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“Non tagli ma minori sprechi”. Quando continuare a raccontare di Babbo Natale non aiuta a crescere

di Fabrizio Gianfrate

Essere convinti che basti ridurre i fondi per trasformare il manager somaro in bravo o il ladro in onesto, è nel migliore dei casi da ingenui, un eccessivo empito di “wishfull thinking”, la speranza di una fortunatissima quanto improbabile eterogenesi dei fini.

03 SET - “Ego te baptizo piscem” mugolò sbrigativo il Card. Mazarino accennando la croce con le tre dita sopra il piccione tartufato appena sfornato per il pranzo del venerdì Santo del Re Sole per sollevarlo dal precetto del magro quaresimale. Questo noto aneddoto riportato da Dumas mi è venuto in mente ascoltando il “non tagli ma minori sprechi” con cui la Lorenzin e Renzi hanno ribattezzato i tagli alla sanità di oggi e di domani.
 
Per essere veramente “meno sprechi”, prima di ridurre i finanziamenti si deve sapere perfettamente se e quali gli sprechi siano e dove si annidino, quindi siano eliminate e corrette le anomalie e poi, solo allora, decidere chi, cosa e come non finanziare più. Un impegnativo processo di revisione manageriale, nel macro, nel mini e nel micro.
 
Insomma, prima si tappano i buchi del secchio, individuando dove e quali sono, e solo dopo si rivede quanto riempirlo secondo quanta acqua, o altro liquido, serve portarci dentro. Per farlo servono competenze, tempo e volontà.
 
Essere convinti che basti ridurre i fondi per trasformare il manager somaro in bravo o il ladro in onesto, è nel migliore dei casi da ingenui, un eccessivo empito di “wishfull thinking”, la speranza di una fortunatissima quanto improbabile eterogenesi dei fini.
 
Insomma da Bruxelles a Roma quei tagli mutano magicamente sostanza, diventando minori sprechi e migliore allocazione di risorse. Transustanziano miracolosamente per mano e a beneficio di chi comanda. La scomoda “omoussia” di Ario che a Nicea l’Imperatore Costantino trasforma ope legis in accomodante “omoiussia”. Basta aggiungere d’imperio una “i” (iota) per stravolgerne a proprio vantaggio il significato apparente.
 
Chiamparino aggiunge che “le risorse tagliate devono restare nel settore, ma allocate meglio”. Allora perché tagliarle? Va bene che siamo il Paese dei bizantinismi e dei barocchismi, dove, diceva Flaiano, la linea più breve tra due punti è l’arabesco, ma che senso ha togliere per poi rimettere? Non si dovrebbe invece, quelle risorse, anziché tagliarle, “allocarle” direttamente meglio (efficienza allocativa)? E per farlo, anziché tagliare, non si dovrebbe, appunto, prima sapere dove (oltre che come) allocarle meglio?
 
Il malizioso potrebbe pensare che certe dichiarazioni siano una sorta di make-up mediatico per rendere meno impopolari i tagli a chi usa la sanità la usa di più, cioè gli anziani, indorando loro la pillola facendo leva sulla vulgata comune dello spreco diffuso che tanto muove emotivamente gli animi (Karl Kraus chiamava certa comunicazione mediatica strumentale la “macchina per istupidire”). Non manca inoltre il birignao e il latinorum a sostegno (“così si miglioreranno le prestazioni” o “ci saranno indubbi vantaggi per i pazienti”).
 
I dubbi del malizioso si rafforzano quando appena dichiarate le virtù di tali tagli, la Lorenzin con sospetta sindrome dissociativa ma con sincronismo perfetto (lo dichiara lo stesso giorno dell’approvazione del taglio da 2,35 miliardi) afferma che “urgono più risorse per il SSN”. O in diverse occasioni Chiamparino, per il quale le risorse tagliate tali non sono perché restano nel settore, dichiari convinto: “basta altri tagli”
 
Insomma, anche politici competenti e di buon senso, come i sopra citati, quando si parla di sanità pattinano goffi su terreni assai scivolosi, segnando ancora la complessità a maneggiare questo nostro settore cruciale per la società e quindi per acquisirne consenso. Molto impopolare dichiarare esplicitamente e senza infingimenti che tocca intaccare tagliare, anche se perché obbligati dall’EU, giusti o sbagliati che siano gli impegni assunti ma da rispettare.
 
Ma forse un discorso così, lineare e trasparente, non siamo, o non siamo ritenuti, o non siamo più, un popolo abbastanza maturo, per fiducia, civismo o coscienza istituzionale, da comprendere utilmente, e quindi da meritarci. Certo è che, in tal senso, pur se con le migliori intenzioni, continuare a raccontare di Babbo Natale o della Fata Turchina non aiuta a crescere o maturare.
 
Prof. Fabrizio Gianfrate
Economia Sanitaria

03 settembre 2015
© Riproduzione riservata


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