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Medici “fai da te”

11 APR - “Stiamo riconquistando lentamente i nostri spazi – incalza Grimaldi – ma il personale è stanco e demotivato, anche perché di energie ne sono state spese tantissime. Abbiamo lavorato duramente per poter lavorare, e ora regna la disillusione. Nonostante si sia fatto molto, la normalità è sicuramente ancora lontana”.
Ma, come sempre, nelle tragedia si scoprono anche oasi di efficienza da far invidia ad ospedali d’eccellenza. E dietro c’è sempre un volto, un nome e cognome di qualcuno che non ha mai mollato. È il caso della nefrologia e dialisi guidata da Stefano Stuard. Grazie alla sua caparbietà è riuscito a offrire un tetto ai suoi 78 pazienti dializzati, frutto anche di donazioni private.Al posto delle tende dove era stato collocata la dialisi subito dopo il sisma, ora ci sono due container perfettamente attrezzati, macchinari di ultima generazione e persino televisori dotati di decoder per poter vedere Sky, medici e infermieri hanno maglie personalizzate con il logo della dialisi per sentirsi “squadra”. Nell’emergenza è riuscito a non far rimpiangere il vecchio reparto in cemento “disarmato”. E da febbraio stringe i denti nell’attesa di ottenere una collocazione definitiva, come promesso pubblicamente dal Direttore generale.
E poi c’è anche lo psichiatra Renato Cerbo, responsabile del Centro di riferimento del Centro-Sud per bambini autistici. “Subito dopo il terremoto – ha raccontato – le famiglie non sapevano a chi rivolgersi: il servizio non esisteva più. Il mio cellulare è diventato una linea pubblica, unico appiglio a cui attaccarsi per risolvere problemi di pazienti particolarmente fragili. Il nostro è stato un fai da te totale, da un lato giustificato ma per alcuni aspetti eccessivo soprattutto per quei colleghi che avevano subito gravi perdite personali”. Comunque a Cerbo è andata meglio del collega nefrologo: da qualche settimana è potuto rientrare nel suo reparto.
Ma per molti la ripresa è ancora lontana. “La nostra grande preoccupazione – ha detto la radiologa Maria Gabriella Casilio – è che il San Salvatore perda le sue eccellenze, temiamo che molti professionisti non potendo esercitare al meglio e in sicurezza la propria professionalità preferiscano migrare in altre strutture. L’Aquila non può perdere il suo patrimonio: dobbiamo ripartire dalle eccellenze, le uniche che possano servire da traino per il rilancio dell’ospedale”.

11 aprile 2011
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