Incontro Avis-Anaao Assomed Veneto: tante le criticità da affrontare
Carenza di medici e di personale sanitario nei centri di trasfusione del sangue, con un calo del 5% dei donatori. Una contrazione che registra una forte preoccupazione nelle strutture Avis regionale e tra i donatori veneti. Su questi temi si sono confrontati i medici del sindacato della Dirigenza e i rappresentati regionali dell’Avis
di Endrius Salvalaggio
07 LUG - Avis regionale Veneto e Anaao Assomed Veneto hanno deciso di fare sentire la propria voce. Dalla recente conferenza stampa fatta in settimana, nella sede dell’Avis Veneto è stato discusso come in tutta la regione cominciano a venir meno i medici, il personale sanitario nei centri di trasfusione del sangue, quest’ultimi in calo del 5% dei donatori. Una contrazione che registra una forte preoccupazione sia nelle strutture Avis regionale sie nel’intero sistema delle trasfusioni del sangue che tra le migliaia di donatori veneti.
Ma cosa sta succedendo? Fa sapere
Adriano Benazzato, Segretario regionale Anaao Assomed Veneto: “In Veneto, in questi ultimi mesi sono passati dal pubblico al privato oltre 50 medici, altri sono andati in pensione senza essere sostituiti, pochi hanno partecipato ai concorsi pubblici (alcuni andati deserti). Nei prossimi cinque anni lasceranno il Servizio Sanitario Regionale, per motivi anagrafici, molti dirigenti medici determinando un saldo negativo di circa 1.000 medici al 2022”.
Entrando nello specifico, nel settore trasfusionale, inoltre, un’inchiesta del periodico di Avis regionale “Dono&Vita”, a firma del direttore
Beppe Castellano, apre uno scenario molto preoccupante. “Nel giro di un anno sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale, in Veneto, sei concorsi pubblici per titoli ed esami rivolti ad aspiranti dirigenti medici di medicina trasfusionale - si legge - 3 o 4 soltanto offrivano contratti a tempo indeterminato e quindi una certa sicurezza professionale ed un futuro a chi avesse scelto di impegnarsi in un settore molto delicato e in continua evoluzione”.
A fronte di queste realtà che pongono limiti ad una componente a dir poco vitale all’interno di un sistema sanitario, come i centri trasfusionali, ci si chiede, non è forse meglio trattare la sanità non più come “Azienda Sanitaria” ma come un “Servizio Pubblico Sanitario” che garantisca stesso trattamento a tutti mettendo il fine ultimo come obbiettivo principale? Negli anni sono stati ridotti gli orari per poter donare il sangue, i mesi di attesa per le verifiche da parte del personale sanitario sulla bontà del donatore, si sono allungati. Risultato? Molti donatori si stancano e lasciano perdere.
Ma chi è il medico trasfusionista? “Quella del medico trasfusionista è una specialità medica su cui si basa tutta la sanità pubblica - spiega il presidente di Avis Veneto,
Giorgio Brunello - nonostante ciò, è ormai numericamente al minimo storico, con conseguente riduzione di orari nei Centri trasfusionali dove donano i nostri donatori, proprio in tempi in cui, invece, le donazioni dovrebbero essere il più possibile incrementate perché continuano a calare. E si sa, senza sangue, la sanità si ferma”.
Tra l’altro, la medicina trasfusionale non è neppure riconosciuta come scuola di specializzazione nelle facoltà di medicina. “In pochi scelgono di diventare medici immunoematologi, perché l’impressione è che si stia tornando al passato, quando i Centri di raccolta del sangue erano nei sottoscala - afferma ancora Brunello - mentre la complessità odierna della Medicina trasfusionale imporrebbe tutt’altra considerazione”.
E non è tutto, sempre più medici specialisti italiani “fuggono” all’estero per non tornare più. Generalmente sono i più capaci e promettenti che potrebbero far crescere la qualità della Sanità italiana, oppure quelli che con anni di esperienza potrebbero trasferire quest’ultima alle nuove generazioni. Secondo i dati di Ministero della Salute, riportati nell’inchiesta, nel 2009 avevano chiesto la documentazione per esercitare all’estero 396 professionisti, nel 2014 erano già 2.363 (+600%), mentre l’età media dei medici italiani è sempre più alta.
Endrius Salvalaggio
07 luglio 2018
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