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Federalismo. Lombardia copre 64% spesa sanitaria con entrate proprie. Calabria solo il 9%


Ma le differenze non si fermano qui. Nel "dare/avere" tra tasse pagate e servizi globali ricevuti la Lombardia è in attivo per 7.198 euro procapite. La Calabria in debito per 2.797 euro. Ecco la mappa dell'Italia, tracciata del Centro studi sintesi di Mestre, alla vigilia del federalismo fiscale.

30 NOV - Il federalismo fiscale è alle porte. Ma l’Italia che dovrà attuarlo è molto diversa da una realtà all’altra. Differenze senz’altro note ma che spiattellate su un grafico lasciano comunque sbalorditi.
 
Partiamo dal dato più significativo: quello del dare/avere in termini di tasse versate e servizi ricevuti a livello locale. Ebbene, se per un cittadino lombardo il saldo è attivo per 7.198 euro (ovvero con le tasse pagate i servizi ricevuti sono ampiamente coperti e anzi c’è un surplus), per un cittadino della Calabria il saldo è passivo di ben 2.797 euro. Il solito Nord che paga e il Sud che succhia risorse statali? In linea di massima sì. Fa eccezione solo la Val d’Aosta, su livelli di passività prossimi a quelli della Calabria.

Se ci fermiamo alla sanità questa realtà si specchia fedelmente. Anche se, in questo caso, le risorse locali (Irap, addizionale Irpef, ricavi propri e straordinari delle Asl) non bastano da sole a coprire l’intera spesa regionale in nessuna parte d’Italia. Detto questo, però, se in Lombardia con le risorse proprie si riesce a coprire il 64% della spesa sanitaria regionale, la quota coperta dalla Calabria si ferma al 9%.
 
Insomma, nonostante gli otto decreti attuativi relativi alla legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale siano stati tutti approvati, il cammino verso la tanto auspicata (in realtà solo dal Nord) autonomia fiscale presenta tali difficoltà perequative da far tremare i polsi a chi voglia un federalismo capace in ogni caso di mantenere una sostanziale omogeneità di diritti e doveri nel Paese, al di là delle differenze sociali ed economiche.
E così, in fondo, la pensano anche gli estensori del Rapporto sulla distribuzione territoriale dei trasferimenti statali, elaborato dal Centro studi sintesi di Mestre presentato ieri a Bologna. “La riforma federale è un cantiere ancora aperto - scrivono - anche perché sullo sfondo emergono i tagli a Regioni ed Enti locali operati delle manovre finanziarie degli ultimi anni a valere dal 2011 e per gli anni successivi”. Un taglio orizzontale drammatico che, nel biennio 2011/2012, costerà 9,5 miliardi alle Regioni ordinarie, 1,5 miliardi a quelle a statuto speciale, 800 milioni alle Province e 4 miliardi ai Comuni con più di 5mila abitanti.
 
Per questo, scrivono ancora i ricercatori, “le disposizioni della manovra estiva del 2010 avranno conseguenze sul processo di attuazione del federalismo fiscale. L’obiettivo della legge delega del 2009, infatti, è quello di accrescere la responsabilizzazione degli Amministrazioni locali nella gestione della cosa pubblica attraverso il passaggio dal criterio della spesa storica a quello dei costi standard, il potenziamento dell’autonomia finanziaria (grazie a tributi propri e compartecipazioni a tributi erariali) e il superamento del modello di finanza derivata (basato sui trasferimenti)”.
 
Ma torniamo ai numeri. Abbiamo visto i migliori (Lombardia) e i peggiori (Calabria) nel saldo fisco/servizi. Vediamo gli altri. Al secondo posto in attivo c’è l’Emilia Romagna con un saldo positivo di 4.203 euro e poi il Veneto con 3.405 euro. Seguono Piemonte (2.346 euro), Lazio (2.346 euro) e Toscana (2.098). Mentre in fondo alla graduatoria, subito prima della Calabria, c’è l’unica regione del Nord, la Valle d’Aosta, con un saldo passivo di -2.532 euro. A salire, la Basilicata (-2.415 euro), la Sardegna (-2.270 euro), il Molise (-1.869 euro) e la Sicilia (-1.859 euro).
 
Per la sanità la situazione è ugualmente articolata e vede tutto il Sud in posizione di maggiore sofferenza finanziaria. Come abbiamo visto la regione con il gap minore tra entrate proprie e spesa sanitaria è la Lombardia che da sola copre il 64% della spesa. Segue il Lazio con il 54%, il Veneto con il 52 e l’Emilia Romagna con il 50. In fondo alla classifica la citata Calabria che riesce a coprire autonomamente solo il 9% della spesa sanitaria regionale, mentre poco meglio riescono a fare la Basilicata e il Molise (11% tutte e due), la Puglia (17%),  e la Campania (18%).
 
E’ l’Emilia Romagna, invece, la Regione leader per fedeltà fiscale, in termini di scarto tra quanto dichiarato e i consumi, prima di Friuli-Venezia Giulia con un indice pari a 140, il Trentino-Alto Adige (136), il Piemonte (129), le Marche (129) e il Veneto (123). All'ultimo posto, invece, la Campania (48), seguita da Sicilia e Sardegna (51), Calabria (52), Puglia (58) e Abruzzo (87).
“Tuttavia, questi importanti primati non sono stati sufficienti ad evitare nuovi sacrifici alle Amministrazioni territoriali dell’Emilia Romagna. E’ un dato di fatto – ha spiegato Paolo Govoni presidente regionale Cna presentando i dati – che i criteri di riparto basati sulla spesa storica, hanno penalizzato le Amministrazioni locali della nostra regione. Per questo motivo le aspettative degli imprenditori in merito all’effettiva attuazione del federalismo fiscale, sono molto forti. Ecco perché siamo preoccupati che il federalismo sia ancora cantiere aperto. Al di là delle assicurazioni fornite sulla disponibilità a reintegrare i trasferimenti attuati attraverso una riduzione dei tagli, qualora emergessero risorse disponibili, il rischio che il federalismo regionale possa partire ‘monco’, è tutt’altro che infondato”.
 
Nel prossimo futuro qualcosa dovrà cambiare: “Non è in discussione, sia chiaro – precisa Govoni – la solidarietà verso i territori con minore capacità fiscale (elemento tra l’altro sancito dalla Costituzione). Si tratta di riorganizzare i rapporti tra Centro e Periferia in modo più trasparente e più improntati ai criteri di efficienza. E’ fondamentale che i criteri della responsabilità e dell’efficienza  diventino patrimonio di tutti i livelli di governo e in tutte le aree del Paese. La scarsità di risorse, aggravata recentemente dai pesanti sacrifici richiesti alle Amministrazioni locali dalle ultime manovre, impone necessariamente una migliore e più accurata gestione della spesa pubblica. Se non riusciamo a coniugare efficienza e responsabilità, non si va lontano”.
 

30 novembre 2011
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