Tutti e tre i grandi ospedali calabresi diventano Covid Hospital? Sarebbe un errore
29 OTT -
Gentile Direttore,
dopo il colpevole immobilismo estivo, ecco adesso l’altrettanto colpevole passiva attesa degli eventi, speriamo non catastrofici, della stagione invernale.
E si che di tempo per preparare una difesa adeguata, durante tutto questo periodo, ce n’è stato. Ma è stato decisamente mal utilizzato.
La Calabria, anche se non è la sola, naviga decisamente a vista. Mal comune mezzo gaudio? Direi proprio di no, principalmente, e sfido naturalmente chiunque ad asserire il contrario, perché se già la capacità del nostro sistema sanitario nel dare risposte di tipo ordinario è insufficiente, figuriamoci quale potrà essere quella che l’esponenziale crescita del numero di contagi registrata in questi giorni ci porta a temere di dover affrontare.
Quale strategia difensiva, dunque? Anche questa volta i decisori demandano ai centri Hub la gestione dell’epidemia, così com’è stato fatto durante la prima fase. Tattica corretta? Non saprei. Lo diranno gli eventi ma, alcune considerazioni andrebbero fatte.
Le tre principali strutture ospedaliere della Calabria, salvo alcune parziali eccezioni, sono le uniche a farsi carico dell’offerta sanitaria regionale. Destinarle a gestire ognuna per il proprio bacino d’utenza l’emergenza Covid, oltre a condizionarne fortemente al ribasso la risposta alla richiesta di salute non Covid-19, esporrà ognuna di loro, per quanto attente potranno essere come lo sono magistralmente state durante la prima fase, all’esplosione di focolai interni con le potenziali, facilmente immaginabili, conseguenze. E qualche esempio del genere, è già stato registrato, con chiusura di reparti.
Mi domando allora se una diversa organizzazione dell’emergenza Covid-19, attraverso la creazione di una rete, che peraltro è strutturalmente già esistente, non sarebbe stata più adeguata per tentare di arginare l’incipiente criticità.
Ma anche di garantire nel contempo agli Hub le condizioni per continuare ad erogare l’assistenza - mi si passi il termine, “ordinaria” - senza allungare i tempi d’attesa dei pazienti chirurgici, in particolare gli oncologici, o senza, ad esempio, rallentare l’assistenza ai pazienti con patologie tempo-dipendenti, come sta accadendo nei Pronto Soccorso attualmente congestionati.
Per far questo si sarebbero potuti allestire i Covid Hospital allocandoli negli ospedali Spoke. Questi ultimi, già decisamente sottoutilizzati in condizioni “normali” sarebbero stati, con poche modifiche strutturali, logisticamente idonei allo scopo. Presentano infatti una terapia intensiva con personale specialistico, Unità Operative di Medicina Interna e a volte anche di Pneumologia, da adibire a Terapie subintensive; hanno una Radiologia, un Laboratorio di analisi. Hanno spazi spesso inutilizzati.
Sono dunque nelle condizioni di consentire un perfetto isolamento di questi pazienti. E sfruttando il concetto di rete, non obbligatoriamente solo di quella provinciale, eventuali competenze, risorse umane o tecnologiche potrebbero essere, se necessarie, temporaneamente trasferite, come supporto per il periodo dell’emergenza, dal centro Hub o dagli Ospedali Generali al Covid Hospital.
E l’isolamento dei pazienti all’interno degli Spoke, oltre a preservare l’integrità funzionale degli Hub, razionalizzerebbe le risorse ottimizzandone l’uso. L’ampliamento, negli Hub, del numero di posti di terapia intensiva e di sub intensiva, la diversificazione dell’assistenza Covid/No-Covid la necessità di avere diagnostiche per immagini separate, porta ad una duplicazione di tutte le unità operative interessate. La conseguenza, inevitabile, è lo spreco di personale, mezzi e tecnologia, peraltro, come ben sappiamo, già in partenza limitate.
Allo stesso modo, nell’ottica di contenere i contagi, diventa fondamentale il ruolo del territorio. Risulta imprescindibile oggi l’azione dei medici di medicina generale, nell’assistenza domiciliare dei pazienti paucisintomatici e nel monitoraggio di quelli asintomatici. Ed analogamente quella degli ospedali generali, anche questi come gli Spoke abitualmente sottoutilizzati, dove trattenere i pazienti post-Covid, guariti ma ancora positivi, al fine di garantire il turn over dei posti letto e di decongestionare, così, i Covid Hospital.
Il tutto a salvaguardia degli Hub e, in ultima analisi, della tutela della salute pubblica dei calabresi, tanto i positivi, quanto soprattutto i negativi al Sars Cov 2.
Domenico Minniti
Presidente AAROI EMAC Sezione Calabria
Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani – Emergenza ed Area Critica
29 ottobre 2020
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