11 APR - C’è chi ha tagliato il traguardo e lavora in un reparto nuovo di zecca. C’è invece chi, dopo aver curato i pazienti per un anno nelle tende, ha conquistato uno spazio nella struttura prefabbricata del G8. Sistemazione “nobile”, ma pur sempre provvisoria. E c’è anche chi continua a lavorare nei container e in spazi angusti come farmacisti e medici del territorio. A due anni esatti dal sisma che ha inferto una ferita mortale alla città de L’Aquila, l’ospedale San Salvatore, che con il suo cemento “disarmato” è diventato simbolo del malaffare negli appalti svelato dal terremoto, non ha ancora recuperato in toto la sua operatività. Così come sono rimaste al palo anche le attività delle farmacie e di chi lavora sul territorio, ancora costretto, senza sapere per quanto tempo, a lavorare nei container.
Questa è la nostra terza visita all’Aquila. L’ultima risale a poco meno di un anno fa. Ma, anche se è indubbio che la situazione sia visibilmente migliorata, è purtroppo evidente che il ripristino di condizioni di effettiva normalità nella sanità del territorio colpito dal sisma del 6 aprile 2009 non è ancora compiuto.
11 aprile 2011
© Riproduzione riservata