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Dispositivi medici. Ci convivono 11,2 milioni di italiani

di Giovanni Rodriquez

Il 57,4% di chi li utilizza si ritiene soddisfatto e sono stati 2 milioni gli italiani che nel 2011 hanno avuto la vita salva grazie ad una diagnosi precoce ottenuta attraverso le tecnologie a disposizione. È quanto emerge da una ricerca realizzata dal Censis per Assobiomedica, presentata oggi a Roma.

03 MAG - Tutori, busti ortopedici, ausili per la mobilità personale, apparecchi acustici, lettori per la determinazione rapida della glicemia, sacche per stomizzati, pacemaker e apparecchiature per la diagnostica. Sono solo un parziale elenco dei dispositivi medici, sufficiente però a far capire come siano diventati una presenza costante nella vita di 11,2 milioni di italiani che, grazie a queste tecnologie, possono vivere la quotidianità in famiglia, al lavoro e stabilire relazioni sociali con un sensibile miglioramento nella loro qualità della vita. E' quanto rileva una ricerca realizzata dal Censis per Assobiomedica, presentata oggi a Roma presso la Sala degli Atti Parlamentari del Senato.

Si tratta in particolare di 6,3 milioni di persone che usano tutori, plantari, busti ortopedici, ginocchiere; 2,3 milioni che utilizzano il lettore per la determinazione rapida della glicemia (il glucometro); 1,5 milioni che si avvalgono di ausili per la mobilità personale, come stampelle, deambulatori, carrozzine, sollevatori per alzarsi dal letto; 1,3 milioni che convivono con impianti per la cardiostimolazione, come il pacemaker. Infine, un milione di italiani utilizza apparecchi e protesi acustiche di vario tipo.

Il 59% di chi li utilizza nella vita quotidiana ha potuto scegliere alcune caratteristiche fondamentali del proprio dispositivo. Ed è stato proprio questo, come spiegato da Giuseppe De Rita, presidente del Censis, il valore aggiunto del settore. "La possibilità di personalizzare il proprio dispositivo secondo le esigenze personali - ha detto De Rita - è risultata apprezzata al punto tale che il 69% degli italiani sarebbero disposti a spendere di più per poter avere un prodotto adattabile alle proprie necessità". Di questi il 9,6% è pronto a pagare oltre il 20% in più di tasca propria, il 17,6% pagherebbe tra il 10% e il 20% in più, il 42% fino al 10% in più.

Dall'indagine risulta anche che quasi il 60% degli italiani pensa che la necessità di contenere la spesa sanitaria acquistando prodotti medicali al prezzo più basso determini seri rischi per la salute. Il 44% ritiene che ciò stia già accadendo, il 14% che avverrà in un prossimo futuro. A proposito del caso eclatante delle protesi mammarie difettose Pip a causa del silicone non conforme (nel nostro Paese sono più di 4 mila le donne coinvolte), il 47% degli italiani pensa che ci saranno sempre imbroglioni pronti a speculare sulla salute dei cittadini. Il 30% chiama in causa, per il caso specifico, la corruzione o l'incapacità delle autorità di controllo, un ulteriore 23% fa riferimento alla pressione per avere prodotti a basso costo per risparmiare in sanità.

Sull'argomento è intervenuto Giovanni Monchiero, presidente Fiaso, che si è detto molto preoccupato per le odierne voci su ulteriori "sostanzosi tagli al settore sanità che rischiano definitivamente di far saltare il carattere universalistico del nostro Sistema sanitario nazionale e di far venire meno la possibilità di garantire i Lea". La situazione, secondo i relatori, sembra paradossale considerando che un settore ad alto valore aggiunto economico e di grande valore sociale, capace di migliorare la vita di quote importanti di italiani, assorba una quota residuale della spesa pubblica ( tra il 3% e il 5%) sia al centro di strategie di contenimento della spesa.

Nel rapporto si ricorda, poi, che sono stati più di 2 milioni gli italiani che nel 2011, grazie a un accertamento diagnostico eseguito tramite Tac,  risonanza magnetica, ecografia, mammografia o un test di laboratorio, dichiarano di aver scoperto di essere affetti da una patologia grave, potenzialmente mortale, riuscendo così a curarsi per tempo. E se sono 700 mila gli occupati che, grazie a un esame come questi, hanno potuto individuare patologie mortali da cui sono stati curati, in termini di produttività ciò equivale a un valore aggiunto di circa 40,6 miliardi di euro.
Non c'è quindi da sorprendersi se l'indagine sottolinea che, secondo gli italiani, occorre investire nelle tecnologie biomedicali nel pubblico, per garantire cure efficaci. Innalzamento della qualità della vita ed efficacia delle cure: questo ci si aspetta in futuro dai dispositivi medici. Il 74% degli intervistati considera i soldi pubblici spesi per acquistare tecnologie medicali come un investimento utile, e non come un costo da tagliare. Per il futuro, il 49,5% degli italiani si aspetta che i dispositivi medici aiutino a praticare cure e terapie meno invasive, il 42% che contribuiscano a individuare precocemente le patologie, il 36% che mettano a disposizione dei cittadini strumenti sempre più semplici utilizzabili direttamente dalle persone senza dover ricorrere ai professionisti sanitari, infine, il 20% che mettano a disposizione ausili sempre più personalizzati.  
 
Giovanni Rodriquez

03 maggio 2012
© Riproduzione riservata


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