11 APR - Sono passati 15 mesi dalla notte del 6 aprile 2009 che ha cancellato il cuore de L’Aquila dalla mappa dell’Abruzzo. A 450 giorni dal sisma abbiamo cercato di capire come stiano effettivamente le cose sul fronte dell’assistenza sanitaria. L’ospedale San Salvatore, ricorderete, fu infatti uno dei simboli negativi della tragedia. Inaugurato nel 2000, ma senza aver mai ricevuto il certificato di agibilità, ha una storia molto lunga (ha aperto i battenti ben 28 anni dopo la posa della prima pietra) e ad ogni anno passato è cresciuta esponenzialmente la spesa per la sua costruzione (da 11 a 200 miliardi di finanziamenti erogati dalla Cassa del Mezzogiorno). Ma in questo caso non si trattò solo di soldi spesi in più e mancanza di carte bollate: l’aspetto più inquietante è che il cemento con cui è stato realizzato era “disarmato”.
Una falla che il terremoto ha messo a nudo, facendo letteralmente crollare gran parte della struttura.
La nostra inchiesta non può quindi che partire da qui.
Come da crono-programma, messo nero su bianco e presentato alla stampa dall’assessore alla Sanità Lanfranco Venturoni e dal Direttore generale Giancarlo Silveri il 16 novembre del 2009, il San Salvatore avrebbe dovuto recuperare la sua operatività con piena funzionalità delle camere operatorie già agli inizi di febbraio 2010. Mentre dal 20 dicembre 2009 il numero posti letto sarebbe dovuto tornare ad essere quello ante terremoto. Rispetto a questi obiettivi la situazione attuale mostra invece una riapertura parziale dei letti (315 contro i 460 ante terremoto). Sempre da crono-programma, la farmacia e l’anatomia patologica avrebbero dovuto riaprire i battenti il 28 febbraio ma sono ancora nei container. La dialisi, che avrebbe dovuto essere trasferita in un nuovo reparto, alla stessa data, continua a curare i dializzati nei prefabbricati. Medesima sorte per il centro trasfusionale. Ma soprattutto, non sono iniziati i lavori di recupero dell’ala del San Salvatore, conosciuta agli addetti ai lavori come “Delta 8”, dove era prevista già dal 30 marzo 2010 la riapertura del dipartimento chirurgico.
Un vuoto importante che sta creando gravi disagi all’attività: l’ortopedia non si sa ancora dove andrà a finire e “vaga” nell’ospedale. I reparti di otorino e maxillo facciale sono ancora ospitati nella struttura prefabbricata del G8, mentre le chirurgie generali e l’oculistica si barcamenano in spazi angusti.
È vero che, come promesso, sono state aperte 11 camere operatorie, di cui 9 di ultima generazione. Ma sono attive solo la mattina (e non sempre dal momento che scarseggia il personale), mentre il pomeriggio funzionano due volte alla settimana per tre unità operative: urologia, neurochirurgia, chirurgia generale ospedaliera per patologie oncologiche. Un’attività a regime ridotto che ha provocato un aumento delle liste d’attesa. Le patologie oncologiche aspettano 40 giorni, mentre le altre possono arrivare fino a 8 mesi di attesa.
Non solo, l’ospedale deve fare i conti anche con una non ottimale distribuzione del personale che si sta riverberando negativamente sulla organizzazione dell’assistenza. Medici a tempo determinato che svolgono un ruolo importante in alcuni reparti dell’ospedale, come ad esempio l’oncologia, potrebbero non vedere rinnovato il proprio contratto; la banca degli occhi stenta ad andare avanti per carenza di personale.
In questo quadro ha quindi lasciato perplessi sindacati e operatori la scelta della Regione di dirottare nel fondo indistinto della Asl de L’Aquila i 47 milioni di euro incassati dal San Salvatore, come indennizzo previsto dalla polizza assicurativa stipulata sull’ospedale aquilano prima del sisma. Un atto dovuto che si sposa perfettamente con le regole di bilancio, risponde il nuovo Direttore generale, Giancarlo Silveri, nominato subito dopo il 6 aprile, il quale fa affidamento per la ristrutturazione del San Salvatore su 35 milioni di euro del fondo nazionale per l’edilizia sanitaria. Soldi sui quali l’Abruzzo ha una priorità, ha confermato l’assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni. La soluzione non ha convinto i più, che gridano all’ennesima spoliazione ai danni de L’Aquila temendo un rallentamento nell’ultimazione dei lavori per il recupero dell’ospedale. “È inaccettabile che queste risorse, alla luce dello stato di precarietà in cui versa il San Salvatore finiscano nel calderone del bilancio regionale per colmare i buchi della sanità” hanno tuonato i sindacati di categoria. “È fuor di dubbio che ci troviamo di fronte alla pianificazione dell’eutanasia del Capoluogo della Regione Abruzzo – spiega Alessandro Grimaldi segretario aziendale dell’Anaao Assomed – e con essa anche del sistema sanitario cittadino.
In questo scenario si inseriscono anche il rallentamento dei lavori di ristrutturazione e le incertezze sui fondi da destinare alla ricostruzione dell’ospedale. Senza contare il piano di tagli selvaggi, non concertati con le forze sindacali, che a breve si abbatterà su tutto il Sistema sanitario abruzzese come conseguenza di un dissesto finanziario figlio di una cattiva gestione politica e dei ripetuti scandali che hanno colpito la nostra Regione degli ultimi 20 anni”.
11 aprile 2011
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