De Luca è fittissima in questa infuocata estate 2015. Il governatore attende, inoltre, che il ministero della Salute sciolga le riserve per la nomina, data per imminente, del nuovo commissario per la Sanità regionale. Quel che è certo è che sarà un tecnico di scelta governativa. La legge è cambiata e non potrà più corrispondere al presidente della Regione com’è stato nella precedente legislatura con Caldoro. Ma le urgenze sono anche quelle finanziarie: il tesoretto di circa 243 milioni di euro quale avanzo di amministrazione a consuntivo del 2014 è pressoché evaporato. La Conferenza Stato Regioni ad aprile scorso ha infatti “dimenticato” di ratificare quanto previsto dal Patto per la Salute siglato un anno fa e quanto previsto al comma 601 dalla Finanziaria di quest’anno che prevedevano la revisione dei criteri di assegnazione delle risorse. La correzione della quota procapite secca avrebbe dovuto essere oltre che in base all’anzianità della popolazione anche in relazione allo svantaggio sociale, frequenza dei consumi sanitari per età e sesso, tasso di mortalità e altri indicatori epidemiologici territoriali che avrebbero assicurato un riequilibrio per la Campania. Di fatto per il 2015 e 2016 si torna indietro alla legge Calderoli e così la Campania perde in un sol colpo circa 180 milioni annui ai quali vanno aggiunti altri 222 finiti sotto la scure della spending-review - abbattutasi a monte sulla torta del fondo sanitario - prevista nel Dl Enti locali. Il governatore, insomma, non può certo dormire sonni tranquilli.
Tetti di spesa, freno a quelle per la radioterapia
Sul tavolo del nuovo commissario la prima gatta da pelare sarà poi quella dei tetti di spesa per l’assistenza specialistica, quest’anno precocemente esauriti. A Napoli 2 nord il budget per la Radioterapia è terminato sin dalla metà di giugno e da settembre toccherà alla maggior parte delle altre aziende campane. Non va meglio per la dialisi e la diabetologia in convenzione. Si tratta di prestazioni salvavita che, solitamente, la Regione a fine anno assicura attraverso contratti integrativi con le Asl e stanziando extrabudget che per ora tuttavia mancano all’appello. De Luca, peraltro, è intenzionato ad adeguare il budget solo a fronte di una netta riforma dei criteri di prescrizione e di accurati controlli sull’appropriatezza delle prestazioni che peraltro sono sollecitati dalle stesse associazioni di categoria, sindacato radiologi (Snr) in testa. Ma per fare questo ci vuole tempo. Il presidente della Regione sta comunque lavorando allo stanziamento, per la sola diabetologia, di 3 o 4 milioni di euro probabilmente attinti dal fondo disabilità per la quota che non sarà spesa entro fine anno.
Restano i disagi per i pazienti: per la Radioterapia il nodo è rappresentato dal mancato adeguamento del nomenclatore tariffario alle innovazioni tecnologiche intervenute negli ultimi anni che hanno comportato la anomala lievitazione della spesa. Per le strutture che hanno investito in tecniche innovative (conformazionali e a 3 D) i prezzi di rimborso hanno raggiunto anche i 20 mila euro (quanto la terapia a protoni) laddove nelle altre regioni non si superano i 13 mila. Di fronte a questa situazione la struttura commissariale è corsa ai ripari: da un lato ha chiesto il nulla osta al ministero per cambiare i criteri di remunerazione e passare ad un sistema a “pacchetti prestazionali standardizzati”, come richiesto da almeno un anno dall’Aspat, adottando Drg omincomprensivi che oscillano dai 5 ai 10 mila euro e dunque tarati sull’impegno e l’intensità delle prestazioni da erogare. Dall’altro il sub commissario Mario Morlacco ha inoltrato in questi giorni una
circolare ai manager e commissari delle Asl per tirare il freno alla spesa. In particolare “Il decreto ministeriale del 18 ottobre del 2012 – scrive il sub commissario – prevede che nelle more di un’organica revisione della definizione dei Livelli essenziali di assistenza e delle correlate prestazioni, con particolare riferimento a quelle di specialistica ambulatoriale, l’aggiornamento tariffario riguarda esclusivamente le prestazioni e le corrispondenti tariffe riportate nel decreto del ministro della Sanità 22 luglio 1996” pubblicato nel settembre di quell’anno. “Da quanto sopra non può ritenersi che le IMRT, IGRT e V-MAT (ossia le terapie consentite dalle moderne tecniche, evolute rispetto alla semplice terapia 3-D ndr) possano al momento far parte del nomenclatore, per cui si pone una questione di erogazione, in regime di rimborso da parte del Ssn, mancando le relative voci. In particolare”. Il tariffario del 1996 del resto contemplava la sola tariffa prevista per l’intero trattamento. Il nomenclatore, inoltre, non prevedendo per diversi codici, il termine “intero trattamento” potrebbe dare luogo ad incertezza – scrive ancora Morlacco - ai fini del riconoscimento a carico del Servizio sanitario nazionale, sebbene non sia concepibile che si possa sopperire alle voci mancanti semplicemente moltiplicando il numero di prestazioni in “3D” del nomenclatore. Ciò in quanto si potrebbe arrivare addirittura ad ipotizzare fino a 360 schermature per trattamento pari ad ognuno dei 360 gradi di rotazione della testata con un costo inverosimile, ci circa 21 mila euro, per la sola schermatura”.
Pertanto da un lato ci sono i “chiarimenti” sollecitati al ministero e dall’altro, nelle more le Asl sono autorizzate a remunerare le prestazioni di radioterapia, “nei limiti dei tetti di spesa, contemplando una schermatura per ogni singolo trattamento”. L’unica concessione - per i centri accreditati che utilizzano tecnologie di ultima generazione - è la possibilità di riconoscere uno spread del 15 per cento sul tetto di branca che ammonta, per il 2015 (in proroga dal 2014), a 17,7 mln di euro (il 30 per cento in più rispetto al 2013, quando era di 13,6 mln di euro). Ciò servirebbe a coprire maggiori oneri relativi alla valorizzazione di questi innovativi trattamenti. Un accantonamento che in sostanza equivale a un extrabudget di 2,4 mln di euro circa che, anche se non utilizzato (ma è difficile) servirà a coprire le prestazioni di Radioterapia. Al contempo è del tutto improbabile che chi ha erogato prestazioni, assorbito risorse e fatturato secondo le modalità stigmatizzate da Morlacco possa poi ottenere il 100 per cento dei rimborsi. Inutile dire che ci sono le premesse per innescare un’altra spirale di contenzioso che solo l’intervento dirimente e immediato del ministero della Salute potrà fugare. Di più: ”Un approfondimento separato – conclude la circolare di Morlacco - sarà necessario nel prosieguo in tema di indicazioni cliniche, fabbisogni e procedure autorizzative, per l’installazione di detti impianti”.
Ciò ovviamente si riverbera sulla qualità delle prestazioni e ha già comportato una levata di scudi delle associazioni dei pazienti e dei centri che hanno investito in uomini e tecnologie. A fronte di apparecchiature moderne la Regione il sub commissario chiede infatti di erogare terapie ormai considerate obsolete. E guarda caso ecco scontrarsi, come di frequente in questi casi, i principi costituzionali al diritto alla Salute (art. 32) e quello relativo al pareggio di bilancio (articolo 81).
Soresa, De Luca chiede risparmi sulle gare per 240 mln
E a proposito di pareggio di bilancio è sempre De Luca, a margine della indicazione del nuovo vertice di Soresa (il neopresidente Gianni Porcelli, già sindaco di Mugnano candidato ma non eletto al consiglio regionale per la lista Campania Libera, l’ex consigliere regionale del Pd Giulia Abbate e l’avvocato irpino Luigi Giugliano che prendono rispettivamente il posto di Francesco D’Ercole, Gennaro Santamaria e Pietro Alfano) a raccomandare l’azzeramento di tutte le gare in corso per circa 800 milioni. “il mio obiettivo – avverte il governatore – è risparmiare su questi appalti almeno il 30 per cento (240 mln) anche perché voglio far uscire la Campania dal commissariamento entro un anno e mezzo. Perché in tema di spesa o ci rimettiamo al pari delle regioni italiane virtuose o sono pronto a siglare protocolli aggiuntivi con quelle regioni per acquistare beni al prezzo da loro concordato. Ovvero, per quanto mi riguarda, Soresa può anche sbaraccare”. Sempre riguardo a Soresa sui nuovi vertici pende la pregiudiziale di incompatibilità sollevata dalle opposizioni che invocano l’articolo 32 della legge regionale 11 agosto del 2005 (nello specifico questa indica per i candidati non eletti alle elezioni regionali l’impossibilità di ottenere incarichi pubblici negli otto mesi successivi alla tornata elettorale). Una norma “anti trombati” ripresa dall’articolo 4 della legge 27 luglio del 2012 che potrebbe far tornare l’attrito in Consiglio dove De Luca chiede invece una marcia spedita e una revisione di Statuto e regolamenti per consentire, a tal fine, il voto di fiducia.
Ettore Mautone
03 agosto 2015
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