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Lotta a sprechi e corruzione e informatizzazione del sistema. Per gli italiani sono queste le due “armi” da usare per salvare il soldato Ssn


Lo rileva un’indagine della Fasi su un campione rappresentativo della popolazione che ha confermato il rischio di una crescente “auto rinuncia” alle cure per motivi economici. Ma l’indagine mostra anche un futuro a tinte fosche per il Ssn: il 65% degli italiani pensa che non ce la farà più a garantire i Lea e il 46% che la qualità peggiorerà. Tra le soluzioni, anche ticket più alti per i più ricchi e più fondi integrativi. IL SONDAGGIO

22 APR - Per gli italiani il futuro della sanità è fosco: tra chi crede che il Ssn non ce la farà più a garantire più gli stessi servizi (32%) e chi pensa che ce la farà solo in parte (33%) si arriva a un 65% di nostri concittadini che la vede nera per i prossimi 4/5 anni. E non va molto meglio per i livelli di qualità delle prestazioni. Per il 46% degli italiani esso è infatti destinato a peggiorare.
 
Questo scenario è stato tracciato da un’indagine voluta dal Fasi, il Fondo di assistenza sanitaria integrativa per i dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi, presentata ieri a Roma.
 
Basata sulle risposte di un campione di 3.800 persone, rappresentativo della popolazione italiana, l’indagine dà poi un’ulteriore conferma di precedenti rilevazioni lanciando l’allarme sul rischio di una crescente “autorinuncia” alle cure per motivi economici. In questa survey sono addirittura il 78% gli italiani che hanno dichiarato una previsione di riduzione dell’accesso a cure mediche e non solo per il dentista (57&), ma anche per visite specialistiche programmate (42%) ed esami diagnostici (32%).
 
Che fare? Di fronte a questi scenari a tinte fosche i ricercatori hanno chiesto al campione di indicare i diversi fronti su cui agire ed è significativo che al primo posto con il 93% di preferenze è risultata essere la lotta agli sprechi e alla corruzione evidentemente visti, a torto o a ragione, come il male primario della nostra sanità.
 
Al secondo posto (81%) come preferenza balza l’adozione di strumenti di controllo informatizzato del sistema a partire dalla diffusione delfascicolo sanitario, con storia clinica e spese di ogni assistito, evidentemente anche questo da leggere in relazione alla prima risposta come strumento di trasparenza e tracciabilità dei consumi e delle prescrizioni che si rispecchia anche con la quarta preferenza (66%) indicata dagli intervistati, quella di una generale maggiore informatizzare il SSN, gestendo tutto on line e tramite computer.
 
La terza soluzione indicata è invece di natura patrimoniale. Il 78% degli italiani pensa che sia una cosa opportuna aumentare i ticket per i cittadini con un reddito elevato, che si può leggere insieme alla quinta preferenza indicata dal 61% degli intervistati che vede di buon occhio il ricorso alle coperture sanitarie integrative che andrebbe facilitato e incentivato.
 
Spicca poi un significativo 46% di italiani che sembra non credere più nell’autonomia delle Regioni in campo sanitario, superato addirittura da chi (54%) chiede addirittura una totale ricentralizzazione in capo allo Stato delle competenze in materia sanitaria.
 
Dall’indagine arriva poi un’altra conferma indiretta di altre rilevazioni: gli italiani stanno diventando sempre più “digitali”. Anche in sanità la maggiora parte degli italiani con percentuali superiori all’80% vorrebbe poter prenotare analisi e visite ma anche pagare i sevizi on line. Come vorrebbe più informatizzazione per l’assistenza a distanza o la possibilità di connettersi direttamente con il proprio medico di famiglia e lo specialista di fiducia.
 
 

 
Del resto più della metà del campione intervistato possiede uno smartphone e/o un tablet connesso a internet (58%) a cui affida le funzioni prima trattate tramite laptop o tradizionali pc. Se si guarda alla categoria dei manager d’impresa, queste percentuali volano all’89%. Inoltre, le previsioni di crescita del mercato mobile sono esponenziali e viaggiano su un + 21% annuo.
 
“Tutto questo ci fa credere che i prossimi cinque anni saranno gli anni della Sanità digitale”, afferma Giuseppe Torre, direttore dello studio. Che aggiunge: “Lo sviluppo della tecnologia mobile sta generando anche un effetto positivo sulla condotta degli utenti: sono più attenti alla propria salute che possono monitorare semplicemente, ad esempio tramite un’app, e diventano proattivi verso temi quali gli stili di vita e il benessere”.
 
Non solo bisogna investire in e-health, dunque, ma anche in m-health e teleassistenza. Un obiettivo – sostengono i ricercatori - che l’Italia stenta a raggiungere. Come reso evidente dal DISE (il Digital Economy and Society Index messo a punto dalla Commissione europea), che ci pone al 25° posto nella UE per connettività, competenze digitali, attività online, integrazione delle tecnologie e digitalizzazione dei pubblici servizi. Non va bene neppure secondo l’Ocse, che in più occasioni ci dice che il digital divide penalizza ancora le regioni italiane per quando riguarda la sanità e c’è bisogno di potenziare le infrastrutture digitali.
 
Ecco dunque che i Fondi sanitari integrativi possono svolgere un ruolo apripista. Ne è convinto il Presidente del FASI, Stefano Cuzzilla, che ha voluto questa ricerca perché, dichiara, “l’Europa ci impone di adottare standard sanitari competitivi e l’investimento in digitale è un vettore fondamentale di crescita, di cui i Fondi sanitari come il FASI sono già promotori. L’intera industria italiana della Sanità vale circa l’11% del PIL ed è chiaro che, proprio sulla tecnologia digitale applicata al settore, ci giochiamo anche il tema della lotta agli sprechi e ai costi che il progresso rende non più giustificabili”.

22 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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