L’anno sanitario che verrà tra economia politica, società ed Europa
di Fabrizio Gianfrate
A che sono serviti 10 anni di sacrifici sanguinolenti, se siamo sempre più indebitati, più poveri e ci curiamo meno e peggio? Le politiche neoliberiste, specie quelle all'italiana, sono nefaste in società demograficamente mature come le nostre con una globalizzazione vorace in Paesi Emergenti dalle regole lasche e dal dumping sociale e ambientale
10 GEN - “
…l’economia e la politica sono incerte, le elezioni imminenti porteranno maggioranze deboli e quindi governabilità fragile. Per il grande debito dall’estero vorranno altri tagli alla spesa, a discapito di condizioni sociali e salute pubblica già compromesse dai sacrifici degli ultimi anni. Le lobby spingono costi e tariffe. Il malcontento accresce l’intolleranza per le minoranze e spinge il consenso per le camicie brune..”
Non è
“La Repubblica” di ieri ma il
“Neue Berliner” d’inizio 1928 nella Germania di Weimar. Impressionanti le analogie con l’oggi. Temi a cui guardare quest’anno anche riguardo al nostro SSN. Le elezioni politiche e regionali, chi e con che forza (debolezza) vincerà. Le richieste in primavera da Bruxelles sul Patto di Stabilità. L’aumento dei tassi dalla BCE e la fine del Quantitative Easy, a gravare sugli interessi del debito pubblico e quindi forieri di altre richieste di tagli.
Finanziariamente il nostro SSN ha finora ben tenuto. Il FSN ha avuto i suoi incrementi, benché più bassi rispetto alla crescita fisiologica sia della domanda sia dell’inflazione dei costi “di produzione” dei servizi. In realtà il vero taglio della spesa negli ultimi anni non è stato sul FSN ma sul suo cronico sforamento, eliminato, o quasi, grazie ai piani di rientro.
Un risultato epocale delle Regioni (non tutte) foriero di efficienza. Ma che tuttavia ha anche ristretto di fatto le prestazioni. Tant’è che è cresciuto il numero di pazienti che non si cura più o si cura meno, o deve pagarsi privatamente le cure (in crescita la spesa privata), nel combinato disposto tra aumento della povertà e peggiorato accesso ai servizi.
Come appunto a Weimar, pesa il debito astronomico, “die schuld” (in tedesco vuol dire anche “colpa”, a spiegare luteranamente tante cose della Germania di ieri e di oggi…). Oggi il nostro è record: 2300 mld, il 130% del PIL. Cresciuto di ben un terzo dal 2007, nonostante la mordacchia da Bruxelles. E continua ad aumentare di 2000 euro al secondo!
Ma allora, scusate, a che sono serviti 10 anni di sacrifici sanguinolenti, se siamo sempre più indebitati, più poveri e ci curiamo meno e peggio? Che pro dalle politiche neoliberiste di tagli? Più dannose che utili? Vecchia e irrisolta diatriba. Secondo me (e il collega Keynes credo sarebbe d’accordo) sono nefaste in società demograficamente mature come le nostre con una globalizzazione vorace in Paesi Emergenti dalle regole lasche e dal dumping sociale e ambientale.
Keynes infatti abbandonò polemicamente la conferenza di Versailles perché contrario alle insostenibili sanzioni alla Germania, ma non per ragioni ideologiche quanto perché controproducenti alla migliore comune crescita futura. Ci scrisse “Le Conseguenze Economiche della Pace”, pietra angolare dell’economia politica. Lì definisce i tagli cruenti imposti come “deprimenti l’economia, a rischio di macelleria sociale e preparatori a populismi reazionari” (tiè!)
Peggio poi se il neoliberismo è all’italiana, quando le risorse pubbliche tagliate finiscono spesso in tasche private: del boiardo dell’azienda pubblica in deficit perenne, della banca truffaldina salvata, dell’imprenditore degli appalti che costano il triplo dell’EU, del solito monopolista dalle tariffe sicure, del sottosegretario dal conto off-shore, ecc. ecc.
Quindi è anche il Sig. Giuseppe, ottantenne pensionato in attesa da tre giorni al pronto soccorso su una barella tra le sue feci perché non c’è letto né personale, a “pagare” ai suddetti personaggi la fiammante cabrio per sfrecciare verso la villa in riviera con barca ormeggiata, prima dell’aragosta a cena. Caro Sig. Giuseppe, si sa, “ce lo chiede l’Europa!”
Non sorprenda se suo figlio, che ha studiato poco e letto meno, vomita rancoroso e confuso da hater sui social contro tutto e tutti. E se il nipote tatuato marcia rasato e in camicia nera tra le buche e la monnezza di Tor Marancia inneggiando al Duce e contro “negri”, ebrei, “froci” e zingari. Proprio come le “camicie brune” nella Berlino di Weimar impoverita da Versailles.
“Prima viene la pappatoria e poi la morale”, cantano allegri sul cadavere di Mackie Messer nell’Opera da Tre Soldi di Brecht e Weill al suo debutto berlinese proprio in quei giorni, sul cinismo del potere con i suoi affari, i suoi intrighi, le sue lobby che arricchiscono i soliti privilegiati affamando la gente comune. Di lì a poco finirà come sappiamo. Ma tranquilli, era il 1928, mica oggi. Buon anno.
Prof. Fabrizio Gianfrate
Economia Sanitaria
10 gennaio 2018
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Studi e Analisi