Le dichiarazioni improvvide dei commissari Asp di Reggio Calabria
Nelle dichiarazioni della triade commissariale reggina - al di là degli accattivanti richiami alle pregresse responsabilità da accertare (che tutti si attendono che vengano assegnate agli autori) – si ammette l'incertezza ad oggi del deficit patrimoniale, con conseguente naturale j'accuse nei confronti di tutta la filiera che vi ha contribuito
30 GIU - La Calabria della salute sta passando dal dramma alle comiche. La conversione in legge del decreto c.d. Grillo, ironicamente denominato salva-Calabria, la sua inspiegabile mancata pubblicazione ad oggi in G.U. (per un DL, che curava l'emergenza di salvare i calabresi, avere accumulato un così lungo ritardo è quantomeno singolare!) e le dichiarazioni rese (pare per via di una burocrate) dalla triade commissariale preposta all'Asp di Reggio Calabria, perché sciolta «per mafia», generano sconcerto.
Non solo per una norma (l'art. 5) che non può trovare in alcun modo (così come accade per tutti gli altri articoli afferenti al Capo I, sotto diversi profili) copertura costituzionale, atteso che supera inspiegabilmente e, quindi, violenta la Regione Calabria in termini di esercizio dell'autonomia e di ossequio delle norme che regolano la formazione del bilancio della Repubblica, l'obbligo dell'equilibrio economico e la sostenibilità del debito pubblico.
Lo fa violando palesemente gli artt. 81, 97, 114, 117, 119, 120, 121 e 123 e assegnando ad un coacervo di delegati del Governo (ma al riguardo, costituzionalmente sine titulo) l'assurdo potere di dichiarare (solo per cominciare) il dissesto dell'Asp reggina. Con questo, riconosce la facoltà ai medesimi di prendere a prestito, nell'occasione e fin quanto compatibili (dice la legge, ma con cosa?), la disciplina prevista per gli enti locali (art. 244 e seguenti del Tuel) non in grado di assolvere ai loro compiti istituzionali, neppure attraverso una procedura di ripianamento della durata di tre anni.
Insomma, una gran confusione che rischia di generarne di peggiori, con verosimile rischio di produrre un cortocircuito nell'esigibilità dei diritti dei creditori e drammi ai cittadini in termini di ricaduta assistenziale.
Una regola ineludibile nel Paese, ma disattesa in Calabria
A chi ha prodotto un siffatto obbrobrio di legge e a chi ne esalta (improvvidamente) i contenuti va ricordato che il Ssr, proprio perché organismo direttamente dipendente dalle Regioni, impone a queste ultime gli obblighi economico-patrimoniali da fare gravare sui propri bilanci per ogni spesa in esubero al riparto del Fondo sanitario regionale.
Di conseguenza, le malpractice delle aziende della salute, che ne formano l'ossatura, ancorché in possesso di autonomia imprenditoriale non può che appesantire i saldi del bilancio regionale, gravandolo dei disavanzi annualmente generati e imponendo il procacciamento delle risorse necessarie al loro ripianamento. Da qui, anche la legge n. 208/2015, art, 1, comma 528) che ha introdotto i piani di rientro triennali di Asl, Ao, Aou e Irccs, funzionali per le Regioni al controllo e alla soluzione endoaziendale dei loro «buchi», altrimenti gravanti sul bilancio regionale.
Ciò è nella regola insuperabile posta a tutela dell'autonomia assegnata alle Regioni e al loro obbligo di concorso all'equilibrio del bilancio dello Stato e obblighi conseguenti. Una prerogativa, questa, che non consente alle stesse, per esplicita lettera legislativa finanche costituzionale, l'estensione alla procedure fallimentari oggi di «crisi di impresa» così come invece coinvolgenti le cosiddette società partecipate dalle Regioni ed enti locali.
Chiacchiere e tabacchere ‘e ligno, ‘o Banco ‘e Napule nun se ‘mpegna (vecchio adagio napoletano)
A fronte di un siffatto paradigma, si registra una gravità di non poco conto nelle dichiarazioni della triade commissariale reggina che - al di là degli accattivanti richiami alle pregresse responsabilità da accertare (che tutti si attendono che vengano assegnate agli autori) - ammette l'incertezza ad oggi del deficit patrimoniale, con conseguente naturale j'accuse nei confronti di tutta la filiera che vi ha contribuito.
Tante le responsabilità attive ed omissive. Tanti i quattrini milionari sprecati in revisioni inutili, ordinarie e straordinarie, e in nomine di advisor che hanno guadagnato tanto in quasi un decennio non facendo nulla e giocando come le tre scimmiette (non vedo, non guardo e non sento!). Eccessivo il netto patrimoniale negativo tutto ancora da accertare, verosimilmente vicino al miliardo, nei confronti del quale non si intravede alcuna soluzione praticabile.
Nelle affermazioni della anzidetta triade, rese pubbliche in questi giorni attraverso la stampa, ci si è attardati nel dire - richiamando pedissequamente al riguardo la disciplina del dissesto degli enti locali - cosa avverrà dall'anno di competenza ove si impiegheranno le risorse nell'esercizio corrente. Non si è fatto però cenno alcuno a quelle destinate a risanare il pregresso quasi miliardario, che rimane il vero problema da risolvere, al lordo delle azioni di ripetizioni da intraprendere nei confronti dei doppi, tripli e quadrupli pagamenti effettuati per la stessa obbligazione.
La inadeguatezza, continua
Ma dico io, è possibile assegnare un siffatto importante compito ripianificatorio a chi si limita ad offrire una conoscenza quasi scolastica delle procedure di dissesto degli enti locali che, nel caso di specie, non ci azzeccano affatto, a meno che non si supponga di svendere i presidi esistenti e di utilizzare l'esiguo eventuale ricavato per estinguere il dovuto ovvero di mettere, per l'occasione, all'asta i Bronzi di Riace?
Si gioca (come al solito) con la pelle della gente
E' dell'ultima ora una delle solite circolari, che - come si sa - non possono mutare le leggi.
Al riguardo, tremenda la farsa delle assunzioni autorizzate, nella più generale crisi di medici che si registra ovunque e che qui ha il sapore della paura collettiva.
Con i limiti imposti dalla norma (il famigerato art. 11) se va bene ci saranno per cinque mesi del 2019 quelli che c'erano al 31 dicembre 2018. Intanto l'estate si avvicina senza «Medici e Co.» negli ospedali, gravati ulteriormente dalle assenze per ferie di chi ivi lavora indefessamente. Si spera che non accada l'irreparabile!
Ma siamo in Calabria. Qui è possibile di tutto e di più, finanche di affidare - così come avviene da un decennio - la cura delle malattie più gravi che affliggono la sanità a chi di risanamento e di buona amministrazione ne sa ben poco. Capita a causa della solita irresponsabilità da ricondurre, questa volta, ai Ministeri, per l'occasione della Salute, dell'economia e delle finanze e dell'interno.
Ettore Jorio
Università della Calabria
30 giugno 2019
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