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L’altra faccia della pandemia. Malessere dei giovani e crisi delle Neuropsichiatrie Infantili

di Angelo Fioritti

In primo luogo, è chiaro che non è tutta colpa del lockdown, anche se quest’anno sta pesando sulla salute mentale degli italiani e probabilmente in misura maggiore sulla salute fisica e mentale dei bambini e degli adolescenti. Diversi indicatori di salute mentale dei giovanissimi sono in calo da almeno 15 anni e parallelamente le richieste di aiuto ai servizi pubblici e privati sono andate crescendo esponenzialmente.

29 MAR - Alla fine sembra che ce ne siamo accorti. Da qualche settimana i giornali ed i magazine riportano allarmi lanciati da pedagogisti, sociologi, psicologi, neuropsichiatri infantili sulla escalation di malessere e di urgenze cliniche che riguardano bambini e ragazzi. La colpa viene addebitata al lockdown, alla chiusura delle scuole, alla sospensione delle attività sportive, sociali e ricreative, alla convivenza forzata in famiglia, all’incremento delle ore passate davanti al PC o allo smartphone, al cyberbullismo e via dicendo. Viene riferita una esplosione di accessi in Pronto Soccorso, di gesti autolesivi, di suicidi, di ricoveri in neuropsichiatria infantile, in pediatria, in psichiatria, di richieste di prime visite ai servizi territoriali.
 
Cosa c’è di vero in tutto questo? E se è vero, è un fenomeno delle città, regionale, nazionale, europeo, mondiale? Ed i servizi esistenti come stanno affrontando la situazione? E la società che indicazione ne trae?
 
Il Collegio Nazionale dei Dipartimenti di Salute Mentale ha avviato un confronto interno tra i propri aderenti per cercare risposte a queste domande sulla base del quale è già possibile fissare alcuni punti fermi e ipotizzare linee di ricerca per completare il quadro.
 
In primo luogo, è chiaro che non è tutta colpa del lockdown, anche se quest’anno sta pesando sulla salute mentale degli italiani e probabilmente in misura maggiore sulla salute fisica e mentale dei bambini e degli adolescenti.
 
Diversi indicatori di salute mentale dei giovanissimi sono in calo da almeno 15 anni e parallelamente le richieste di aiuto ai servizi pubblici e privati sono andate crescendo esponenzialmente. In una area metropolitana come Bologna dal 2011 al 2021 le prime visite di NPIA sono aumentate del 50% ed in particolare quelle per problemi di psicopatologia dell’adolescente sono aumentate dell’83%.
 
La situazione non è molto diversa tra aree urbane, suburbane e rurali e non sembra essere granché diversa tra Nord, Centro e Sud, anche se c’è grande difficoltà nel comparare dati raccolti in modo disomogeneo e tra sistemi organizzati diversamente, cosa che pone per altro una seria questione di equità e garanzia: i LEA vanno garantiti e monitorati, vengano essi erogati dall'una o dall'altra macrostruttura in cui sono incardinati i centri NPIA. Le NPIA territoriali sono un sistema in sofferenza da tempo, che ha dovuto fare sempre di più con meno, sul quale si sono appoggiate altre istituzioni in crisi con i giovani, come la scuola ed i servizi sociali degli Enti Locali.
 
Indipendentemente dai determinanti sociali, culturali ed economici che hanno portato a questa situazione, è chiaro che siamo di fronte ad una crisi che ha elementi strutturali che vengono da lontano ed elementi contingenti dovuti alla pandemia. E’ bene dire che sui secondi per il momento non abbiamo una grande mole di dati, ma si stanno raccogliendo segnalazioni consistenti e coerenti da più parti d’Italia. Sappiamo che in fondo la epidemiologia in questi campi arriva sempre a spiegare fenomeni che si sono evidenziati molto tempo prima e talvolta si sono già risolti a prescindere dal suo apporto. Nel caso specifico sembra che la prima ondata non abbia prodotto guai ulteriori, rispetto alla situazione pur drammatica di partenza.
 
Qualcuno suggerisce che la chiusura delle scuole sia stata cognitivamente presa come una sorta di vacanza anticipata dai ragazzi, che poi hanno avuto limitazioni relative durante l’estate. I dati di attività dei servizi sembrano confermare che al primo giro non ci sia stato un aumento né delle richieste di aiuto, né delle attività di emergenza. Vanno ovviamente escluse le situazioni dei giovani con disabilità fisica o intellettiva e le loro famiglie che già alla prima ondata hanno sperimentato una significativa regressione delle abilità faticosamente conquistate e livelli di stress importanti.
 
Diverso è ciò che si sta osservando da Ottobre ad oggi, con fenomeni che è ancora difficile inquadrare in una epidemiologia strutturata, ma che si presentano in modo abbastanza coerente in tutta Italia e che devono destare molta attenzione. Gli aspetti emergenti riguardano soprattutto:
1 - l’aumento delle richieste di aiuto in tutte le età infanto-giovanili,
2 - la trasversalità a condizioni di disabilità fisiche e intellettive, di psicopatologia della infanzia e della adolescenza e di neuropsicologia dell’apprendimento,
3 - il maggiore ricorso a interventi di Pronto Soccorso e di ricovero per problemi psicopatologici o comportamentali, in particolare questo aumento appare legato ad età precoci, dai 10 ai 12 anni
4 - maggiori richieste di collaborazioni da parte del sistema della scuola e dei servizi sociali degli Enti Locali.
 
I cambiamenti sociali e culturali indotti dalla pandemia stanno generando impatti clinici in molti modi diversi. Per i bambini ed i giovani con disabilità neuromotorie e sensoriali si verificano fenomeni di regressione rispetto alle abilità acquisite, nonostante gli sforzi delle famiglie e dei sanitari di compensare l’effetto delle attività sociali e riabilitative interrotte o ridotte.
 
Per i bambini con Disturbi dell’apprendimento ugualmente si assiste ad una regressione rispetto ai livelli raggiunti e ad una divaricazione dei livelli di performance accademica tra alunni digitalizzati e con risorse adeguate ed alunni svantaggiati sotto vari profili, incluso quello linguistico-culturale. Sono evidenti le implicazioni in termini di salute mentale che ciò potrà avere se dovesse persistere ed aggravarsi questa disuguaglianza. Inoltre dal punto di vista psicopatologico troviamo sindromi ansiose nei più piccoli (8-12 anni) espresse soprattutto attraverso la sfera somatica (mal di pancia, mal di testa, aumento o perdita di peso, incubi, enuresi) e sindromi psichiatriche e comportamentali complesse negli adolescenti (ritiro domestico tipo “hikikomori”, autolesionismo, accentuazione di sintomi ossessivi, aggravamento dei disturbi del comportamento alimentare, disturbi del pensiero).
 
Da una prima raccolta non standardizzata dei dati dei servizi regionali della Emiia-Romagna risulta che nel periodo Novembre 2020 – Febbraio 2021, rispetto all’omologo periodo 2019-2020 si sia registrato un aumento delle richieste territoriali di circa il 30% per tutte le suddette condizioni cliniche. Il tutto in un sistema che aveva visto crescere la domanda del 50% nei 10 anni precedenti, lavorando in pratica ad isorisorse.
 
La situazione non pare essere diversa in altre parti d’Italia. Per quanto attiene ai servizi di emergenza sono state segnalate impennate negli accessi in PS e nei ricoveri presso reparti di varia classificazione. A tal proposito va detto che il sistema della emergenza in NPIA è ovunque di dimensioni contenute, con alcune decine di casi attesi annualmente nelle grandi città, spesso basato sulla costruzione di soluzioni ad hoc per i singoli pazienti e per tutte queste ragioni periodicamente in crisi. Si può dire che le emergenze ed i ricoveri siano la punta dell’iceberg e che proposte di soluzioni basate su tale aspetto non possano che essere fallimentari,paer quanto il problema esista e vada affrontato. Quella attuale sembra quindi essere una crisi più grave rispetto alle precedenti, che comunque a varie riprese negli ultimi dieci anni si erano già verificate.
 
Se questo è il quadro della situazione, quali indicazioni possiamo trarre per il futuro immediato, prossimo e remoto? Fondamentalmente indicazioni di tre tipi: sulla comunicazione, sulle strategie istituzionali complessive, sulle strategie specifiche dei servizi sanitari.
 
La situazione di crisi nella crisi che stiamo vivendo è una opportunità per rimettere al centro della agenda sociale il tema dei giovani e contestualizzarlo in una cultura della promozione della salute e della responsabilità. I messaggi che sono stati inviati in questi mesi sono contraddittori come poche altre volte.
 
Da un lato si sono colpevolizzati i giovani per i loro comportamenti non sempre attenti alle misure di prevenzione della diffusione del contagio, dall’altro li si è dipinti come vittime delle stesse misure, arrivando a coniare definizioni come “generazione COVID”, che implicitamente normalizzerebbe l’aspettativa di un presente ed un futuro clinico per molti di loro.
 
Da parte delle istituzioni sanitarie occorre avere linee di comunicazione equilibrate, che non nascondano i problemi esistenti, ma veicolino il coraggio ad affrontare la realtà con gli strumenti della resilienza individuale e dei sistemi sociali, semmai da rafforzare. Ogni generazione ha i suoi problemi ed anche se quelle che si affacciano ora alla società ne hanno di importanti è bene che ci sia una consapevolezza intergenerazionale che ce la si farà, con impegno e responsabilità di tutti, come ce l’hanno fatta le generazione che hanno vissuto la guerra o gli anni di piombo.
 
Sulle strategie istituzionali è sicuramente arrivato il momento di riformare il sistema di relazioni tra scuola, servizi sociali, servizi sanitari, istituzioni giudiziarie e quant’altro si muove attorno ai giovani. E’ un sistema talmente complesso, frammentato e contraddittorio che risulta difficile da comprendere anche agli adulti, che disorienta e disamora i giovani.
 
Ed infine, indipendentemente dai determinanti sociali, culturali ed economici che hanno portato a questa situazione, è ineludibile oramai rivedere una politica complessiva verso i giovani e di rafforzamento delle istituzioni territoriali nel loro insieme e delle NPIA in particolare.
 
Vanno affrontati alcuni nodi storici delle NPIA stesse, come:
1 - la vastità dell’area di intervento (dalla neurologia neonatale alla psichiatria dell’adolescente),
2 - l’eterogeneità dei modelli organizzativi che la vedono talvolta come articolazione dei Dipartimenti Materno-infantili talaltra dei Dipartimenti di Salute Mentale, talaltra ancora Dipartimenti autonomi,
3 - la relazione tra NPIA territoriali e NPIA ospedaliere,
4 - la relazione tra NPIA territoriali, CSM e servizi sociali di Tutela dei Minori.
 
Se il sistema della emergenza ed ospedaliero ha bisogno di maggiore chiarezza rispetto alle sue vocazioni neurologiche o psichiatriche e di migliore organizzazione e qualche rafforzamento in alcune aree del paese, è il sistema territoriale che sta sopportando da dieci anni un carico crescente di bisogni complessi e che rischia di soccombere davanti a questa crisi nella crisi.
 
Il Collegio porterà le sue proposte in ogni contesto istituzionale che possa aiutare ad affrontare e risolvere i problemi strutturali e contingenti di questo settore cruciale per la nostra civiltà, a partire dal tavolo tecnico del Ministero della Salute che si insedierà il 30 Marzo 2021.
 
Angelo Fioritti
Presidente del Collegio Nazionale dei Dipartimenti di Salute Mentale

 
Questo documento scaturisce dalla analisi di alcuni dati provenienti da varie regioni e da una discussione tenutasi all’interno del Direttivo del Collegio Nazionale dei Dipartimenti di Salute Mentale il giorno 23 Marzo 2021

29 marzo 2021
© Riproduzione riservata


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