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A Giulia Grillo non servono apologie ma critiche costruttive

di Ivan Cavicchi

Alla apologia che nega gli sbagli, le responsabilità, le incapacità, come quella svolta recentemente dall'onorevole Lorefice nei confronti di Giulia Grillo, personalmente preferisco la radioscopia della critica costruttiva

10 GIU - Maria Lucia Lorefice, portavoce M5S presso la Camera dei Deputati, e presidente della commissione Affari sociali, l’altro giorno ha rilasciato una dichiarazione in difesa del ministro Grillo.
 
Solidarietà e apologia che, considerando le circostanze politiche attuali, mi riferisco alla batosta elettorale, pone il problema se sia o no il caso. Alla apologia che nega gli sbagli, le responsabilità, le incapacità, personalmente preferisco la radioscopia della critica costruttiva
 
Nel caso del M5S oggi la posta è troppo alta. Si è, di fatto, aperta una crisi che, fra le altre cose, probabilmente preluderà ad un rimpasto di governo e che se non gestita con l’intelligenza politica che richiede, può significare una delegittimazione irreversibile del movimento.
 
“Basta attacchi strumentali a Giulia Grillo”
 
(1)“Il ministro Grillo  si sta muovendo in maniera efficace nel solco del progetto del Movimento 5 Stelle e del contratto di governo.(2) In un anno di attività abbiamo portato un chiaro segno di cambiamento che ha scosso il mondo della sanità nel nostro Paese. (3) Grazie all’opera del ministro Grillo abbiamo cominciato a introdurre principi di merito e di trasparenza in un mondo che fino a ieri era prigioniero di vecchie logiche spartitorie e abbiamo posto il tema dello squilibrio dei servizi offerti nel Paese ai cittadini. (4) Oggi finalmente anche la condizione delle Regioni meridionali non è più marchiata da un senso di ineluttabilità. (5) Il filo conduttore della linea politica che abbiamo perseguito con il ministro è quello della tutela dei più deboli, che è lo stesso con cui abbiamo improntato l’intera azione di governo”.
 
Onorevole Lorefice ho appena pubblicato un e book (“Te lo do io il cambiamentoscaricabile gratuitamente su questo giornale) con il quale mi provo a dimostrare esattamente il contrario di quello, che lei, in modo apologetico ha dichiarato a difesa di un ministro, certamente una brava persona, su questo non si discute, ma che tuttavia le assicuro, di voti al suo movimento, “causa sui”, ne ha fatti perdere parecchi.
 
Non è vero che (1) (2) (3)
Non è vero che (1): il ministro fin da subito avrebbe dovuto mettere a punto una strategia per non ripetere gli errori dei governi passati, per mettere in sicurezza il sistema pubblico, per assicurare quei cambiamenti volti a garantire a un tempo sostenibilità e qualità delle cure, per risolvere le grandi crisi culturali della nostra epoca (che sono parecchie ecc). Purtroppo nulla di tutto questo. Il ministro, ripeto è una brava persona ma non ha né idee né esperienza, quanto al carisma se questo fosse proporzionale alla sua ambizione e presunzione sarebbe irresistibile e travolgente. Per cui, alla fine nel modo più anodino possibile ha deciso di attenersi all’ordinario, cioè di navigare a vista, di lavorare alla giornata, e di ridurre tutto a bricolage.
 
Non è vero (2), l’unica cosa che la sanità ha avvertito con inequivocabile certezza è stata proprio la mancanza di una scossa, perché la gestione Grillo si è rivelata nei fatti del tutto continua alle politiche quindi ai governi che l’hanno preceduta. Quando parlo di continuità, parlo di approcci, di linee operative, di modalità, di impostazione culturale, di logiche (sempre la stessa zuppa e come sempre terribilmente insipida).
 
Questo ministro, come l’orbo che in mezzo ai ciechi si crede re, in pratica si è auto-proposto sfruttando la sua posizione di parlamentare (di concorrenti nel M5S ne aveva davvero pochi, quelli veri cioè quelle che per davvero potevano fare i ministri erano fuori dal M5S ma lei quel nulla osta che sarebbe servito forse per presunzione non l’ha voluto dare).
 
Non è vero (3)(4)(5)
Non è vero (3): la sanità resta un mercato delle vacche (non si dimentichi che essa costituisce anche fino a tre quarti un bilancio regionale) e il nodo annoso dei rapporti tra gestione e politica resta irrisolto e non sarà una norma ingenua come quella sulle graduatorie dei direttori generali a scioglierlo e neanche il vostro sunshine act di cui comunque ho apprezzato per lo meno l’intenzione della trasparenza e l’entusiasmo dell’onorevole Baroni.
 
La questione morale ha a che fare con la questione della governance. Il suo ministro, onorevole Lorefice, avrebbe dovuto tirare fuori una proposta di ripensamento dell’azienda, una nuova idea di governo, nella quale responsabilizzare le professioni, organizzare un controllo sociale sulle nomine, ma a parte alcuni coup de theatre, non ha fatto niente di tutto questo. Non sarà, mi creda, la graduatoria dei direttori generali a risolvere il problema.
 
Non è vero neanche (4): sulle diseguaglianze e sugli squilibri, nord/sud l’unica cosa sensata che, con un certo entusiasmo non ho esitato a sostenere, è stata la proposta Nesci per riformare i criteri di riparto, iniziativa che mi risulta essere stata bloccata dal parere contrario della Lega. Il ministro Grillo, non ha esitato a rendersi ridicola quando ha dichiarato che, al fine di riscattare il sud dalle diseguaglianze e dalle ingiustizie, avrebbe chiesto al consiglio superiore della sanità (sic) una strategia.
 
In questa imbarazzante circostanza non solo abbiamo capito che il ministro non conosce il Css ma che il ministro anche se del sud, non conosce il problema delle diseguaglianze e meno che mai sa dove mettere le mani per bloccare la mobilità interregionale.
 
Anche il decreto Calabria, pur apprezzando lo sforzo politico anche se un po’ troppo pre-elettorale, di dare una risposta ad una gravissima emergenza, non è esente da critiche. Sembra fatto con i piedi, ma soprattutto rompe tutto un assetto istituzionale, e senza avere in testa un progetto di sanità. Se andrà bene facendo il “commissariamento del commissariamento” al massimo faremo un rientro di bilancio ma deve essere chiaro che ai calabresi alla fine dobbiamo dare i diritti che non hanno. E penso che per i loro diritti i calabresi dovranno aspettare ancora un bel po’.
 
Non è vero neanche (5): a giudicare dalle cose scritte, al ministro Grillo dei più deboli interessa poco e lo dimostrano le norme sulle mutue e sui fondi sanitari presenti nella bozza di patto per la salute (art 11) lo dimostra l’art 14 del decreto crescita con il quale si sono dichiarati i fondi sanitari integrativi dei soggetti no profit  quindi non commerciali, lo dimostra l’apertura che il ministro Grillo ha fatto fin da subito al regionalismo differenziato.
 
A giudicare dalle carte, al ministro Grillo, sembrano interessare i più forti ai quali vuole accrescere i privilegi che già hanno a discapito proprio di quei cittadini deboli quelli che non hanno scelta e che quindi sono obbligati ad usare solo il servizio sanitario nazionale.
 
I tagli questo ministro se l’è cercati
Oggi siamo a rischio di tagli (rischio che se si rileggono i miei articoli avevo previsto in tempi non sospetti) lo sa, onorevole Lorefice, perché siamo a rischio? Perché questo ministro nonostante le difficoltà economiche del paese, nonostante nel sistema sanitario esistano tante diseconomie, nonostante non sia difficile fare previsioni sul rapporto pil/sanità, si comporta solo come un ministro che spende, cioè l’unica cosa che sa fare è quella che sanno fare tutti, cioè chiedere soldi senza mai creare nuove economie.
 
Sarebbe bastato che, questo ministro, si fosse presentato al proprio governo con un progetto di sanità sostenibile indicando con chiarezza le nuove economie possibili e i tempi dell’implementazione. E’ stata la prima cosa che mi son trovato a consigliarle prima che i nostri vecchi rapporti di collaborazione si deteriorassero.
 
Ora leggo che il ministro Grillo, in una situazione politica a dir poco delicata, ma soprattutto in una situazione finanziaria dove comincia a scarseggiare l’ossigeno, dichiara guerra al Mef ed è pronta, in caso di tagli, a dimettersi, considerando lei “irricevibile”la clausola di salvaguardia che subordina i soliti 2 miliardi ballerini alle diponibilità finanziarie.
 
Auguri ministro apprezzo lo slancio, posso anche capire che in caso di rimpasto è meglio  mettere le mani avanti per non cadere indietro quindi accreditarsi  alla storia come un pugnace difensore della sanità, ma dirsi disposti alle dimissioni su dei problemi finanziari, in questo periodo, con il fiato dell’Europa sul collo, se le cose si mettono male poi, le dimissioni bisogna darle  per davvero e non è detto che nel clima politico dato, che esse siano considerate una catastrofe. Il ministro Grillo, sa che la clausola che oggi lei contesta, era già prevista nella legge di bilancio che, quando fu approvata, non mi risulta che lei abbia fatto storie o si sia garantita una qualche franchigia e meno che mai abbia minacciato dimissioni.
 
Stare con i piedi a terra
Ma a parte questo, personalmente parto da un presupposto terra terra. I tagli eventuali alla sanità se, in una qualche misura, saranno fatti come io temo (ripeto in una qualche misura) non è perché si vuole fare un dispetto al ministro Grillo, ma perché i soldi sono pochi e le cose da finanziarie sono tante, con una Europa pronta a sanzionarci sul debito pubblico.
 
A questo punto mi chiedo ma perché il ministro Grillo anziché scadere in smargiassate piene di incognite non si gioca una volta per tutte la carta del finanziamento della sanità pubblica cancellando i 3 mld di incentivi fiscali al privato e vincolandoli a finanziare il patto per la salute?
 
Se facesse ciò, lei, quindi il M5S, metterebbe eroicamente un argine alla privatizzazione del sistema in corso e nello stesso tempo rifinanzierebbe in modo altrettanto eroico la sanità pubblica.
 
Ma il ministro Grillo cosa fa? Vuole la botte piena e nel patto per la salute prevede norme per rilanciare il privato contro il pubblico (ci vuole una bella faccia tosta a fare di tutto per attuare la seconda gamba a parlare di complementarietà), e la moglie ubriaca cioè rifinanziare il fondo di altri 2 mld.
 
Il doppio gioco
Mi pare quindi di capire che siamo al doppio gioco: da una parte il ministro Grillo mostra di battersi per il pubblico fino a minacciare le proprie dimissioni, ma intanto sta mettendo su la seconda gamba quindi sta spingendo l’acceleratore sui fondi integrativi.
 
A questo punto, onorevole Lorefice, non aggiungo altri commenti, vorrei tuttavia concludere riprendendo l’ultima parte della sua dichiarazione apologetica:
(1 )“Non siamo che all’inizio – conclude -. Siamo certi che nei prossimi quattro anni continueremo a dare risposte concrete sia ai cittadini sia agli operatori della sanità, per tutelare quel diritto universale alla salute sancito all’art. 32 della Costituzione che presuppone un forte servizio sanitario a guida pubblica. (2) Proseguire sulla via tracciata sin qui dal ministro Giulia Grillo e dall’attuale maggioranza di governo è la migliore garanzia di riuscire a perseguire questo obiettivo”.
 
Non è vero (1): il ministro Grillo sta spingendo per istituire la seconda gamba e quindi per venire meno all’art 32 e poi cara onorevole Lorefice cosa vuol dire un sistema “a guida pubblica” e infine in ragione della real politik che farete con il regionalismo differenziato, calerete le brache?
 
Non è vero (2) oggi la migliore garanzia per difendere l’art 32 è cambiare radicalmente la politica anodina del ministro Grillo e se non è possibile di cambiare, nel primario interesse del movimento, il ministro ma senza dare ad altri partiti la titolarità del ministero. Se il ministero della salute andrà alla Lega come si vocifera, chi difenderà la sanità pubblica dallo sventramento che il regionalismo differenziato causerà?
 
Il ministro Grillo sino ad ora ci ha parlato di cambiamento ma ignorando che per cambiare bisogna riformare e che per riformare ci vogliono delle idee. Il cambiamento, a cui allude il ministro, è solo di facciata superficiale, contingente, occasionale, finto, per cui l’idea che almeno a me questo ministro ha dato, è quella di chi tenta di ridipingere una casa, (peraltro in modo decisamente maldestro basta rivedere le sue terribili audizioni) che cade a pezzi, ma semplicemente per appigionarla meglio. Quindi chiedo ancora: con 6 milioni di voti in meno, a chi giova l’apologia?
 
Ivan Cavicchi

10 giugno 2019
© Riproduzione riservata


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