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Case libere da fumo. Inghilterra in testa. L’Italia si posiziona al 4° posto in Europa, ma non basta


L’Italia, con il 75,8% di case con restrizione totale del fumo, si posiziona al 4° posto tra gli Stati considerati, con il 13,4% di case con restrizione parziale e il restante 10,8% senza alcuna restrizione. Questo quanto emerge da un'indagine su ERJ Open Research. I ricercatori intendono ampliare lo studio per esaminare i livelli di utilizzo di sigarette elettroniche nelle abitazioni europee e l’esposizione al fumo passivo e agli aerosol nelle auto.

02 DIC - È stata appena pubblicata su ERJ Open Research un’importante indagine a livello europeo, coordinata dall’Istituto Mario Negri, che mette a fuoco il fenomeno del fumo passivo di sigaretta nelle abitazioni di 12 paesi nel periodo 2017-2018.

L’indagine, che ha coinvolto 11.734 persone in totale, evidenzia che le abitazioni libere da fumo stanno aumentando gradualmente in Europa, con un incremento di circa l’1% all’anno. Risulta inoltre che le donne, le persone anziane, le persone con un livello di istruzione più alto e quelle che vivono con bambini sono più propense a vietare il fumo nelle loro case.

“Tuttavia – spiega l’autrice dello studio Olena Tigova dell’Unità di Controllo del Tabagismo dell’Istituto Catalano di Oncologia di Barcellona - a questo ritmo lento, potrebbero essere necessari altri 30 anni prima che tutte le abitazioni in Europa siano libere da fumo. Per accelerare il processo sono necessarie misure di controllo del tabacco più incisive. L’espansione delle leggi contro il fumo nei luoghi di lavoro, negli spazi pubblici e in alcune aree private, come le auto, insieme a nuove strategie per ridurre il fumo nelle case, contribuirà a rendere le abitazioni europee libere da fumo più rapidamente”.

L’indagine ha mostrato che circa il 70% delle persone intervistate non consente di fumare in nessuna parte della propria abitazione. Un ulteriore 18% ha dichiarato di applicare alcune regole, ma di non rendere la propria casa completamente libera da fumo. Sorprendentemente, circa il 13% delle case in cui non vivono fumatori consente comunque ai visitatori di fumare.

La proporzione di case senza fumo per Stato, dal valore più alto al più basso, è stata la seguente:
1. Inghilterra 84,5%
2. Irlanda 79,4%
3. Lettonia 78,9%
4. Italia 75,8%
5. Germania 75,0%
6. Portogallo 74,0%
7. Polonia 69,6%
8. Francia 65,1%
9. Spagna 57,6%
10. Bulgaria 56,6%
11. Romania 55,2%
12. Grecia 44,4%

Il coordinamento e l’analisi dei dati sono stati realizzati dal Laboratorio di Ricerca sugli Stili di Vita dell’Istituto Mario Negri. In Italia, il campione esaminato ha coinvolto circa 1.000 persone, intervistate di persona tra il 2017 e il 2018, che sono state selezionate con cura per rappresentare la popolazione adulta. È stato chiesto loro se fosse consentito fumare all’interno delle abitazioni e, in caso affermativo, se vi fossero restrizioni al fumo negli ambienti interni.

È emerso che l’Italia, con il 75,8% di case con restrizione totale del fumo, si posiziona al 4° posto tra gli Stati considerati, con il 13,4% di case con restrizione parziale e il restante 10,8% senza alcuna restrizione.

“L’Italia, grazie alla Legge Sirchia del 2005, è stata il primo Paese europeo, con l’Irlanda, a vietare il fumo al chiuso negli ambienti pubblici e nei luoghi di lavoro. Nonostante ciò, gli ambienti privati, in particolare le abitazioni, rimangono luoghi comuni per il fumo e l’esposizione al fumo passivo” - commenta Silvano Gallus responsabile del Laboratorio di Ricerca sugli Stili di Vita dell’Istituto Mario Negri. “C’è da sottolineare che, se ripetessimo oggi lo studio, otterremmo un risultato meno favorevole per l’Italia rispetto agli altri Paesi, dal momento che molti governi europei hanno recentemente adottato efficaci strategie di controllo del tabagismo come l’aumento delle accise sui prodotti di tabacco o il rimborso sui trattamenti per la cessazione del fumo. Questo in Italia continua a mancare.”

“L’esposizione al fumo passivo è dannosa sia per gli adulti che per i bambini” – continua la collega Alessandra Lugo. “Il fumo passivo è classificato come agente cancerogeno di tipo 1 dalla Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) e c’è evidenza che causi nei non fumatori alcuni tipi di tumore, come il tumore del polmone (+24% di rischio in più) o della mammella (+24% di rischio in più), oltre a svariate patologie respiratorie o cardiovascolari. A questo va aggiunto che l’utilizzo in ambienti chiusi di sigarette elettroniche e di dispositivi a tabacco riscaldato non è attualmente coperto dalla legislazione italiana. Si dovrebbe estendere l’attuale regolamentazione anche a questi prodotti per evitare l’esposizione all’aerosol passivo di questi dispositivi i cui effetti nocivi sono documentati.”

I ricercatori intendono ampliare lo studio per esaminare i livelli di utilizzo di sigarette elettroniche nelle abitazioni europee e l’esposizione al fumo passivo e agli aerosol nelle auto. Si vuole inoltre studiare il modo per incoraggiare al meglio le persone a rendere le proprie abitazioni libere da fumo.

Come in Italia, anche in Europa il danno causato dal fumo è troppo alto, sia per il sistema sanitario pubblico che per la salute collettiva. Per questo è opinione condivisa che servano nuove ed esaustive leggi di controllo del tabagismo, nonché supporto gratuito per aiutare le persone a smettere di fumare.

02 dicembre 2024
© Riproduzione riservata


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