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Coronavirus. Perché è giusta una salvaguardia processuale per gli operatori sanitari

di Francesco Giulio Cuttaia
30 MAR - Gentile Direttore,
sono ampiamente condivisibili le preoccupazione espresse dalla Presidente di Federsanità, chiaramente illustrate nell’articolo pubblicato sul Quotidianosanità.it del 10 marzo scorso, segnatamente per quanto riguarda la necessità di tenere al riparo gli operatori sanitari, che con tanta abnegazione si stanno prodigando per apprestare cure ai malati di Coronavirus, dal rischio di venire coinvolti in indagini di polizia giudiziaria e doversi discolpare in processi penali, dopo aver operato nelle difficoltà di cui tutti sappiamo.

Fermo restando il fatto che la legge 24/2017 ha risolto positivamente per gli operatori sanitari il nodo della responsabilità civile e della responsabilità amministrativo-contabile, stabilendo che le azioni di rivalsa nei loro confronti possono essere proposte esclusivamente per dolo o colpa grave, effettivamente per quanto attiene alla responsabilità penale per colpa il problema si pone, ben potendo l’operatore sanitario trovarsi esposto ad una eventuale azione penale, indipendentemente dal grado della colpa.
Pertanto, proprio quando si versi in tema di responsabilità penale per colpa appare quanto mai opportuno disporre quello che la Dott.ssa Tiziana Frittelli ha definito “un intervento normativo di sbarramento”.

Al riguardo, si tratta, in particolare, di porre in evidenza come quei comportamenti che possano integrare fattispecie criminose di responsabilità penale per colpa nell’espletamento dell’attività sanitaria, vadano accuratamente valutati alla luce della eccezionalità della situazione e delle conseguenze che essa implica.

Certamente un intervento normativo che sospendesse, sia pur temporaneamente, alla radice tale responsabilità in occasione di eventi eccezionali, come una pandemia da fronteggiare, oltre a costituire un vulnus al sistema penale, potrebbe prestare il fianco a censure di illegittimità costituzionale.
Tuttavia, tenuto conto del fatto che, a seguito della riforma introdotta dalla legge Gelli-Bianco, la responsabilità penale, per morte o lesioni del paziente è da escludere, nel caso di colpa derivante da imperizia, ai sensi dell’art. 590 sexies, comma 2 cod. pen., quando siano state osservate le raccomandazioni previste dalle linee guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali, adeguate alle specificità del caso concreto, potrebbe rivelarsi opportuno, in occasione di emergenze del tipo di quella che si sta affrontando, stabilire una modalità di valutazione tecnica, per così dire, univoca, dell’adeguatezza del comportamento tenuto dal sanitario, che funga da filtro al promovimento dell’azione giudiziaria penale.

Tradotto in pratica ciò significherebbe far sì che,  prima dell’eventuale esercizio dell’azione penale, il giudice cui è affidata la valutazione degli esiti delle indagini svolte dalla Procura disponga d’ufficio la verifica della conformità dell’operato dell’esercente la professione sanitaria alle linee guida o alle raccomandazioni clinico – assistenziali, avvalendosi unicamente e obbligatoriamente del parere tecnico emesso da un’unica autorità di livello nazionale (che potrebbe essere individuata in un organo già esistente come l’Istituto Superiore di Sanità o da costituirsi a cura del Ministero della Salute).
In tal modo si avrebbe come diretta conseguenza l’uniformità del giudizio tecnico su tutto il territorio nazionale la cui sostanziale vincolatività, derivante dall’autorevolezza di chi lo esprime anche sulla base di una conoscenza a 360 gradi delle diverse fenomenologie, assicurerebbe un filtro adeguato prima del promovimento dell’azione penale.

Una innovazione normativa di tal genere, chiaramente in deroga all’attuale sistema di procedura penale, ma saldamente ancorata alla eccezionalità del periodo e come tale temporalmente delimitata, salvaguarderebbe, da una parte, il libero e per certi versi dovuto esercizio dell’attività investigativa delle Procure della Repubblica, il cui svolgimento non verrebbe minimamente intralciato, e, al tempo stesso, consentirebbe di filtrare preventivamente, prima cioè della decisione del giudice competente, se disporre o  meno il rinvio a giudizio, tutte le situazioni caratterizzate dal fumus di comportamento colposo derivante da sospetta imperizia, anticipando quella valutazione tecnica che solitamente costituisce uno dei momenti principali del processo penale.

Tutto ciò porterebbe indirettamente ad una selezione anticipata di eventuali denunce per responsabilità colposa, che, stanti i precedenti in materia sanitaria, è prevedibile che in mancanza di interventi immediati siano destinati a lievitare.

Infine, e questo è un aspetto tutt’altro che secondario, il filtro da introdurre a livello centrale consentirebbe al Ministero della Salute di poter monitorare direttamente anche le eventuali criticità desumibili dalle denunce presentate e avere quindi un quadro più chiaro delle attività svolte dalle strutture sanitarie per assicurare i livelli essenziali di assistenza in occasione di un evento eccezionale come una pandemia.
 
Francesco Giulio Cuttaia
Docente di Legislazione sanitaria – Università degli Studi di Padova


30 marzo 2020
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