Come uscire dal vicolo cieco delle “non riforme” in sanità. Partiamo dalla sostenibilità. Ma quella vera (terza parte)
di Ivan Cavicchi
Oggi la sostenibilità è interpretata dal governo solo come sostenibilità economica. Cioè come questione finanziaria e per questa ragione tutte le politiche in campo sono definanzianti. E invece dovremmo partire dall’equilibrio (sostenibilità) della domanda/offerta
09 DIC - Il più grande problema della sanità oggi si chiama sostenibilità. La sostenibilità per me è quanto dura l’equilibrio tra bisogni di salute e risorse disponibili (domanda/offerta). La durata di questo equilibrio nel tempo per tante ragioni tende a venire meno quindi a creare problemi di insostenibilità.
Quando ciò avviene, in genere nel lungo periodo, si pone il problema di sostituire gli equilibri compromessi con nuovi equilibri e questo in genere si fa con delle riforme. Solo questo permetterebbe ad un sistema complesso come la sanità pubblica di durare (cioè essere sostenibile) nel tempo. Riformare è la condizione base per garantire sostenibilità.
Oggi la sostenibilità è interpretata dal governo solo come sostenibilità economica cioè come questione finanziaria, per questa ragione tutte le politiche in campo ad ogni livello del sistema sono tutte definanzianti e comunque tutte hanno un effetto definanziante. In quanto tali esse non si preoccupano di creare nuovi equilibri tra domanda/offerta in luogo di quelli vecchi ma semplicemente di dequantificare progressivamente nel tempo la spesa sanitaria.
Si tratta di politiche con pericolosi effetti contro riformatori che nel tempo, senza risolvere i problemi di sostenibilità, mettono a rischio la natura e la tenuta del sistema: il fabbisogno cresce ma i finanziamenti per soddisfarlo calano sempre di più, esasperando persino in modo conflittuale il divario tra bisogni e risorse.
Rispetto al problema del fabbisogno finanziario sono due le posizioni che si fronteggiano:
· quella del
finanziamento assoluto: si tratta semplicemente di adeguare il Fsn alla crescita del fabbisogno (regioni e sindacati);
· quella del
finanziamento relativo: si tratta di compensare con una riduzione delle diseconomie il minor finanziamento del Fsn (governo).
Entrambe le posizioni come si può notare non mettono in discussione il fabbisogno quindi la sua quantificazione, ma si differenziano per il
modo con il quale esso viene finanziato:
incrementale in un caso,
decrementale nell’altro.
Questo vuol dire due cose:
· che il fabbisogno della sanità inteso come l’espressione del rapporto domanda/offerta fino ad ora non è stato mai visto come un problema;
· che esso può crescere fino a quando potrà essere finanziato in un modo o nell’altro.
Ma questo vuol dire anche che:
· quando il fabbisogno per problemi diversi non potrà essere più finanziato con la spesa pubblica (o in un modo o in un altro) esso dovrà ricorrere al finanziamento privato;
· la privatizzazione del finanziamento implica una modifica strutturale della natura pubblica del sistema.
Questo è possibile che accada per due ragioni:
· perché nessuno sino ad ora ha pensato di riformare il fabbisogno o di sostituire degli squilibri con degli equilibri;
· perché nessuno sino ad ora ha pensato di usare la riforma del fabbisogno per fare sostenibilità.
Qualche cenno storico:
· il vero inizio della riforma sanitaria si ha con “l’estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli ospedali” (L.n°386/1974) cioè su un problema di insostenibilità finanziaria;
· il sistema mutualistico che nasce nel 1942 si era indebitato a causa di un fabbisogno crescente non sostenuto da una crescita analoga della contribuzione;
· la costante espansione del fabbisogno aveva messo in crisi il principio base del mutualismo quello della corrispondenza (equilibrio) tra contributi e prestazioni;
· oggi il definanziamento della sanità ci dice molto semplicemente che esiste un problema di insostenibilità (squilibrio) analogo a quello di 40 anni fa con la differenza che il divario prima era tra contribuzione e prestazioni oggi è tra Fsn e prestazioni...ma sempre di divario si tratta;
· la riforma del 78 avrebbe dovuto essere la risposta ai problemi di sostenibilità finanziaria con il fine primario però di riformare il fabbisogno cioè il rapporto tra domanda espressa e struttura dell’offerta disponibile ,o detto in altro modo, il consumo sanitario;
· la riforma del 78 attraverso la riforma del consumo aveva lo scopo di rendere governabile il sistema rendendo sostenibile la spesa.
Quindi diciamo la verità, se oggi stiamo come stiamo vuol dire che:
· la riforma del consumo sanitario non è stata fatta per cui esso continua a crescere ingigantendo il divario tra domanda espressa e struttura dell’offerta;
· è del tutto illusorio pensare di governare la spesa senza riformare cioè mettere mano a questo divario;
· le soluzioni che tentano di bypassare questi problemi (universalismo selettivo, privatizzazione, mutualismo riordini regionali, definanziamento del sistema, decapitalizzazione del lavoro, ecc.) si basano tutte su un presupposto falso: vale a dire l’irriformabilità del fabbisogno sanitario.
Ritenere irriformabile il fabbisogno come dimostra la storia fallimentare delle vecchie mutueriproporrà oggi quello che è accaduto ieri cioè riproporrà eternamente la questione della sostenibilità alla quale ne mutue e ne assicurazioni potranno sottrarsi.
Tutto questo ci dice in modo brutale che se a suo tempo fossimo riusciti a riformare il fabbisogno cioè a sostituire squilibri con nuovi equilibri :
· probabilmente oggi non saremmo nei guai e i problemi di definanziamento non sarebbero così drammatici;
· che i problemi del fabbisogno sono sempre esistiti e quindi che sono sempre esistiti i problemi di sostenibilità;
· che la sostenibilità come grande questione del sistema è generata prima di tutto dal suo contrario non risolto; l’insostenibilità relativa agli squilibri tra domanda e offerta.
In poche parole: non essere riusciti fin dall’inizio (1978) a fare sostenibilità riformando il fabbisogno mutualistico, è la causa primaria dei problemi di sostenibilità che abbiamo ora.
Se è così come io penso allora oggi:
· è sbagliato pensare di risolvere i problemi della sostenibilità fuori da un ottica di riforma;
· è sbagliato prendere strade senza uscita come la privatizzazione della spesa;
· la cosa più giusta da fare è riformare quello che non è stato riformato mai.
Questo è il motivo per il quale sostengo con forza le ragioni di una nuova riforma della sanità pubblica.
Ivan Cavicchi
Leggi la prima e la seconda parte
09 dicembre 2015
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