“Tra le virtù che mi rappresentano meno c’è la pazienza”. E così se il Biotecnopolo di Siena, fondazione di ricerca che ospita il Centro nazionale antipandemico, non diventa operativo a stretto giro, il passo per andare negli Usa potrebbe diventare sempre più breve.
Non è una minaccia ma sicuramente un avvertimento quello lanciato oggi, in un’intervista pubblicata su la Repubblica, dallo scienziato Rino Rappuoli, fra i massimi esperti mondiali di vaccini e direttore scientifico del Centro senese varato ufficialmente ad agosto del 2022 .
Per il momento quello dello scienziato è solo “potrei”, anche perché come dichiara “l’Italia è anche una sfida” e si dice convinto “che sia giusto fare il Biotecnopolo qui e con il pubblico, anche per dare delle opportunità ai nostri ricercatori”. Siena, spiega poi “è il posto in cui sono nato. Qui nel 1904 Achille Sclavo fondò la start-up che fornì vaccini per un secolo all’Italia, dove ho iniziato a lavorare”. Ma, aggiunge a chiare note: “Questo non basterebbe però a trattenermi se un limbo che dura già da 18 mesi si dovesse prolungare”.
Il Biotecnopolo tra i suoi organi ospita due Nobel, fra cui l’italiano Giorgio Parisi premiato per la Fisica nel 2021, e ha in dotazione 16 milioni l’anno dal 2024, oltre ai 340 del Pnrr per il Centro antipandemico.
Eppure è ancora al palo nonostante le assicurazioni delle istituzioni: “Dobbiamo nominare presto il direttore amministrativo”, ha infatti dichiarato il ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini.
“Spero che le sue parole trovino concretezza”, ha commentato Rappuoli. La posta in gioco è infatti pesante: il Centro antipandemico è strategico “non solo per prevenire un’eventuale futura pandemia” ma anche per affrontare “problemi attuali”, come “batteri resistenti agli antibiotici, malattie emergenti, vaccini contro il cancro”.
Insomma, l’auspicio è che le acque si smuovano presto, sperando che Rappuoli ascolti le parole dell’immunologo Antony Fauci che, come spiega lo scienziato toscano gli ha consigliato di “restare ottimista”, perché “con il pubblico ci vuole tanta, tanta pazienza”.